Per cinque lunghissime ore ha solcato i cieli degli Stati Uniti, seguito attimo dopo attimo dalle più importanti reti televisive americane. Un piccolo LearJet con cinque passeggeri a bordo si è trasformato in un’incredibile “bara volante” ed è precipitato in una zona paludosa del South Dakota dopo aver volato in pilota automatico dalla Florida sopra gli stati del Midwest degli Usa. E’ il 25 ottobre 1999.
Tra le vittime anche uno dei più famosi campioni del golf professionistico americano, Payne Stewart, vincitore dell’ultimo US Open. Stewart aveva 42 anni. Era partito da Orlando per il Texas dove avrebbe giocato tra qualche giorno un importante torneo a Houston. Il tragico “vascello fantasma” dell’aria era di sua proprietà. Assieme a lui sono morti due manager della sua agenzia sportiva.
L’aereo ha perso i contatti con i controllori di volo 20 minuti dopo la partenza, all’altezza di Gainsville. La Faa (l’ente per l’aviazione civile Usa) ha lanciato subito l’allarme e chiamato in aiuto l’Air Force Nazionale, che ha fatto alzare in volo cacciabombardieri F-16. I piloti si sono avvicinati al jet fantasma all’altezza di Lincoln, in Nebraska, ma hanno subito riferito alla torre di controllo che gli occupanti non davano segni di vita.
I finestrini del jet erano ghiacciati, un indizio che ha confermato una delle prime ricostruzioni sulle dinamiche dell’incidente: quella della violenta depressurizzazione, una volta raggiunta la quota di crociera, che avrebbe fatto perdere i sensi agli occupanti. “Un classico caso di carenza di ossigeno – spiegano gli esperti di aviazione – che inizialmente dà un senso di euforia, poi fa perdere completamente i sensi”.
Anche il presidente Clinton, informato dell’incidente durante una riunione con i consiglieri economici, ha seguito la drammatica vicenda che ha commosso gli Stati Uniti. Lo sceriffo di Mina, una cittadina così piccola che a malapena compare sulle carte geografiche, ha inviato tutti i suoi agenti sul posto, ma per i cinque occupanti non c’era più niente da fare.
Payne Stewart era ritenuto uno dei giocatori di golf più forti al mondo. Come detto, era reduce dalla vittoria agli US Open, grazie ad un clamoroso colpo dalla lunghissima distanza all’ultima buca. Era anche un campione di eleganza: in gara indossava sempre pantaloni di foggia antica, spesso alla zuava, accompagnati da cappelli altrettanto insoliti. Recentemente aveva creato la sua linea di indumenti per il golf spesso ispirata ai colori delle squadre del football americano. Stewart, che giocava nel circuito professionistico da 17 anni, abitava ad Orlando con la moglie Tracey e due figli.
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