Sindrome da distress respiratorio (ARDS): definizione e linee guida

MEDICINA ONLINE POLMONI RESPIRO ARIA OSSIGENO ANIDRIDE CARBONICA MASCHERA VENTURI SATURAZIONE O2 INSUFFICIENZA RESPIRATORIA POLMONARE POLMONI TRACHE NASO MORTE RISCHIO ACUTA CRONICALa “sindrome da distress respiratorio” (abbreviata con l’acronimo ARDS) secondo la definizione dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è un “danno diffuso dei capillari alveolari determinante grave insufficienza respiratoria con ipossiemia arteriosa refrattaria alla somministrazione di ossigeno”. La ARDS è quindi una condizione, determinata da varie cause, caratterizzata dalla diminuzione della concentrazione di ossigeno nel sangue, la quale è refrattaria alla O2 terapia, cioè tale concentrazione non sale in seguito alla somministrazione di ossigeno al paziente. Tali patologie devono essere trattate con urgenza nei reparti di terapia intensiva e, dei casi più gravi, possono determinare la morte del paziente. L’ARDS può svilupparsi in pazienti di qualsiasi età, che già presentano pneumopatie di varia natura o in soggetti con funzionalità polmonare del tutto normale. Questa sindrome viene, a volte, definita “sindrome da distress respiratorio nell’adulto“, sebbene possa verificarsi anche nei bambini. La forma meno grave di questa sindrome è definita “danno polmonare acuto” (Acute Lung Injury, ALI). Nel caso di paziente pediatrico, prende il nome di sindrome da distress respiratorio neonatale (NRDS).

Cause e fattori di rischio

Condizioni e patologie che predispongono all’insorgenza dell’ARDS, sono:

  • annegamento;
  • soffocamento;
  • aspirazione (inalazione) di cibo o altro materiale estraneo nel polmone;
  • intervento di bypass aortocoronarico;
  • ustioni gravi;
  • embolia polmonare;
  • polmonite;
  • contusione polmonare;
  • trauma cranico;
  • traumi di varia natura;
  • radiazioni;
  • altitudini elevate;
  • inalazione gas tossici;
  • infezioni da virus, batteri o funghi;
  • overdose di farmaci o altre sostanze, come eroina, metadone, propossifene od aspirina;
  • sepsi (grave infezione diffusa);
  • shock (grave ipotensione arteriosa prolungata);
  • alterazioni ematologiche;
  • complicanze ostetriche (tossiemia, embolia amniotica, endometrite post-partum);
  • ostruzione linfatica;
  • circolazione extracorporea;
  • pancreatite;
  • ictus cerebrale;
  • crisi convulsive;
  • trasfusioni di oltre 15 unità di sangue in un arco temporale ristretto;
  • uremia.

Patogenesi

Nell’ARDS le piccole cavità aeree (alveoli) ed i capillari polmonari vengono danneggiati e sangue e liquido penetrano negli spazi tra le cavità orali e, a lungo andare, all’interno delle cavità stesse. Nell’ARDS si ha un’assenza o riduzione del surfattante (un liquido che riveste la superficie interna degli alveoli e contribuisce a mantenerli aperti), che è responsabile dell’aumentata consistenza dei polmoni propria dell’ARDS: il deficit del surfattante causa il collasso di molti alveoli (atelettasia). La presenza di liquido negli alveoli e il loro collasso interferiscono con il trasferimento dell’ossigeno dall’aria inalata al sangue, con netta riduzione del livello ematico di ossigeno. Il passaggio dell’anidride carbonica dal sangue all’aria espirata è meno compromesso e i livelli di anidride carbonica nel sangue variano poco.

Sintomi e segni

L’ARDS è caratterizzata da:

  • esordio acuto;
  • infiltrati polmonari bilaterali suggestivi di edema;
  • nessuna evidenza di ipertensione atriale sinistra (PCWP < 18 mmHg);
  • rapporto PaO2/FiO2 < 200.

Gli stessi criteri, ma con un rapporto PaO2/FiO2 < 300, definiscono il danno polmonare acuto (Acute Lung Injury, ALI).

I sintomi di ARDS sono:

Altri sintomi possono essere presenti in base alla patologia a monte che ha determinato l’ARDS.

L’ARDS si sviluppa, in genere, entro 24-48 ore dal trauma o dal fattore eziologico, ma può verificarsi anche 4-5 giorni dopo.

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Diagnosi

La diagnosi e la diagnosi differenziale si basano sulla raccolta dei dati (anamnesi), la visita vera e propria (soprattutto auscultazione del torace) e vari altri esami di laboratorio e di diagnostica per immagine, come:

L’insufficienza respiratoria determina addensamenti diffusi bilaterali evidenti alla RX torace e frequenti infezioni sovrapposte che portano a morte in più del 50% dei casi. Nella fase acuta i polmoni si presentano diffusamente aumentati di consistenza, rossastri, congesti e pesanti, con un danno alveolare diffuso (istologicamente si osserva edema, membrane ialine, infiammazione acuta). E’ visibile la presenza di liquido negli spazi che dovrebbero essere pieni d’aria. Nella fase di proliferazione e organizzazione compaiono aree confluenti di fibrosi interstiziale con proliferazione di pneumociti di II tipo. Frequenti sono le sovrainfezioni batteriche nei casi fatali. L’emogasanalisi mostra ridotti livelli di ossigeno nel sangue. La diagnosi differenziale si pone con altre patologie respiratorie e cardiache e possono richiedere altri esami, come elettrocardiogramma ed ecografia cardiaca.

