Con “shock” in medicina si indica una sindrome, cioè un insieme di sintomi e segni, causata da una ridotta perfusione a livello sistemico con sbilanciamento fra la disponibilità di ossigeno e la sua domanda a livello tessutale. In parole semplici i tessuti hanno bisogno di maggior nutrimento sanguigno rispetto a quello che il corpo riesce a fornirgli ed il tessuto non nutrito in modo adeguato rischia di andare in necrosi, cioè morire. Uno shock grave e non trattato può determinare rapidamente la morte del paziente, quindi diagnosi e terapia dovrebbero essere eseguite il prima possibile: qualsiasi sia la causa, lo shock non trattato evolve infatti anche molto rapidamente dalla fase compensata (con sintomi anche addirittura assenti, sfumati, aspecifici, con parametri vitali spesso normali o poco alterati) a quella progressiva, scompensata ed irreversibile. Nelle ultime fasi i segni clinici sono molto specifici ed i parametri vitali sono spiccatamente alterati: arrivati in questa fase avanzata, la diagnosi di shock è solitamente semplice, tuttavia la terapia difficilmente darà buoni risultati. La sfida del medico, come spesso avviene, è quella di diagnosticare lo shock nelle fasi iniziali, in modo da garantire la migliore prognosi possibile al paziente e – spesso – salvandogli la vita.
Altri significati
In medicina il termine “shock” viene usato anche con altri significati, spesso in relazione a situazioni particolarmente gravi che necessitano un intervento urgente e che potenzialmente mettono a rischio la vita del paziente, ad esempio una situazione di grave compromissione della coscienza da stimolazione psicologica molto intensa, uno shock termico o uno shock osmotico.
Etimologia
Il termine “shock” deriva dal francese “choquer” che significa “urtare, sbattere contro, scuotere, sconvolgere”.
Fisiopatologia
Uno shock è caratterizzato fondamentalmente da un ridotto apporto di sangue ai tessuti con conseguente insufficiente rilascio di ossigeno e metabolismo anaerobio delle cellule, che rischieranno la necrosi. L’ipoperfusione tissutale attiva la cascata coagulativa e delle citochine, che, assieme al rilascio del fattore di necrosi e della nitrossido sintetasi, causano ischemia e un danno d’organo progressivo che può condurre alla MOF cioè alla insufficienza multiorgano.
Leggi anche: Sindrome da disfunzione multiorgano: cause, sintomi, stadi e cure
Il ridotto apporto di ossigeno ai tessuti determina tachipnea (aumento della frequenza respiratoria) e innesca una risposta adrenergica che porta a:
- costrizione dei vasi sanguigni;
- tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
- sudorazione fredda.
Un danno ulteriore può essere causato dalla brusca riperfusione di tessuti ischemici con immissione in circolo di acidi, radicali liberi e mediatori della flogosi. A tal proposito, leggi anche: Danno da riperfusione: cos’è, cause, sintomi, terapie, prevenzione
I radicali liberi provocano danno principalmente attraverso inattivazione proteica, danno al DNA, perossidazione lipidica della membrana con conseguente lisi cellulare e danno tissutale. A tal proposito, leggi anche: Danni da radicali liberi dell’ossigeno (ROS): significato, cause, prevenzione
La MOF colpisce frequentemente i polmoni, il fegato, il cuore, i reni e l’apparato digerente. Nei polmoni si verifica un aumento della permeabilità delle membrane alveolari con quadro clinico di sindrome da distress respiratorio, necrosi dei tubuli renali con insufficienza renale acuta, aritmie anche marcate, diminuita gittata cardiaca, insufficienza epatica ed emorragie gastrointestinali.
Oltre al danno ischemico e da radicali liberi, in alcuni casi esiste anche una componente di danno infiammatorio. I mediatori infiammatori concorrono ad aumentare la gravità della situazione nei casi di shock settico e da trauma, poiché causano danno cellulare diretto ed alterazioni a livello microvascolare.
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Cosa fare?
