
Foto: Max Ortiz Catalan
Una mano robotica impiantata permanentemente e utilizzabile nella vita quotidiana. Una vera e propria rivoluzione nel mondo della chirurgia robotica. A riuscire nell’impresa è stato un team di ricercatori internazionale, che ha eseguito per la prima volta al mondo l’intervento su una donna svedese di 45 anni, a cui era stata amputata la mano destra nel 2002.
La mano robotica è stata realizzata grazie al progetto europeo DeTop, coordinato da Christian Cipriani dell’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, mentre l’impianto è stato sviluppato in Svezia dal team di ricercatori guidato da Max Ortiz Catalan della Chalmers University of Technology. L’intervento, invece, è stato eseguito a Gothenburg, nello Sahlgrenska University Hospital da due chirurghi, Richard Brånemark e Paolo Sassu. La protesi consiste in impianti di titanio che fungono da ponte tra le ossa dell’avambraccio (ulna e radio) e le terminazioni nervose da un lato e la mano robotica dall’altro. Da qui, grazie a 16 elettrodi inseriti direttamente nei muscoli, è stato possibile stabilire il diretto collegamento tra la protesi e il sistema nervoso della donna, che potrà così controllare in modo molto efficace la mano robotica, ristabilendo anche il senso del tatto.
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Finora alcune delle mani robotiche sviluppate si basavano su elettrodi superficiali, ovvero posizionati sulla pelle per ricevere i segnali di controllo dai muscoli. Tuttavia, questi fornivano segnali limitati, che consentivano solo il controllo di un paio di movimenti: l’apertura e la chiusura della mano. Anche il senso del tatto era finora piuttosto limitato: i pazienti, infatti, erano costretti a monitorare la mano tramite la vista, non sapendo perciò con quanta forza afferrare un oggetto, o quando la mano entrava in contatto con qualcosa. Ora, impiantando gli elettrodi direttamente nei nervi, i ricercatori sono riusciti a stimolarli elettricamente in una modalità molto simile a quanto succede con le normali informazioni che vengono trasmesse da una mano naturale. Ciò, precisano i ricercatori, comporta che il paziente percepisca le sensazioni originate dalla nuova mano robotica, poiché è dotata di sensori che guidano la stimolazione del nervo e forniscono queste sensazioni.
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Uno degli aspetti più importanti di questo lavoro è che questa è la prima tecnologia utilizzabile nella vita quotidiana e non è, quindi, limitata a un laboratorio di ricerca. “Nell’ultimo decennio sono state sviluppate diverse tecnologie, ma sfortunatamente sono rimaste come concetti di ricerca utilizzati solo per brevi periodi di tempo in ambienti controllati”, ha spiegato Ortiz Catalan. “L’innovazione della nostra tecnologia consiste nel permettere ai pazienti di utilizzare le interfacce neuromuscolari impiantate per controllare la loro protesi mentre percepiscono le sensazioni del tatto, fondamentali nella loro vita quotidiana”.
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Ora, la paziente sta seguendo un programma di riabilitazioneper recuperare la forza delle ossa e dei muscoli dell’avambraccio indeboliti dopo l’amputazione. Parallelamente, sta anche imparando a controllare la mano robotica usando la realtà virtuale, e, come hanno previsto i ricercatori, nel giro di poco tempo potrebbe già tornare a usare la sua nuova mano nelle attività quotidiano. “Grazie a questa interfaccia uomo-macchina così accurata e grazie alla destrezza e al grado di sensibilità della mano artificiale, ci aspettiamo che nel giro dei prossimi mesi la donna riacquisisca funzionalità motorie e percettive molto simili a quelle di una mano naturale”, ha precisato Cipriani. Ora, i ricercatori stanno già lavorando ad altri interventi in Italia e in Svezia, dove due pazienti verranno impiantati con questa nuova generazione di mani robotiche nei prossimi mesi.
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