Sindrome da distress respiratorio neonatale (NRDS)

La NRDS si può osservare nel 2,5-3% dei bambini ricoverati nelle Unità di Terapia Intensiva Pediatriche. L’incidenza è inversamente proporzionale all’età gestazionale ed al peso alla nascita, cioè la malattia è tanto più frequente tanto più il neonato è prematuro e sottopeso. Il distress neonatale è caratterizzato da:

  • ipossia;
  • infiltrati polmonari diffusi alla radiografia del torace;
  • pressione di occlusione in arteria polmonare;
  • funzione cardiaca normale;
  • cianosi (colore bluastro della cute).

Se i movimenti respiratori sono fatti a bocca chiusa si deve sospettare ostruzioni alte: la bocca dev’essere aperta e le cavità orofaringee ripulite dalle secrezioni con un’aspirazione delicata. Molto importante è la prevenzione della prematurità (compresa la non esecuzione di un taglio cesareo non necessario o intempestivo), la gestione appropriata della gravidanza e del travaglio ad alto rischio e la previsione e il possibile trattamento in utero dell’immaturità polmonare.

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Trattamento

Poiché nel 70% dei casi il decesso del paziente si verifica NON per insufficienza respiratoria ma per altri problemi legati alla causa scatenante (principalmente problemi multisistemici che provocano insufficienza renale, epatica, gastroenterica o danni al SNC o sepsi) la terapia deve mirare a:

  • somministrare ossigeno per contrastare l’ipossia;
  • eliminare la causa a monte che ha provocato l’ARDS.

Se l’ossigeno somministrato con una maschera facciale o per via nasale non è efficace nella correzione della riduzione dei livelli di ossigeno nel sangue (eventualità che si verifica spesso), o se sono necessarie dosi molto elevate di ossigeno inspirato, si deve ricorrere a ventilazione meccanica: un apposito strumento eroga aria ricca di ossigeno sotto pressione con un tubo che, attraverso la bocca, viene introdotto in trachea. Nei pazienti affetti da ARDS, il ventilatore immette:

  • aria a pressione maggiore durante l’inspirazione;
  • aria a pressione minore durante l’espirazione (definita pressione positiva di fine espirazione) che contribuisce a mantenere aperti gli alveoli in fase di fine espirazione.

Il trattamento ha luogo nel reparto di terapia intensiva. La somministrazione di O2 si rivela utile solamente nelle fasi iniziali della sindrome non portando tuttavia benefici sulla prognosi. Instillazione endotracheale di dosi multiple di surfattante esogeno in neonati a basso peso che richiedono il 30% di ossigeno e la ventilazione assistita: viene aumentata la sopravvivenza, ma non riduce in maniera significativa l’incidenza della malattia polmonare cronica.

Sospetto di ARDS: cosa fare?

Se sospettate ARDS, non aspettate oltre e portate il soggetto al Pronto Soccorso, oppure contattate il Numero Unico per le Emergenze: 112.

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Prognosi e mortalità

Senza un efficace e tempestivo trattamento, l’ARDS provoca purtroppo la morte nel 90% dei pazienti, tuttavia, con un trattamento adeguato, circa il 75% dei pazienti sopravvive. Fattori che influenzano la prognosi, sono:

  • età del paziente;
  • condizioni di salute generali del paziente;
  • comorbilità (presenza di altre patologie come ipertensione arteriosa, obesità, diabete mellito, gravi pneumopatie);
  • capacità di rispondere al trattamento;
  • fumo di sigaretta;
  • rapidità di diagnosi e di intervento;
  • bravura del personale sanitario.

I pazienti che rispondono prontamente al trattamento sono quelli che hanno più possibilità non solo di sopravvivere, ma anche di avere danni polmonari a lungo termine modesti o assenti.  I pazienti che non rispondono rapidamente alle cure, che necessitano di assistenza con respiratore per lunghi periodi ed anziani/debilitati, sono quelli a maggior rischio di andare incontro a cicatrizzazione polmonare e decesso. La cicatrizzazione può alterare la funzionalità polmonare, fatto che appare evidente con dispnea e facile affaticabilità sotto sforzo (nei casi meno gravi) o anche a riposo (nei casi più gravi). Molti pazienti con danni cronici possono subire un importante calo ponderale (diminuzione del peso corporeo) e di tono muscolare (diminuzione della % di massa magra) durante la malattia. La riabilitazione in appositi centri riabilitativi specializzati può essere estremamente utile per riacquistare forza e indipendenza durante la convalescenza.

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