Sepsi: cause, sintomi, diagnosi e terapie

MEDICINA ONLINE SISTEMA IMMUNITARIO IMMUNITA INNATA ASPECIFICA SPECIFICA ADATTATIVA PRIMARIA SECONDARIA DIFFERENZA LABORATORIO ANTICORPO AUTO ANTIGENE EPITOPO CARRIER APTENE LINFOCITI BIl termine sepsi indica una malattia sistemica causata dalla risposta dell’organismo (sotto forma di SIRS, Sindrome da Risposta Infiammatoria Sistemica) all’invasione di tessuti, fluidi o cavità corporee normalmente sterili da parte di microrganismi patogeni o potenzialmente patogeni. Le complesse interazioni tra il microrganismo infettante, il sistema immunitario dell’ospite, le risposte infiammatorie e la coagulazione influenzano l’esito nella sepsi.

Precedentemente la malattia veniva chiamata setticemia (dal greco antico σηπτικός, sēptikós), termine però impreciso in quanto indica la sola forma batterica (la più grave).

Fino a poco tempo fa, la sepsi era considerata una condizione di iper-infiammazione e coagulabilità, con conseguente danno cellulare e squilibri della circolazione. Malgrado sia meno conosciuta di altre malattie ha un tasso di mortalità cinque volte superiore all’ictus e dieci volte all’infarto. Per aumentarne la sua consapevolezza nella popolazione è stata istituita la giornata mondiale della sepsi (World Sepsi Day) il 13 settembre 2013.

La diagnosi tempestiva è fondamentale per la gestione della sepsi, come l’inizio di una corretta terapia precoce è fondamentale per ridurre la mortalità da sepsi grave. Il termine setticemia è a volte utilizzato impropriamente come sinonimo di sepsi, ma in realtà indica lo specifico caso in cui la sepsi è accompagnata da batteriemia (sepsi batteriemica) invece che da altri tipi di infezioni.

La sepsi si instaura prevalentemente in pazienti critici, immunocompromessi e anziani. Negli Stati Uniti i nuovi casi di sepsi sono stimati essere 750.000 ogni anno, con un’incidenza che è probabilmente destinata ad aumentare dell’1,5% all’anno per l’invecchiamento della popolazione. Sempre negli USA riguarda il 1%-2% di tutti i ricoveri e fino al 25% dei letti disponibili nelle Unità di Terapia Intensiva (ICU), rappresentando la decima più comune causa di morte, secondo i dati del 2000 dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (“Centers for Disease Control and Prevention”). A causa della sua natura particolarmente aggressiva e multifattoriale, la sepsi conduce rapidamente a morte e costituisce la principale causa di decesso nelle terapie intensive non coronariche di tutto il mondo, con tassi di letalità che vanno dal 20% per la sepsi al 40% per la sepsi grave, ad oltre il 60% per lo shock settico: cumulativamente, nel mondo muoiono per sepsi circa 1400 persone al giorno.

Uno dei problemi da affrontare per una gestione adeguata del paziente settico è il ritardo nell’assegnazione del trattamento corretto che fa seguito alla diagnosi. Si è dunque recentemente creato un grande progetto di collaborazione internazionale per far conoscere la sepsi e per migliorare l’outcome del paziente settico, nominato “Surviving Sepsis Campaign”. Tale organismo ha già pubblicato un articolo di revisione (review) basato sull’evidenza: sono delle linee guida sulle strategie per la gestione della sepsi grave e dello shock settico, con l’idea di pubblicare una serie completa di linee guida nei prossimi anni. L’applicazione in Italia di tali linee guida è in studio in alcuni reparti di Medicina d’Urgenza e di Terapia Intensiva; una delle più ampie casistiche europee è quella raccolta all’Ospedale delle Molinette di Torino.

Patogenesi

L’attivazione immunitaria che causa la sepsi è una risposta infiammatoria sistemica che causa una generalizzata attivazione delle vie dell’infiammazione e della coagulazione del sangue. Tale situazione può progredire fino allo shock settico e, anche a seguito di trattamento ottimale, può portare alla Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS) ed eventualmente alla morte.

