Cosa si prova a morire annegati, dissanguati, decapitati…

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William Kemmler fu la prima persona al mondo ad essere giustiziata sulla sedia elettrica

Tutti noi ce lo siamo chiesti almeno una volta nella vita: cosa proveremo nell’attimo della nostra morte. Nell’attesa di scoprirlo, il più tardi possibile, oggi ci focalizziamo sul fatto che non tutte le morti sono uguali: alcune sono più dolorose, altre più “dolci”. Vediamo cosa si prova a morire nei vari modi.

Cosa si prova a morire di freddo?

L’assideramento porta alla morte perché, a temperature molto basse (in particolare inferiori a 30°C), le nostre cellule sono incapaci di funzionare in modo normale, specie quelle del nostro cervello e del nostro cuore, il che porta ad alterazioni dell’attività cardiaca ed a perdita di coscienza, oltre ad alterazioni respiratorie causate da danni al centro cerebrale del respiro. Quando la temperatura del corpo passa dai 36 ai 35/32 gradi, la persona sente solo brividi e sensazione di freddo, ha difficoltà motoria, la sua pelle è fredda e secca. Tra i 32 ed i 28 gradi cessano i brividi e si entra in uno stato soporoso, la frequenza cardiaca si riduce come anche la frequenza respiratoria e la capacità di capire quello che succede attorno a sé. Qualora la temperatura continui a scendere, al di sotto dei 28 gradi si perde coscienza e, sotto i 24°C, i segni vitali sono assenti.

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Cosa si prova a morire dissanguati?

La velocità con si muore per dissanguamento dipendente molto dal tipo di taglio: una grave ferita all’aorta (l’arteria con diametro più grande del corpo) porta a decesso in pochi minuti, mentre invece danni ad arterie più periferiche o piccole vene possono richiedere anche alcune ore prima di condurre a morte per shock emorragico. Mediamente la quantità di sangue in circolo in un adulto sano si aggira tra i 4,5 ed i 5,5 litri: perdite fino a 700 ml  di sangue comportano sintomi di lieve entità (una donazione di sangue corrisponde a 450 ml di sangue), mentre perdite pari ad 1.5 litri causano senso di malessere, astenia, sete, vertigini tachicardia e tachipnea. Quando la quantità persa arriva a circa 2 litri si verifica perdita di coscienza. Con perdite superiori ai 2 litri si può verificare il decesso per dissanguamento. Chi ha rischiato di morire per dissanguamento ha ricordi diversi rispetto all’evento e ciò dipende molto dalla situazione in cui è avvenuto l’incidente e dal tipo di ferita: un taglio netto e profondo all’arteria femorale avvenuta per un infortunio domestico è certamente meno dolorosa e traumatica rispetto alle ferite e fratture multiple riportate in un grave incidente stradale.

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Cosa si prova a morire annegati?

La morte per annegamento è considerata una morte dolorosa e l’evento che conduce a decesso può avere una durata estremamente variabile: la capacità di saper nuotare e ancor di più la temperatura dell’acqua possono influire pesantemente sui tempi in cui l’azione trova compimento. Il panico che pervade chi sta annegando determina tachicardia e tachipnea; i movimenti per rimanere in superficie inizialmente sono rapidi e confusi ma dopo poco diventano sempre più deboli vista la carenza di ossigeno.
Quando il soggetto non ha più la forza per tenere la testa fuori dall’acqua, inizia ad ingoiare acqua e tossire, cosa che lo porta ad ingoiare ancora più acqua che raggiunge i polmoni ed impedisce il normale scambio di gas ossigeno-anidride carbonica.
La sensazione di bruciore e peso al petto lascia presto spazio ad una paradossale sensazione di tranquillità, segno che la mancanza di ossigeno sta determinando gradatamente perdita di coscienza, a cui segue l’arresto delle funzioni cardiocircolatorie e – successivamente – cerebrali ed infine la morte. Per approfondire: In quanto tempo si muore per annegamento? E’ doloroso?

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Cosa si prova a morire di sete?

L’acqua rappresenta circa dal 55 al 70% del peso del corpo a seconda dell’età e del rapporto tra massa magra, e massa grassa e contribuisce in maniera importante al volume di sangue circolante (chiamato “volemia”) e quindi alla pressione arteriosa. Più è alto il volume sanguigno (la volemia), più la pressione tende ad aumentare, mentre se la volemia si abbassa, la pressione diminuisce. Quando si è disidratati, la volemia diminuisce e quando il volume sanguigno circolante diminuisce da un livello normale di circa 5 litri, a un livello inferiore ai 3,5 litri, si assiste a shock ipovolemico ed alla progressiva perdita di coscienza e successivamente alla morte, in modo simile a quanto descritto per la morte da dissanguamento. Quanto può resistere una persona senza bere acqua prima di morire di sete? Un individuo di corporatura media, ben idratato, privato di acqua, può resistere dai tre ai sette giorni prima di morire, tuttavia questo dato è molto variabile in base alle condizioni climatiche esistenti ed all’età e stato di salute del soggetto. Gli anziani hanno idratazione minore dei giovani ed è per questo che spesso in estate si verificano dei decessi per disidratazione in questa fascia di popolazione a rischio; inoltre i bambini molto piccoli ed in particolare i neonati, senza idratazione, sopravvivono pochissimo tempo.
Durante la privazione dall’acqua, la pelle e le mucose appaiono sempre più asciutte, la sensazione di sete aumenta, giorno dopo giorno.
L’ipotensione (pressione arteriosa bassa causata dal diminuito volume di sangue) determina affaticamento, sonnolenza, torpore. Il battito cardiaco aumenta (tachicardia) nel tentativo – infruttuoso – di compensare il calo di pressione arteriosa. Si ha un aumento della concentrazione degli elettroliti con urine a colorazione più scura ed a maggior densità. La fiacchezza rende giorno dopo giorno più difficile eseguire anche i movimenti ed i ragionamenti più semplici. Si avvertono vertigini e sopraggiunge ansia. Appaiono deficit cognitivi di apprendimento e memoria; il soggetto è incapace di capire quello che succede attorno a lui. Seguono perdita di coscienza e morte.

Qui finisce la prima parte dell’articolo; volete sapere cosa si prova a morire di fame, colpiti da un fulmine o da una scarica elettrica, bruciati vivi o decapitati? Leggete la seconda parte dell’articolo, seguendo questo link: Cosa si prova a morire annegati, dissanguati, decapitati… seconda parte

Importante precisazione che sembrerebbe banale ma non è così scontata in questo pazzo mondo: questo articolo NON VUOLE ovviamente istigare in nessun modo i lettori al suicidio o all’omicidio.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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