Charlie Kirk non ha sofferto e non si è reso conto di essere stato colpito

Il tragico assassinio di Charlie Kirk, figura di spicco del panorama politico conservatore statunitense, ha suscitato grande attenzione mediatica e scientifica. La dinamica del colpo subìto, localizzato nella regione cervicale, ha sollevato interrogativi sulla possibilità di coscienza, percezione del dolore e consapevolezza nei secondi immediatamente successivi all’impatto del giovane politico. In questo contesto è intervenuto Derek Van Schaik, neuroscienziato specializzato nell’analisi delle reazioni neurologiche al trauma, che ha cercato di rispondere a una domanda cruciale:

Charlie Kirk ha percepito ciò che stava accadendo?

Secondo Van Schaik, la risposta è no. La rapidità della compromissione vascolare e neurologica, associata alla distruzione delle strutture vitali del collo (arteria carotide, vena giugulare), avrebbe determinato una perdita di coscienza quasi istantanea e la praticamente totale assenza di dolore.

Fisiologia della percezione e tempi di perdita di coscienza

Per comprendere l’analisi di Van Schaik è necessario richiamare alcuni principi di neurofisiologia. Il dolore è trasmesso da fibre nervose specifiche (fibre Aδ e C) che inviano segnali verso il midollo spinale e, da lì, alle strutture centrali del cervello come il talamo e la corteccia somatosensoriale. In condizioni normali, il tempo minimo per la percezione conscia di uno stimolo doloroso si aggira intorno ai 100-200 millisecondi quindi, in teoria, Kirk avrebbe effettivamente avvertito uno stimolo doloroso. Bisogna però al contempo ricordare che, nel caso in esame, la lesione vascolare ha prodotto un crollo della perfusione cerebrale praticamente immediato. Van Schaik stima che la finestra temporale di coscienza non abbia superato i 400 millisecondi. Questo semplificando significa che, pur essendo avviata la trasmissione del segnale nocicettivo con relativa percezione del dolore entro circa 200 millisecondi dalla penetrazione del proiettile nel collo, il cervello non ha avuto il tempo fisiologico per elaborarlo come esperienza consapevole perché ha “smesso di funzionare” dopo 400 millisecondi. Dal punto di vista clinico, tale condizione è analoga a una sincope improvvisa per ipoperfusione cerebrale massiva: il soggetto non sperimenta dolore o paura in senso pieno, ma un’interruzione brusca della coscienza. È quindi improbabile che Kirk abbia avuto percezione dell’evento o consapevolezza della sua gravità. Per completezza, riporto che nel mio precedente articolo su Kirk, avevo parlato di una perdita di coscienza intervenuta probabilmente entro 1-2 secondi. Al di là di questa discrepanza, rimane difficile pensare che in questo brevissimo arco temporale il giovane attivista conservatore abbia avuto realmente percezione di cosa stesse accadendo.

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Perché Charlie Kirk ha “alzato le braccia” subito dopo essere stato colpito?

Chi ha visto il video dell’assassinio, avrà probabilmente notato che dopo essere stato colpito, Charlie Kirk abbia alzato le braccia: si tratta di riflesso o gesto cosciente? Dal punto di vista neurofisiologico, la risposta è abbastanza chiara: in condizioni di trauma catastrofico (come quello in questione), con perdita quasi immediata di coscienza, il cervello non ha il tempo di generare movimenti volontari. Quello che osserviamo sono scariche riflesse: reazioni automatiche del sistema nervoso, che non dipendono dalla volontà della persona. La postura con le braccia sollevate è compatibile con una decorticazione transitoria: un riflesso che compare quando le vie nervose corticali smettono improvvisamente di controllare i circuiti spinali e troncoencefalici. In altre parole, non è un atto cosciente, ma il risultato di una disconnessione cerebrale acuta. Come visto precedentemente, quasi istantaneamente l’ipossia cerebrale dovuta al crollo della perfusione ha portato al rilassamento muscolare totale e alla perdita di qualsiasi attività cosciente.

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Implicazioni mediche, etiche e comunicative

L’analisi di Derek Van Schaik ha un duplice valore: da un lato medico/scientifico, dall’altro umano.
Sul piano medico, essa contribuisce a chiarire i limiti della percezione cosciente in caso di traumi fulminanti e mette in luce la straordinaria vulnerabilità delle strutture neurovascolari cervicali. Questo è un dato rilevante non solo per la traumatologia, ma anche per la pratica clinica d’urgenza: riconoscere che la coscienza può venire meno in meno di mezzo secondo è cruciale per comprendere la prognosi di ferite penetranti in sede cervicale. Sul piano etico e comunicativo, la narrazione di Van Schaik ha avuto un impatto significativo: sapere che la vittima non ha vissuto l’esperienza del dolore o del terrore consente di ridurre, almeno in parte, l’angoscia collettiva legata all’evento. È un tentativo di riportare la tragedia entro una cornice scientifica, offrendo una forma di consolazione razionale a chi ha assistito o ne è stato colpito emotivamente. Quello che io stesso ho provato a fare col mio precedente articolo sull’omicidio di Charlie Kirk: Assassinio di Charlie Kirk: quali sono le cause della morte?

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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