Condizioni e complicazioni correlate sono:

  • Coagulazione intravascolare disseminata (CID): grave stato patologico caratterizzato da abnormale coagulazione del sangue, che porta alla presenza disseminata di trombi ed emorragie; può essere causata anche dalla sepsi.
  • Necrosi tubulare acuta: porta ad insufficienza renale acuta; può derivare dall’ipoperfusione dei reni in caso di sepsi (cioè: non arriva sangue a sufficienza ai reni, e così questi smettono di funzionare).
  • Sindrome da insufficienza multiorgano (MODS): può essere causata anche dalla sepsi.
  • Meningite: infezione del tessuto che ricopre il Sistema Nervoso Centrale, ossia l’encefalo ed il midollo spinale; può essere una causa od una complicazione della sepsi.
  • Endocardite: infezione della superficie interna del cuore, a contatto con il sangue; come altri quadri patologici può essere una causa od una complicazione della sepsi.
  • Piemia: è un tipo di sepsi che porta alla formazione di ascessi disseminati, solitamente causata da Stafilococchi.
  • Chetoacidosi nei pazienti affetti da Diabete mellito, soggetti allo sviluppo di iperglicemia in caso di sepsi. La chetoacidosi aggrava l’ipotensione, aumentando perciò il rischio di uno shock settico.

Entro dodici ore dal sospetto di sepsi è essenziale confermare o escludere qualsiasi fonte di infezione che richiederebbe un controllo, come infezioni del tessuto molle necrotizzante, peritonite, colangite, infarto intestinale.

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Clinica

La sepsi è definita come una infezione sospetta o documentata a cui si associno almeno due dei seguenti parametri alterati:

1. Parametri generali

  • Febbre (temperatura interna, > 38,3 °C)
  • Ipotermia (temperatura interna, < 36 °C)
  • Frequenza cardiaca ( > 90 battiti al minuto o > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità per l’età)
  • Tachipnea
  • Stato mentale alterato
  • Edema significativo o bilancio idrico positivo ( > 20 ml / kg di peso corporeo nel corso di un periodo di 24 ore)
  • Iperglicemia (glicemia, > 140 mg / dl [ 6,7 mmol / l ] ) in assenza di diabete

2. Parametri infiammatori

  • Leucocitosi (conta dei globuli bianchi, > 12.000 / mm3)
  • Leucopenia (conta dei globuli bianchi, < 4000/mm3)
  • Formula leucocitaria normale ma con > 10% di forme immature
  • Proteina C – reattiva ( > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità)
  • Procalcitonina plasmatica ( > 2 SD sopra del limite superiore del range di normalità)

3. Parametri emodinamici

  • Ipotensione arteriosa (pressione sistolica < 90 mm Hg, pressione arteriosa media < 70 mm Hg, o diminuzione della pressione sistolica > 40 mm Hg negli adulti o > 2 DS al di sotto del limite inferiore del range di normalità per l’età)
  • Elevata saturazione di ossigeno venoso misto ( > 70 % )
  • Indice cardiaco elevato ( > 3,5 litri / min / metro quadrato di superficie corporea)

4. Parametri di disfunzione d’organo

  • Ipossia arteriosa (rapporto tra la pressione parziale dell’ossigeno arterioso e la frazione di ossigeno inspirato, Pao2/Fio2 < 300)
  • Oliguria acuta (produzione di urina, < 0,5 ml / kg / ora o 45 ml / h per almeno 2 ore nonostante infusione di fluidi)
  • Aumento del livello di creatinina > 0,5 mg / dl ( > 44,2 mmol / litro)
  • Anomalie della coagulazione (rapporto internazionale normalizzato −INR− , > 1.5; o tempo parziale di tromboplastina parziale attivata > 60 sec)
  • Ileo paralitico (assenza di rumori intestinali)
  • Trombocitopenia (conta piastrinica < 100.000 / mm3)
  • Iperbilirubinemia (bilirubina totale plasma > 4 mg / dl [ 70 mmol / litro ] )

5. Parametri da ipoperfusione

  • Iperlattatemia (lattati > 1 mmol / litro)
  • Diminuzione del riempimento capillare

La sepsi grave è definita come sepsi indotta da disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale (che si manifesta come ipotensione, elevati livelli di lattato e diminuita produzione di urina).

Lo shock settico è una sepsi severa, con pressione del sangue persistentemente bassa nonostante la somministrazione di fluidi per via endovenosa.

