Lo shock settico, o shock setticemico, è una sindrome da shock dovuta ad una grave infezione con sepsi; la sindrome è sistemica, cioè coinvolge l’intero organismo, anche se l’agente infettante può essere presente solo in un particolare sito corporeo.
Può causare sindrome da insufficienza multiorgano (MODS) (precedentemente nota come multiple organ failure, MOF) e morte; il tasso di mortalità è circa il 25–50%. Lo shock settico è una situazione di emergenza medica. Per la gravità e la complessità della patologia i pazienti affetti da shock settico necessitano di essere curati in ambiente intensivo.
I sintomi
Lo shock settico provoca un arresto delle funzioni vitali primarie – ovvero, un indebolimento degli organi interni, come polmoni e cuore – e, nei casi più gravi, la morte. I sintomi, nello specifico, includono febbre molto alta che non si abbassa, blocco della diuresi, stato confusionale, diminuzione della pressione sanguigna, difficoltà respiratorie, palpitazioni, ipotermia, tachicardia – che può avere anche altre cause – irrequietezza, fiato corto, brividi, tachipnea, leucocitosi o leucopenia e perdita di coscienza. In alcuni casi, potrebbero essere presenti insufficienza epatica, insufficienza renale e ipotensione grave.
I fattori di rischio
Tra i fattori di rischio, ci sono l’età – anziani e bambini sono a maggior rischio – e il ricovero in ospedale: spesso, infatti, sono proprio coloro che sono già ricoverati in ospedale a contrarre infezioni. Anche malattie che indeboliscono il sistema immunitario possono essere considerate dei fattori di rischio: AIDS, diabete, linfomi, patologie del sistema genito-urinario e intestinale, neoplasie del sangue – come, ad esempio, la leucemia – polmoniti, appendiciti, diverticolite, meningiti, pancreatiti, fascite necrotizzante e pielonefrite.
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Patogenesi
La scoperta, relativamente recente, dei mediatori endogeni della risposta infiammatoria dell’ospite, ha fatto comprendere come clinicamente la sepsi rappresenti il risultato di un eccesso di attivazione dei meccanismi di difesa dell’ospite, piuttosto che l’effetto diretto dei microrganismi. La sepsi e le sue conseguenze sono l’espressione di un continuum evolutivo legate ad un effetto amplificante e moltiplicativo dei vari meccanismi che sottendono la manifestazione clinica e la sua fisiopatologia.
In altri termini le infezioni con o senza batteriemia comportano cambiamenti fisiologici dell’organismo, con risposte del sistema immunitario finalizzate alla soppressione dell’agente infettante. Questi cambiamenti però sono causa di shock (settico), che si manifesta quando un’adeguata somministrazione endovenosa di fluidi non riesce ad aumentare la pressione sanguigna a livelli accettabili, e l’evidenza clinica mostra una ipoperfusione tissutale sistemica; si determina così un cedimento progressivo delle funzioni dei vari organi e successivamente di tutto l’organismo, cioè la sindrome da insufficienza multiorgano, che rappresenta l’estremo del continuum prima citato.
Esiste una cascata di eventi che porta dalla semplice infezione allo shock settico.
- In seguito all’infezione c’è una risposta generalizzata dell’organismo di tipo neuroumorale, pro- e antinfiammatoria;
- Attivazione di monociti, macrofagi e neutrofili che interagiscono con l’endotelio (le cellule della parete dei vasi sanguigni) tramite numerosi recettori attivati dai microrganismi;
- L’attivazione di queste cellule ed il danno endoteliale porta alla mobilizzazione di sostanze plasmatiche come citochine, TNF, interleuchine, caspasi, proteasi, leucotrieni, chinine, radicali liberi dell’Ossigeno, NO, acido arachidonico, PAF (fattore attivante le piastrine) ed eicosanoidi. Questa cascata viene amplificata dall’attivazione del complemento e dalla cascata coagulativa;
- Tale amplificazione porta in definitiva ad un danno endoteliale con gravi problemi del microcircolo, dove si verifica trombosi e perdita dell’integrità capillare;
- Nelle falle a livello capillare si perde una buona parte dei liquidi dell’organismo, per cui esiste sempre un’ipovolemia, cioè una carenza di fluidi corporei. È per questo che è necessaria, almeno all’inizio, la somministrazione di grandi quantità di liquidi;
- La produzione di NO crea vasodilatazione, che aggrava ulteriormente l’ipotensione
Gli eventi finali della combinazione di danno e insufficiente circolazione del microcircolo sono l’ipossiemia e l’ischemia degli organi, che è l’evento finale dello shock settico.
