Empiema pleurico: guarigione, saccato, complicanze, RX, cura

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Cause e fattori di rischio

Alla base di un empiema pleurico vi è una infezione determinata da vari batteri piogeni. I piogeni sono batteri che provocano infiammazioni suppurative, cioè con produzione di pus ovvero di essudato (edema infiammatorio) estremamente ricco in granulociti neutrofili. I batteri piogeni che provocano più spesso empiema, includiamo numerose classi di batteri:

  • gram positivi: stafilococcus aureus, streptococcus pyogenes, streptococcus pneumoniae;
  • gram negativi: neisseria meningitidis, neisseria gonorrhoeae, enterobatteri (Escherichia Coli, Yersinia Pestis).

L’infezione è a sua volta causata da varie patologie e condizioni, ad esempio:

  • traumi;
  • interventi chirurgici;
  • sepsi;
  • perforazione di un viscere (ad esempio esofago)
  • pratiche mediche invasive (ad esempio toracentesi).

Quando l’empiema pleurico non ha origine chirurgica, le cause più frequenti sono:

  • contaminazione diretta della pleura da parte di germi provenienti dall’esterno conseguentemente a traumi toracici o ferite penetranti;
  • propagazione al cavo pleurico dell’agente infettante per via ematica o linfatica.

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Empiema pleurico da chirurgia

L’empiema pleurico determinato da chirurgia, si verifica più spesso in alcuni tipi di interventi:

  • chirurgia polmonare: insorge come complicanza di una resezione polmonare. E’ da ricondurre, nella maggior parte dei casi, alla formazione di una fistola broncopleurica a livello del moncone bronchiale;
  • chirurgia esofagea: può seguire alla presenza di una deiscenza anastomotica o di una lesione misconosciuta della parete esofagea;
  • chirurgia cardiaca;
  • chirurgia del mediastino.

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Sintomi e segni

I sintomi e segni dipendono dalla gravità e dalla localizzazione dell’empiema. I sintomi più diffusi sono:

  • malessere generale;
  • astenia (stanchezza);
  • facile affaticabilità;
  • difficoltà digestive;
  • brividi;
  • calo ponderale (perdita di peso);
  • dispnea;
  • nausea;
  • vomito;
  • diarrea;
  • dolore addominale;
  • dolore toracico;
  • febbre;
  • mal di testa;
  • tosse.

Fasi dell’empiema

L’empiema pleurico è generalmente suddivisibile in quattro fasi distinte:

  1. empiema acuto (fase essudativa): dura all’incirca due settimane e si caratterizza per un’infiammazione essudativa con scarsa sintesi di fibrina. Il liquido pleurico risulta poco denso e presenta poche cellule. Solo un intervento terapico antibiotico, immediato e specifico, effettuato in questa fase, può assicurare una completa restituito ad integrum;
  2. empiema franco (fase fibrino-purulenta): inizia al termine della fase essudativa, cioè dopo i primi 14 giorni dall’esordio. Nella fase fibrino-purulenta viene prodotta un’enorme quantità di granulociti polimorfonucleati, batteri e materiale necrotico, associato ad una cospicua deposizione di fibrina. La copresenza di queste sostanze favorisce la cronicizzazione dell’empiema. Questa fase si conclude dopo circa 14 giorni;
  3. empiema con aderenze: si assiste alla formazione di aderenze pleuriche e ad ispessimento delle pleure stesse. Le aderenze sono ancora discretamente lasse poiché costituite da pseudostratificazioni di fibrina facilmente clivabili e in alcuni casi ancora suscettibili di assorbimento spontaneo. E’ possibile una limitazione della meccanica respiratoria.
  4. empiema cronico (fase dell’organizzazione): l’invasione di fibroblasti comporta una sclerosi irreversibile per ispessimento fibro-sclerotico delle pleure (soprattutto della parietale), anelasticità e rigidità della pleura con conseguente coartazione di ampie zone di parenchima polmonare (soprattutto nei territori postero-basali) e ritenzioni degli spazi intercostali fino a retrazioni della gabbia toracica, del diaframma ed ipotrofia della muscolatura della parete. E’ questo il passo finale del processo evolutivo sul piano anatomo-patologico, con limitazione della meccanica respiratoria.

