Si chiama ematemesi la perdita di sangue dallo stomaco, dall’esofago o dal duodeno attraverso l’emesi, cioè il vomito. Si tratta di un’emorragia tra le più comuni che porta addirittura alla morte nel 6 – 12 % dei casi. Pare che gli uomini siano maggiormente colpiti da ematemesi rispetto alle donne. Il sangue che è rimesso può avere diverse colorazioni ed esaminarne il colore è importante per avere maggiori indicazioni sulla natura del problema. Quando il sangue dell’ematemesi è di colore rosso vivo significa che l’emorragia è recente e molto pericolosa perché il paziente sta perdendo molto sangue e velocemente. Quando invece il sangue ha una colorazione più scura di rosso, significa che il sangue non è emesso subito ma ha stazionato nell’apparato digerente per un po’ prima di essere vomitato. Tanto più il sangue ha un colore simile al caffè, tanto più si è fermato prima di uscire. L’emorragia da cui ha origine dovrebbe non essere troppo grave, soprattutto se la quantità di sangue espulsa è poca. L’ematemesi non avviene dopo un colpo di tosse, che è un sintomo che invece riguarda i polmoni, tipico della tisi ad esempio.
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Cause
Le cause dell’ematemesi sono da ricercarsi in problemi gastrointestinali. Una possibile causa potrebbe essere un’ulcera gastrica o duodenale. Infatti, la metà dei pazienti affetti da queste patologie presenta ematemesi. L’ulcera è una lesione della mucosa che può essere causata da diversi fattori, tra cui l’assunzione di farmaci antiinfiammatori non steroidei che provocano una gastrite erosiva. L’ematemesi si verifica anche in seguito a un trauma fisico, come potrebbe succedere dopo un incidente stradale o dopo un allenamento sportivo che porta alla rottura di vasi sanguini del tratta gastrointestinale. Una causa simile a questa appena descritta è la angiodisplasia gastrica che porta alla rottura dei vasi sanguini a causa di una loro malformazione. Altra causa dell’ematemesi potrebbero essere le varici esofagee che sono delle dilatazioni dei vasi dell’esofago che hanno luogo in seguito a ipertensione venosa, cioè quando aumenta la pressione del sangue. Questo genere di ipertensione con la formazioni di varici è anch’essa un sintomi di una patologia: la cirrosi epatica. Anche tumori a stomaco, intestino, pancreas, fegato e esofago possono avere come sintomo l’ematemesi. La sindrome di Mallory – Weiss è una patologia che non ha ancora individuato con precisione la sua causa ma pare certo che è indicata dalla presenza di ematemesi. Pare che frequenti episodi di vomito a causa di abuso di alcol portino alla lacerazione dello sfintere che provoca una piccola emorragia. Infine, l’ematemesi può essere sintomo della malattia emorragica del neonato. Si tratta di una patologia che colpisce i bambini e i neonati, come si può capire dal suo nome. In corrispondenza a una mancanza totale di vitamina K, il sangue non è coagulato per una mancata formazione del fegato e così il neonato presenta ematemesi.
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Terapia
Come già detto, l’ematemesi è il sintomo di altre patologie, quindi è possibile curarla solo diagnosticando le cause a monte ed intervenendo su di esse. Quando si presenta l’ematemesi, si deve correre all’ospedale, dove il paziente è sottoposto a misurazione della pressione sanguigna per verificare che non sia in atto una grave emorragia. Con una perdita di sangue, i medici immettono subito per via endovenosa altri liquidi, perché il volume ematico si riduce con l’ematemesi. Si procede, inoltre, con esami del sangue per contare globuli rossi, elettroliti e concentrazione di emoglobina. Con perdite di sangue ingenti, si deve ricorre anche a delle trasfusioni. Per trovare l’origine dell’ematemesi è eseguita una gastroscopia che individua la presenza di ulcere gastriche o duodenali da dove potrebbe provenire il sangue. Sono prescritti farmaci anti emorragici per fermare la fuoriuscita di sangue. Una volta individuata la causa, si può cauterizzare i vasi che provocano il sanguinamento. Nei casi più gravi, si deve intervenire chirurgicamente; l’intervento dipende dalla patologia in corso. Dopo aver avuto l’ematemesi, è sempre consigliabile restare a digiuno per un paio di giorni e, in quelli successivi, seguire una dieta a base di liquidi evitando i cibi solidi.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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