Segni e sintomi

Oltre ai sintomi correlati all’infezione, la sepsi è frequentemente associata sia con febbre o ipotermia, respirazione rapida, elevata frequenza cardiaca, confusione ed edema. I primi segni sono elevata frequenza cardiaca, diminuzione della minzione e dello zucchero nel sangue, mentre i segni di sepsi diagnosticata sono confusione, acidosi metabolica con alcalosi respiratoria compensatoria (che può manifestarsi come respiro accelerato), bassa pressione sanguigna, diminuzione della resistenza vascolare sistemica, gittata cardiaca più alta e disfunzioni della coagulazione del sangue. La sepsi può anche portare ad un calo della pressione sanguigna, con conseguente shock. Ciò può provocare stordimento. Può comportare anche la presenza di lividi o sanguinamento. Tali alterazioni debbono essere di insorgenza acuta (recente), persistente (non fugaci) e non spiegabili da altre cause (come per esempio alterazioni iatrogene o farmacologiche dell’emocromo o della frequenza cardiaca, etc…).

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Disfunzione d’organo

Esempi di disfunzione d’organo sono:

  • Polmoni: danno polmonare acuto (PaO2/FiO2 <300) o sindrome da distress respiratorio acuta (PaO2/FiO2 <200).
  • Cervello: sintomi analoghi all’encefalopatia: agitazione, confusione, coma; causa: ischemia, emorragia, microtrombi, microascessi, leucoencefalopatia multifocale progressiva.
  • Fegato: interruzione della funzione di sintesi proteica: si manifesta acutamente come progressiva coagulopatia a causa di incapacità di sintetizzare i fattori della coagulazione; interruzione delle funzioni metaboliche: si manifesta come la cessazione del metabolismo della bilirubina, con conseguente livelli di bilirubina sierica non coniugata elevati.
  • Rene: oliguria e anuria, anomalie elettrolitiche, sovraccarico di volume.
    Cuore: insufficienza cardiaca, probabilmente a causa delle citochine che deprimono la funzione dei miociti; danno cellulare manifestato come una perdita di troponina (anche se non necessariamente di natura ischemica).

Esami di laboratorio e strumentali

Entro le prime tre ore dal sospetto di sepsi, gli esami diagnostici dovrebbero includere la misurazione del lattato sierico e l’esame delle colture appropriate prima di iniziare un trattamento antimicrobico, purché questo non venga ritardato per più di 45 minuti. Per identificare l’agente patogeno, almeno due emocolture (aerobi ed anaerobi) devono essere ottenute, con almeno una presa per via percutanea e una attraverso un catetere vascolare (ad esempio un catetere intravenoso). Se si sospettano altre fonti, possono essere ottenute altre culture, come l’urina, fluido cerebrospinale, da ferite o da secrezioni respiratorie.

Se nel giro di sei ore vi è ipotensione persistente, nonostante la somministrazione iniziale di fluido di 30ml/kg, o se il lattato iniziale è ≥ 4 mmol/L (36 mg/dL), dovrebbe essere misurata la pressione venosa centrale e la saturazione di ossigeno venoso. Il lattato deve essere nuovamente misurato se inizialmente è apparso molto elevato.

Infezione

Il sospetto di infezione può essere confermato sia dalle emocolture sia tramite reazione a catena della polimerasi (PCR), fermo restando che per effettuare un antibiogramma è necessaria una coltura positiva. Test specifici per l’infezione comprendono la presenza di globuli bianchi nel liquido normalmente sterile (ad esempio urina o liquido cerebrospinale (CSF)), la prova di un viscere perforato (aria libera su una radiografia all’addome o tramite TAC, segni di peritonite acuta), radiografia del torace anormale, in linea con la polmonite (con opacizzazione focale), o presenza di petecchie o porpora.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale di sepsi è ampia e comprende le condizioni che possono causare i segni sistemici di SIRS: astinenza da alcol, embolia polmonare, tireotossicosi, anafilassi, insufficienza surrenalica, e shock neurogeno.

Trattamento

La terapia della sepsi si basa su antibiotici a largo spettro, drenaggio chirurgico di raccolte infette, somministrazione di liquidi e supporto adeguato della disfunzione d’organo. Il supporto può consistere nella dialisi nell’insufficienza renale, nella ventilazione meccanica nell’insufficienza respiratoria, nell’infusione di liquidi, emoderivati e farmaci vasopressori nell’insufficienza circolatoria. Inoltre, soprattutto se si protrae nel tempo tale stato, è importante assicurare un’adeguata nutrizione, eventualmente parenterale.