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Diagnosi

La diagnosi di empiema pleurico viene effettuata principalmente in base a:

  • anamnesi;
  • esame obiettivo;
  • diagnostica per immagini (in particolare RX torace e TAC torace);
  • esami di laboratorio (emocromo, antibiogramma, toracentesi diagnostica…).

RX torace

La prima indagine da eseguire è la radiografia del torace in due o più proiezioni completata da un radiogramma laterale con il paziente in posizione supina e laterale per verificare la mobilità del contenuto del cavo pleurico. Tale indagine diagnostica permette lo studio del parenchima polmonare, delle caratteristiche della pleura (come spessore e regolarità della superficie) e della parete costale soprattutto per quanto concerne la simmetria e l’ampiezza degli spazi intercostali. Con la radiografia si possono trarre informazioni ed orientamenti diagnostici su:

  • colonna vertebrale e coste: un empiema cronico causa un avvicinamento fino all’embricatura costale nel lato affetto ed una scoliosi con concavità omolaterale;
  • mediastino: l’asse può essere spostato controlateralmente in base all’entità del versamento, oppure il mediastino può essere rigido a causa della fibrosi e della sclerosi della pleura parietale;
  • pleura: un empiema in fase tardiva causa ispessimento pleurico e questo, insieme alla concomitante retrazione pleurica, causa anche alterazioni scheletriche.

Altre indagini

Altre indagini utili nella diagnosi e nella diagnosi differenziale di empiema pleurico, sono:

  • fibrobroncoscopia: diverse patologie polmonari e pleuriche possono causare ostruzioni, occlusioni, angolazioni e stenosi bronchiali. La patologia di base (come la TBC attiva o in esiti) con un importante interessamento linfonodale, può causare direttamente la formazione dell’empiema, oppure alterando la dinamica dei flussi e provocando stasi periferica, può dar luogo alla formazione di versamenti pleurici facilmente suscettibili di infezione. Il versamento stesso determina dislocazioni e alterazioni bronchiali che a loro volta sono causa di atelectasie e di suppurazioni. Inoltre vi è reazione linfonodale secondaria a suppurazione pleurica: l’adenopatia e l’adenomegalia possono essere evidenziate come segno indiretto nell’allargamento degli speroni interbronchiali a vari livelli, nelle alterazioni del calibro dei bronchi, e nella flogosi segmentaria degli stessi. La fibrobroncoscopia ha una indicazione elettiva negli empiemi postchirurgici per documentare la presenza di fistole bronchiali;
  • broncografia: offre informazioni relative alla situazione bronchiale, in particolare alla sua integrità nonostante il collasso prolungato nel tempo: se tale collasso sia armonico, se vi siano bronchiectasie o alterazioni bronchiali. Negli empiemi cronici non inveterati è possibile un’indagine dinamica sotto scopia che consente di valutare nonché quantificare il recupero broncopolmonare dopo decorticazione. Attualmente molte di queste informazioni possono essere ottenute con la TAC del torace. In caso di fistola, solitamente diagnosticata tramite rilievi clinici (rifornimento di aria nel cavo pleurico in caso di toracentesi o drenaggio pleurico, riscontro di flora batterica transitata attraverso la fistola o filtrazione pleuroparenchimale), la metodica in questione permette di definire la sede della fistola, le sue dimensioni e caratteristiche ed è un aiuto valido in funzione di un programma chirurgico. n caso di empiemi con corticopleurite, il contrasto difficilmente riesce a raggiungere la periferia in quanto viene a mancare la pressione negativa intrapleurica; tuttavia tramite broncografia selettiva con catetere di Seldinger-Odman (analogo a quello usato per angiografia selettiva) è possibile evidenziare ogni settore dell’albero bronchiale mediante la pressione imposta dall’operatore;
  • toracoscopia: più che metodica di diagnosi diventa uno strumento di trattamento. Mediante toracoscopia possono essere elettivamente posizionati drenaggi pleurici, effettuare debridement, decorticazione e pleurectomia limitate. Può anche essere effettuata in modo più selettivo l’instillazione di farmaci. La metodica diviene strumento di diagnosi differenziale nel sospetto di pleuriti neoplastiche.