Se sospettate che qualcuno stia avendo uno shock, contattate il Numero Unico per le Emergenze 112. Nel frattempo ponete il soggetto in posizione antishock, o posizione di Trendelenburg, che si realizza ponendo l’infortunato disteso al suolo, in posizione supina, inclinato di 20-30° con il capo a terra senza cuscino, con il bacino leggermente rialzato (per esempio con un cuscino) e gli arti inferiori sollevati. Per approfondire:
- Posizione di Trendelenburg (antishock): cos’è e quando è consigliata
- Posizione di Trendelenburg inversa: cos’è e quando è consigliata
- Differenza tra Trendelenburg e Trendelenburg inversa
Se il soggetto è incosciente va posto in posizione laterale di sicurezza: Posizione laterale di sicurezza: come, quando e perché può salvare una vita
In caso di arresto cardiaco e/o respiratorio, possono esserti utili i seguenti articoli:
- Primo soccorso e BLS (Basic Life Support): cos’è e come si fa
- Respirazione artificiale bocca a bocca: quando farla e come farla
- Massaggio cardiaco: quando farlo e come farlo [LINEE GUIDA]
In caso di shock neurogeno o spinale, si procede all’immobilizzazione del soggetto a partire dal collo che viene bloccato con l’apposito collare, dopodiché s’immobilizza la schiena, gli arti superiori, il bacino e gli arti inferiori. A questo scopo si possono utilizzare delle cinghie o delle cinture che blocchino i movimenti del soggetto. L’immobilizzazione è importante per evitare ulteriori danni al midollo spinale.
Shock ipovolemico emorragico
Lo shock ipovolemico è lo stato di shock causato dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da emorragia o da perdita di liquidi. L’emorragia e/o la perdita di liquidi porta a diminuzione del volume di sangue circolante (volemia), cioè porta a “ipovolemia”. Lo shock ipovolemico emorragico è il tipo di shock ipovolemico in cui l’ipovolemia è causata da emorragia. In questo tipo di shock si riscontrano segni clinici differenti a seconda della quantità della perdita ematica. Maggiore sarà il volume perso e più gravi saranno l’ipoperfusione ed i segni clinici. In base al volume di sangue perso, lo shock ipovolemico emorragico può essere distinto in quattro classi.
Shock ipovolemico di prima classe
Perdita ematica: fino a 750 ml di sangue, che corrispondono a circa il 15% del volume circolante di sangue nell’adulto (volume totale circa 5 litri).
Sintomi e segni clinici:
- nessun sintomo o segno;
- parametri vitali normali;
- diuresi normale;
- lieve agitazione psichica;
- lieve tachipnea (lieve aumento della frequenza respiratoria).
Shock ipovolemico di seconda classe
Perdita ematica: fino a 1500 ml (1,5 litri) di sangue, che corrispondono a circa il 30% del volume circolante di sangue nell’adulto.
Sintomi e segni clinici:
- debolezza;
- sete;
- ansia;
- vista annebbiata;
- moderata tachipnea (moderato aumento della frequenza respiratoria);
- moderata tachicardia (moderato aumento della frequenza cardiaca);
- riduzione della pressione arteriosa differenziale;
- lieve contrazione della diuresi.
La riduzione della pressione arteriosa differenziale viene causata non dalla riduzione della pressione sistolica, ma dall’incremento della pressione diastolica (secondaria a vasocostrizione periferica indotta dal rilascio di catecolamine). In parole semplici la pressione “massima” rimane stabile (non diminuisce) mentre la “minima” si innalza di alcuni mm di mercurio. Leggi anche: Pressione differenziale (differenza tra massima e minima) normale, alta e bassa
Shock ipovolemico di terza classe
Perdita ematica: oltre 2000 ml (2 litri) di sangue, che corrispondono a circa il 40% del volume circolante di sangue nell’adulto.
Sintomi e segni clinici:
- pallore;
- vertigini;
- confusione;
- mancanza di forze;
- severa tachicardia;
- severa tachipnea;
- severa riduzione della pressione sistolica;
- dispnea;
- vista annebbiata;
- importante contrazione della diuresi (5-15 ml/h);
- riduzione del livello di coscienza;
- perdita di coscienza.
Shock ipovolemico di quarta classe
Perdita ematica: oltre 2000 ml (2 litri) di sangue.
Ai sintomi e segni clinici dello shock di terza classe, si sommano:
- sintomi e segni di disfunzione multiorgano;
- grave riduzione del livello di coscienza;
- coma;
- crollo della pressione arteriosa
- elevatissima frequenza cardiaca
- elevatissima frequenza respiratoria;
- anuria;
- arresto cardiaco;
- arresto polmonare;
- decesso.