La Early Goal Directed Therapy (EGDT, terapia precoce diretta al raggiungimento dell’obiettivo), sviluppata all’Henry Ford Hospital dal dr. E. Rivers, è un approccio sistematico alla rianimazione validato nel trattamento della sepsi grave e dello shock settico che dev’essere intrapreso già nel Pronto Soccorso. Il razionale consiste nell’uso di un approccio a tappe, facendo raggiungere al paziente degli obiettivi fisiologici intermedi, per ottimizzare così il precarico, il postcarico e la contrattilità cardiaci, ottimizzando dunque l’arrivo di ossigeno ai tessuti.

  • Come primo punto, sono richiesti: il posizionamento di catetere venoso centrale (CVC) a doppio lume e di catetere vescicale (si deve mantenere una diuresi ≥ 0,5 ml/Kg/h); l’istituzione di terapia antibiotica ad ampio spettro entro 3 ore dalla presentazione del paziente in Pronto Soccorso; insulinoterapia; ossigenoterapia; ventilazione meccanica.
  • PVC 8-12 mmHg. → L’iter terapeutico vero e proprio comincia ora. Nella EGDT i fluidi sono somministrati fino a che la pressione venosa centrale(PVC) raggiunge gli 8-12 mmHg (aggiustamenti andranno realizzati con nitroglicerina se PVC > 15 mmHg o con soluzione fisiologica dapprima a bolo e poi in infusione rapida se PVC < 8 mmHg; se PVC < 4 mmHg considerare l’aggiunta di un colloide come l’albumina.
  • MAP 65-90 mmHg. → Il passo successivo è il controllo della pressione arteriosa media (MAP), che se non rientra nell’intervallo compreso fra 65 e 90 mmHg richiede la somministrazione di vasodilatatori (nitroglicerina) o vasopressori (noradrenalina o dopamina e cortisolo; aggiungere ADH o adrenalina in caso di ipotensione refrattaria), fino al ripristino dei valori stabiliti.
  • HCT ≥30%; ScvO2 ≥70. → Una volta raggiunto il controllo della MAP, si deve tendere alla normalizzazione della saturazione venosa centrale (ScvO2, la saturazione d’ossigeno del sangue venoso misurata in vena cava superiore). Se la ScvO2 è < 70%, viene verificato che l’ematocrito (HCT) abbia valori di almeno 30% (ed in caso si trasfondono emazie concentrate fino al raggiungimento di tale livello), e quindi infusi farmaci inotropi (dobutamina) fino a che anche l’obiettivo della ScvO2 è raggiunto. Se la ScvO2 resta bassa nonostante l’ottimizzazione dell’emodinamica, può essere richiesta l’intubazione (dunque in elezione) per ridurre la richiesta d’ossigeno.

Con l’applicazione di questo protocollo, nello studio originale la mortalità veniva ridotta dal 46.5% nel gruppo di controllo al 30.5% nel gruppo trattato. Le linee guida della Surviving Sepsis Campaign raccomandano la EGDT per la rianimazione iniziale del paziente settico con un’evidenza di livello B (singolo RCT, randomized controlled trial, studio randomizzato controllato ).

La maggioranza delle terapie che miravano direttamente al processo infiammatorio hanno fallito nel migliorare l’esito. Solo la proteina C attivata (drotrecogin alfa (attivato)) ha dimostrato di diminuire la letalità da circa il 31% a circa il 25% nella sepsi grave. Essa ha proprietà antinfiammatorie, anticoagulanti e fibrinolitiche ed ha dimostrato di migliorare il microcircolo che è alterato nella sepsi.
Il 25 ottobre 2011, la Eli Lilly and Company, casa produttrice del farmaco ha annunciato la volontaria rimozione dal mercato del drotrecogin alfa: in un recente studio, infatti, non ha mostrato un miglioramento della sopravvivenza nei pazienti con sepsi grave e shock settico.

Il trattamento con cortisolo a basse dosi potrebbe aver rilevanza nel trattamento dello shock settico in pazienti con insufficienza surrenalica relativa, definita dal test di stimolazione con ACTH. Il trattamento standard dei neonati con sospetto di sepsi consiste nella terapia di supporto, volta a mantenere adeguati i paramentri vitali con l’infusione intravenosa di liquidi la combinazione di un antibiotico beta-lattamico (come l’ampicillina) con un aminoglicoside(come la gentamicina).

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