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Terapia

La terapia dell’empiema dipende dallo stadio evolutivo in cui è diagnosticata l’affezione. In ogni caso il trattamento per l’empiema ha due obiettivi principali:

  • combattere il patogeno che a monte l’ha determinato (ad esempio con farmaci antibiotici come gentamicina e tobramicina, associati ad una penicillina ad ampio spettro);
  • evacuare costantemente il materiale purulento con toracentesi.

La toracentesi, cioè una procedura che consente di prelevare il liquido contenuto nello spazio pleurico. La toracentesi ha due obiettivi principali:

  • abbassare eccessivi livelli di liquido pleurico, che possono essere responsabili di grave dispnea (difficoltà respiratoria). In questo caso si parla di toracentesi terapeutica.
  • analizzare il liquido pleurico purulento per scopi diagnostici, cioè scoprire la causa a monte che ne ha determinato la formazione. In questo caso si parla di toracentesi diagnostica.

Dopo una toracentesi diagnostica, si effettua una analisi del fluido ottenuto, allo scopo di chiarire la natura essudativa o trasudativa del versamento stesso e per determinarne le cause. Si effettuano vari studi, fra questi il pH, il rapporto delle proteine del siero, la concentrazione di LDH, il peso specifico, il colesterolo, le concentrazioni di bilirubina e l’eventuale presenza di cellule. Per approfondire, leggi: Toracentesi: procedura, complicanze, rischi, è dolorosa?

Complicanze

Per minimizzare il rischio di complicanze, la terapia antibiotica dovrebbe iniziare fin dai primissimi sintomi, dunque durante la fase essudativa dell’empiema. Un ritardo terapico può favorire l’insorgere di complicazioni:

  • diffusione dell’infezione;
  • danni gravi all’organo in cui si è sviluppato;
  • fistole;
  • sepsi.

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Empiema saccato

L’empiema saccato presenta una sintomatologia più sfumata, con segni di compressione di organi vicini più marcati ma raramente evidenziabili perché tardivi: una localizzazione paramediastinica alta può provocare una compressione cavale con i caratteristici segni e sintomi, o un interessamento del nervo ricorrente, o ancora una sindrome di Pancoast; una localizzazione paramediastinica anteroinferire o sopradiaframmatica può dare compressione del nervo frenico provocando tosse e singhiozzo; un empiema paramediastinico posteroinferire può provocare segni di coinvolgimento vagale; gli empiemi interlobari provocano classicamente un dolore a fascia che segue il decorso della scissura.
L’empiema saccato occupa preferibilmente le regioni postero-basali e laterali ed assume una forma grossolanamente piramidale con angoli arrotondati e smussi. Sostanzialmente occupa il territorio medio-posteriore dei lobi inferiori.Se il versamento è totale può occupare omogeneamente la cavità delimitata dalla fibrosi pleurica oppure disporsi in multiple concamerazioni che non risultano ben valutabili alla semplice radiografia. Quando il versamento è parziale, è evidenziato da un livello idro-aereo orizzontale mantenuto nei vari decubiti. Meno frequentemente un empiema può dar luogo ad una scissurite: in tal caso la raccolta scissurale può simulare una sindrome del lobo medio o delle atelectasie segmentarie della lingula o ancora un addensamento parenchimale meritevole di ulteriori indagini. Quando sono presenti ispessimento e irregolarità del profilo pleurico, si pone il problema della diagnosi differenziale con patologie primitive e secondarie della pleura, in particolare il mesotelioma pleurico maligno con versamento. In tal caso la diagnosi definitiva si ottiene solo con l’esame citologico, istologico ed immunoistochimico. L’empiema saccato sopradiaframmatico entra in diagnosi differenziale con le raccolte subfreniche: in entrambi i casi sono presenti dolore, blocco diaframmatico e pastosità della parete. Un dato a favore della diagnosi di empiema sarà la presenza di segni di interessamento broncopolmonare.

Per approfondire:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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