Clinica
Lo shock settico esiste in due forme.
- Ipercinetica precoce, caratterizzata da:
- caduta delle resistenze vascolari periferiche
- differenza arterovenosa in ossigeno diminuita
- cute calda e secca, rosea
- pressione normale o leggermente abbassata
- Ipocinetica, che si distingue per:
- resistenze vascolari periferiche aumentate
- differenza arterovenosa in ossigeno aumentata
- ipotensione arteriosa e venosa
- tachicardia
- oliguria
- cute pallida e sudata.
Una forma particolare di shock settico è la sindrome da shock tossico, nelle sue eziologie:
- da enterotossina F, TSCT-1, tossina prodotta da un ceppo di Stafilococco aureo
- da enterotossina SGA, prodotta dallo Streptococco di gruppo A, spesso complicazione di una fascite o miosite necrotizzante.
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Diagnosi differenziale
Nell’uomo, per definizione, la diagnosi di shock settico richiede la presenza contemporanea di diverse condizioni:
- deve essere diagnosticata la presenza di SIRS (systemic inflammatory response syndrome) con almeno due di queste condizioni:
- Tachipnea > 20 respiri per minuto o, all’emogasanalisi, una PCO2 inferiore a 32 mmHg, segno di iperventilazione.
- Conta dei globuli bianchi significativamente bassa (< 4000 cellule/mm³) o elevata (> 12000 cellule/mm³).
- Frequenza cardiaca > 90 battiti al minuto
- Temperatura: febbre > 38.5 °C (101.3 °F) o ipotermia < 35.0 °C (95.0 °F)
- Deve essere presente sepsi, e non una forma alternativa di SIRS; pertanto deve esserci infezione, cioè almeno uno fra:
- emocolture positive
- Segni di polmonite alla Rx del torace
- altri segni radiologici o laboratoristici di infezione
- Deve essere presente almeno un segno di insufficienza d’organo, fra:
- Insufficienza renale
- Insufficienza cardiaca
- Acute lung injury, una forma meno grave di ARDS
- Trombocitopenia
- Coagulopatie
- Disfunzione epatica
- Alterazioni dello stato mentale
- Lattato sierico aumentato.
- Infine, lo shock settico viene diagnosticato quando esiste ipotensione refrattaria al riempimento volemico, vale a dire che la sola somministrazione di liquidi non è sufficiente ad evitare l’ipotensione.
-
- L’ipotensione è definita come una pressione arteriosa sistolica sotto i 90 mmHg, una pressione arteriosa media al di sotto dei 60 mmHg, oppure una riduzione della pressione arteriosa sistolica maggiore di 40 mmHg rispetto ai valori di base, persistente nonostante adeguata somministrazione di liquidi.
Lo shock settico si differenzia quindi da
- batteriemia, caratterizzata dal semplice rilievo, mediante emocoltura, della presenza di batteri nel sangue;
- setticemia, malattia sistemica causata dal batterio o tossina in causa;
- SIRS, sindrome reattiva infiammatoria sistemica;
- sepsi, cioè la copresenza di infezione e SIRS;
- MODS, sindrome da insufficienza multiorgano.
Cure
- Trattamento della malattia sottostante.
- Antibioticoterapia a largo spettro: l’avvio è da farsi dopo prelievo ematico per emocoltura.
- Apporto di liquidi (colloidi, cristalloidi) e, in casi selezionati, glucocorticoidi.
- Normalizzazione della pressione, che spesso richiede l’utilizzo di amine vasoattive.
- Correzione di un’eventuale acidosi metabolica.
- Prevenzione delle complicanze e loro trattamento.
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La prevenzione
La cura migliore è sempre la prevenzione: occorre, infatti, evitare le infezioni – soprattutto, se ci si trova in ospedale – adottando le normali e necessarie norme igieniche nella vita di tutti i giorni. È, inoltre, opportuno evitare il pericolo di antibiotico-resistenza e, dunque, non abusare di medicinali, quando non strettamente necessario.
La prognosi
La prognosi dello shock settico non è molto buona: questa dipende, infatti, da molte varianti, come la malattia scatenante, la tempestività di intervento, la gravità dei sintomi, la cura intrapresa, lo stato di salute del paziente e la sua età. Infine, è bene specificare che non sempre i trattamenti sono sufficienti – in special modo, quando l’organismo è molto indebolito – e la mortalità è abbastanza elevata: in generale, si va dal 30% al 60% dei casi di morte.
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