Michel Antoine Petrucciani nacque ad Orange, in Francia, il 28 dicembre 1962, ma nelle sue vene scorreva sangue italiano: suo nonno era di Napoli. Michel imparò fin da bambino a suonare la batteria e il pianoforte, dedicandosi prima allo studio della musica classica e poi al jazz, nutrendosi della collezione del padre Tony, chitarrista jazz.
Colpito alla nascita da osteogenesi imperfetta (malattia genetica anche nota come “Sindrome delle ossa di cristallo”) che non gli permise di superare l’altezza di 102 cm, Petrucciani incontrava grandi difficoltà nel suonare il pianoforte, a partire dalle sue mani, fino ad arrivare alla sua altezza che non gli permetteva neanche di arrivare a toccare i pedali del pianoforte: per riuscire ad usarli si serviva di uno speciale marchingegno realizzato dal padre consistente in un parallelogramma articolato che però non gli lasciava accesso al pedale centrale.
Tali enormi impedimenti non bloccarono tuttavia la passione e la voglia di Petrucciani di esprimersi attraverso lo strumento musicale ed il jazz: Michel anzi considerava il disagio fisico procuratogli dalla malattia, come un vantaggio che gli permise in gioventù di dedicarsi completamente alla musica tralasciando altre “distrazioni”. La malattia lo costringeva inoltre a ricorrere a tecniche pianistiche lievemente diverse dalla maggioranza degli altri pianisti e questo contribuì a plasmare il suo stile unico.
All’inizio degli anni 90 la Steinway & Sons costruì apposta per lui un marchingegno che gli permise di cominciare a utilizzare anche il pedale centrale del pianoforte. Le sue straordinarie doti musicali e umane gli permisero di lavorare anche con musicisti del calibro di Dizzy Gillespie, Jim Hall, Wayne Shorter, Palle Daniellson, Eliot Zigmund, Eddie Gomez e Steve Gadd. Tra i numerosi riconoscimenti che Michel ha ricevuto durante la sua breve carriera, si possono ricordare: l’ambitissimo Django Reinhardt Award e la nomina di “miglior musicista jazz europeo.
Dopo una vita dedicata al pianoforte jazz, Michel morì a New York, il 6 gennaio 1999. A distanza di anni restano la sua assoluta bravura tecnica, la genialità, il dominio della tastiera, il suo tocco inconfondibile e la sua grande passione, che gli permisero di superare il suo handicap ed i suoi limiti fisici.
Leggi anche:
- Osteogenesi imperfetta (malattia delle ossa di cristallo): cause, sintomi e cure
- Il mio mito è invece Django Reinhardt
- Il mio mito è invece Alan Turing
- Il mio mito è invece Albert Bruce Sabin
- Il mio mito è invece Giuseppe Moscati
- Il mio mito è invece Ignác Fülöp Semmelweis
- Il mio mito è invece Frederick Treves
- Ero triste perché non avevo scarpe…
- Il cardiochirurgo stremato dopo un trapianto cardiaco durato 23 ore
Lo staff di Medicina OnLine
Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!