Shock ipovolemico, emorragico, allergico, anafilattico, cardiogeno, ostruttivo, distributivo, settico

DOTT. EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO CHIRURGO MEDICINA ONLINE DONNA LETTO OSPEDALE MALATTIA COMA MORTE CEREBRALE FLEBO ENDOVENA PRELIEVO SANGUE 112 PRONTO SOCCORSO TERAPIA INTENSIVA STATO VEGETATIVO PERSISTENTECon “shock” in medicina si indica una sindrome, cioè un insieme di sintomi e segni, causata da una ridotta perfusione a livello sistemico con sbilanciamento fra la disponibilità di ossigeno e la sua domanda a livello tessutale. In parole semplici i tessuti hanno bisogno di maggior nutrimento sanguigno rispetto a quello che il corpo riesce a fornirgli ed il tessuto non nutrito in modo adeguato rischia di andare in necrosi, cioè morire. Uno shock grave e non trattato può determinare rapidamente la morte del paziente, quindi diagnosi e terapia dovrebbero essere eseguite il prima possibile: qualsiasi sia la causa, lo shock non trattato evolve infatti anche molto rapidamente dalla fase compensata (con sintomi anche addirittura assenti, sfumati, aspecifici, con parametri vitali spesso normali o poco alterati) a quella progressiva, scompensata ed irreversibile. Nelle ultime fasi i segni clinici sono molto specifici ed i parametri vitali sono spiccatamente alterati: arrivati in questa fase avanzata, la diagnosi di shock è solitamente semplice, tuttavia la terapia difficilmente darà buoni risultati. La sfida del medico, come spesso avviene, è quella di diagnosticare lo shock nelle fasi iniziali, in modo da garantire la migliore prognosi possibile al paziente e – spesso – salvandogli la vita.

Altri significati

In medicina il termine “shock” viene usato anche con altri significati, spesso in relazione a situazioni particolarmente gravi che necessitano un intervento urgente e che potenzialmente mettono a rischio la vita del paziente, ad esempio una situazione di grave compromissione della coscienza da stimolazione psicologica molto intensa, uno shock termico o uno shock osmotico.

Etimologia

Il termine “shock” deriva dal francese “choquer” che significa “urtare, sbattere contro, scuotere, sconvolgere”.

Fisiopatologia

Uno shock è caratterizzato fondamentalmente da un ridotto apporto di sangue ai tessuti con conseguente insufficiente rilascio di ossigeno e metabolismo anaerobio delle cellule, che rischieranno la necrosi. L’ipoperfusione tissutale attiva la cascata coagulativa e delle citochine, che, assieme al rilascio del fattore di necrosi e della nitrossido sintetasi, causano ischemia e un danno d’organo progressivo che può condurre alla MOF cioè alla insufficienza multiorgano.

Leggi anche: Sindrome da disfunzione multiorgano: cause, sintomi, stadi e cure

Il ridotto apporto di ossigeno ai tessuti determina tachipnea (aumento della frequenza respiratoria) e innesca una risposta adrenergica che porta a:

  • costrizione dei vasi sanguigni;
  • tachicardia (aumento della frequenza cardiaca);
  • sudorazione fredda.

Un danno ulteriore può essere causato dalla brusca riperfusione di tessuti ischemici con immissione in circolo di acidi, radicali liberi e mediatori della flogosi. A tal proposito, leggi anche: Danno da riperfusione: cos’è, cause, sintomi, terapie, prevenzione

I radicali liberi provocano danno principalmente attraverso inattivazione proteica, danno al DNA, perossidazione lipidica della membrana con conseguente lisi cellulare e danno tissutale. A tal proposito, leggi anche: Danni da radicali liberi dell’ossigeno (ROS): significato, cause, prevenzione

La MOF colpisce frequentemente i polmoni, il fegato, il cuore, i reni e l’apparato digerente. Nei polmoni si verifica un aumento della permeabilità delle membrane alveolari con quadro clinico di sindrome da distress respiratorio, necrosi dei tubuli renali con insufficienza renale acuta, aritmie anche marcate, diminuita gittata cardiaca, insufficienza epatica ed emorragie gastrointestinali.

Oltre al danno ischemico e da radicali liberi, in alcuni casi esiste anche una componente di danno infiammatorio. I mediatori infiammatori concorrono ad aumentare la gravità della situazione nei casi di shock settico e da trauma, poiché causano danno cellulare diretto ed alterazioni a livello microvascolare.

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Cosa fare?

Se sospettate che qualcuno stia avendo uno shock, contattate il Numero Unico per le Emergenze 112. Nel frattempo ponete il soggetto in posizione antishock, o posizione di Trendelenburg, che si realizza ponendo l’infortunato disteso al suolo, in posizione supina, inclinato di 20-30° con il capo a terra senza cuscino, con il bacino leggermente rialzato (per esempio con un cuscino) e gli arti inferiori sollevati. Per approfondire:

Se il soggetto è incosciente va posto in posizione laterale di sicurezza: Posizione laterale di sicurezza: come, quando e perché può salvare una vita

In caso di arresto cardiaco e/o respiratorio, possono esserti utili i seguenti articoli:

In caso di shock neurogeno o spinale, si procede all’immobilizzazione del soggetto a partire dal collo che viene bloccato con l’apposito collare, dopodiché s’immobilizza la schiena, gli arti superiori, il bacino e gli arti inferiori. A questo scopo si possono utilizzare delle cinghie o delle cinture che blocchino i movimenti del soggetto. L’immobilizzazione è importante per evitare ulteriori danni al midollo spinale.

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