Nello shock ipovolemico emorragico si verifica questa situazione:
- precarico: diminuisce;
- postcarico: aumenta per via riflessa;
- contrattilità: normale;
- satO2 venosa centrale: diminuisce;
- concentrazione Hb: normale/diminuita;
- diuresi: diminuisce;
- resistenze periferiche: aumentate;
- sensorio: agitazione, confusione, perdita di coscienza (con perdite di circa 2000 ml di sangue nell’adulto).
La terapia deve essere tesa per prima cosa alla rapidissima individuazione della zona dell’emorragia (ad esempio se l’emorragia è interna potrebbe essere necessaria una TAC). Dovrà al più presto possibile essere arrestato il sanguinamento, successivamente dovrà essere ripristinata la corretta volemia. Se non trattato uno shock ipovolemico emorragico grave, ad esempio quello dovuto alla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale, è rapidamente mortale. Anche quando l’intervento medico sia tempestivo, la prognosi è spesso infausta se l’emorragia è interna, arteriosa ed intensa.
Per approfondire, leggi:
- Shock ipovolemico emorragico: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Emorragia interna: definizione, cause, sintomi, diagnosi, gravità, terapia
- Emorragia interna: rischi, morte per dissanguamento, compressione, danni
- Emorragia interna: diagnosi, colore del sangue, sintomi e segni
Shock ipovolemico non emorragico
Lo shock ipovolemico è lo stato di shock causato dalla diminuzione acuta della massa sanguigna circolante, causata da emorragia o da perdita di liquidi. L’emorragia e/o la perdita di liquidi porta a diminuzione del volume di sangue circolante (volemia), cioè porta a “ipovolemia”. Lo shock ipovolemico non emorragico è il tipo di shock ipovolemico in cui l’ipovolemia non è causata da emorragia, bensì da perdita di liquidi conseguente a:
- gravi ustioni;
- lesioni essudative;
- diabete insipido;
- diabete mellito;
- aumento eccessivo della permeabilità capillare (ad esempio shock allergico);
- infezioni dell’apparato gastroenterico con vomito e diarrea gravi;
- sequestro di liquidi negli spazi peritoneale, toracico e addominale (emoperitoneo, emotorace e ascite);
- severa disidratazione;
- colpo di calore (ipertermia);
- danni renali;
- abuso di farmaci diuretici;
- iposurrenalismo;
- febbre;
- sudorazione abbondante.
Ecograficamente si apprezza vena cava inferiore piccola, segno di diminuita pressione venosa centrale, cuore ipercinetico con cavità non dilatate, polmone asciutto. Per quanto attiene agli esami di laboratorio fondamentale nella diagnostica dello shock è l’emogasanalisi arteriosa o venosa, per la valutazione dell’equilibrio acido-base dell’organismo. Caratteristicamente lo shock si accompagna ad un quadro di acidemia metabolica con incremento dei lattati e deficit di basi.
Nello shock ipovolemico non emorragico si verifica questa situazione:
- precarico: diminuisce;
- postcarico: aumenta per via riflessa;
- contrattilità: normale;
- satO2 venosa centrale: diminuisce;
- concentrazione Hb: normale/diminuita;
- diuresi: diminuisce;
- resistenze periferiche: aumentate;
- sensorio: agitazione, confusione, perdita di coscienza (con perdite di circa 2000 ml di sangue nell’adulto).
Per approfondire, leggi:
- Shock ipovolemico non emorragico: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Shock da ustione: cos’è, quando si verifica, sintomi e cure
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Shock distributivo
Lo shock distributivo è un tipo di shock causato da una sproporzione tra il letto vascolare che è abnormemente dilatato, ed il volume di sangue circolante che – seppur non ridotto in assoluto – diventa insufficiente a causa della vasodilatazione creatasi. Ricordiamo al lettore che il circolo sanguigno è un circuito chiuso e, semplificando, se tutte le “condutture” sono dilatate, il liquido al loro interno diventa insufficiente per “riempirle” con diminuzione della pressione. Nello shock distributivo si può avere ristagno di sangue venoso e riduzione della gittata cardiaca o presenza di shunt artero-venosi che causano esclusione del letto capillare dalla circolazione, con conseguente ipoperfusione cellulare nonostante la gittata cardiaca possa risultare aumentata. Tipiche forme di shock distributivo sono:
- shock settico (con la variante “shock tossico”);
- shock allergico (anche chiamato “shock anafilattico”);
- shock neurogeno;
- shock spinale.
Nello shock distributivo si verifica questa situazione:
- precarico: diminuisce/normale;
- postcarico: diminuisce;
- contrattilità: normale;
- satO2 venosa centrale: varia, in caso di shunt artero-venosi si ha un aumento;
- concentrazione Hb: normale;
- diuresi: normale/diminuita;
- resistenze periferiche: diminuite;
- sensorio: normale nello shock neurogeno e in quello spinale; agitazione/confusione nello shock settico e in quello allergico.
La terapia si basa sulla somministrazione di cristalloidi e sulla infusione di amine (noradrenalina, dopamina); inoltre terapia antibiotica nella forma settica.
Per approfondire, leggi:
- Shock settico e tossico: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Shock settico e sepsi: sintomi, terapia, conseguenze, si può guarire
- Shock neurogeno: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Shock spinale: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Shock anafilattico (shock allergico): cause, fattori di rischio, patogenesi
- Shock anafilattico: sintomi, diagnosi, prognosi, gravità, morte
- Shock anafilattico: terapia, cosa fare, consigli per prevenirlo
Shock ostruttivo
Lo shock ostruttivo è causato in genere da pneumotorace iperteso, tamponamento cardiaco o embolia polmonare massiva, patologie che interferiscono con la attività sistolica e diastolica del cuore. Sono le uniche forme di shock con giugulari turgide per la aumentata pressione venosa centrale: per tale motivo ecograficamente la vena cava inferiore sarà fissa e dilatata.
Nello shock ostruttivo con ostruzione nel piccolo circolo (circolazione polmonare) si verifica questa situazione:
- precarico: aumenta nel ventricolo destro e diminuisce nel sinistro;
- postcarico: aumenta nel ventricolo destro per l’ostruzione e nel sinistro per via riflessa;
- contrattilità: normale;
- satO2 venosa centrale: diminuita;
- concentrazione Hb: normale;
- diuresi: diminuita;
- resistenze periferiche: aumentate;
- sensorio: stato confusionale.
Nello shock ostruttivo con ostruzione nel grande circolo (circolazione sistemica) si verifica questa situazione:
- precarico: aumenta;
- postcarico: aumenta;
- contrattilità: normale;
- satO2 venosa centrale: diminuita;
- concentrazione Hb: normale;
- diuresi: diminuita;
- resistenze periferiche: aumentate;
- sensorio: stato confusionale.
L’ecografia nel tamponamento cardiaco riscontrerà versamento pericardico con collasso diastolico delle cavità destre. Nell’embolia polmonare sarà presente dilatazione ed ipocinesia del ventricolo destro. Nello pneumotorace iperteso non risulterà apprezzabile lo sliding pleurico dal lato affetto con presenza di lung point ed incremento delle linee A.
Dal punto di vista terapeutico, si effettuano in genere in sintesi:
- trombolisi sistemica nell’embolia polmonare;
- detensione con ago e drenaggio toracico nello pneumotorace iperteso;
- pericardiocentesi o pericardiotomia nel tamponamento cardiaco;
- intervento chirurgico in caso di mixoma atriale.
Per approfondire, leggi anche:
- Shock ostruttivo: cause, sintomi, rischi, diagnosi, terapie, prognosi, morte
- Versamento pericardico lieve moderato severo: cura e riassorbimento
- Tamponamento cardiaco: sintomi, ECG, polso paradosso, linee guida
- Pneumotorace spontaneo primario, secondario ed iperteso: cause, sintomi, terapie
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Shock cardiogeno
Lo shock cardiogeno è dovuto alla riduzione critica della gittata cardiaca secondaria ad un deficit primitivo della attività di pompa del cuore o conseguente ad aritmie ipercinetiche o ipocinetiche.
Nello shock cardiogeno si verifica questa situazione:
- precarico: aumenta;
- postcarico: aumenta per via riflessa;
- contrattilità: diminuita;
- satO2 venosa centrale: diminuita;
- concentrazione Hb: normale;
- diuresi: diminuita;
- resistenze periferiche: aumentate;
- sensorio: normale o stato confusionale.
Il trattamento verso le aritmie è rappresentato dalla cardioversione elettrica sincronizzata nelle situazioni di tachiaritmia e dal pacing transcutaneo o dalla infusione di isoprenalina nelle bradiaritmie. Il deficit di pompa dovuto a cardiopatia strutturale, necrosi/ischemia, cardiopatia dilatativa, miocardiopatie richiede la infusione di amine (dobutamina o dopamina) e, in presenza di infarto miocardico, la riapertura meccanica della coronaria occlusa tramite angioplastica.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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