Costruisci i tuoi organi con la stampante 3D

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO OSPEDALE ANAMNESI ESAME OBIETTIVO SEMEIOTICA FONENDOSCOPIO ESAME (2)E se vi dicessi che, se vi servisse un polmone di ricambio (magari per sostituire uno rovinato da anni di fumo di sigaretta), tra non molto ve lo potrete stampare da soli, a casa vostra? Può sembrare un’idea bizzarra e – a detta di alcuni – eticamente discutibile, ma si sta realizzando: con le stampanti 3D si potranno costruire organi umani da trapiantare. E non parlo certo di riproduzioni in plastica di un organo: parlo di un vero organo, perfetto da un busto di vista sia morfologico che funzionale, “stampato” da un macchinario che, col tempo, diverrà sempre più economico e di largo consumo. Certo, ci vorranno anni, ma i primi esperimenti sono già una realtà. Alcune aziende americane ci stanno lavorando : una start-up californiana, la Organovo, ha già “stampato” un piccolo frammento di fegato che misura quattro x quattro x un millimetro: il procedimento richiede 45 minuti di tempo e altri due giorni perché le cellule possano crescere e maturare. Per anni i ricercatori hanno tentato di costruire tessuti in laboratorio per creare lembi di pelle, vasi sanguigni, ureteri, ma fabbricare un organo è molto più complicato: occorre avere un supporto su cui far crescere simultaneamente diversi tipi di cellule. Con la stampante 3D sarebbe molto più facile perché si possono collocare le cellule giuste al posto giusto.

Inchiostro biologico

Ecco come funziona. I ricercatori dapprima coltivano cellule umane, che provengono da biopsie, oppure cellule staminali sulle cosiddette capsule di Petri (che contengono un terreno di coltura) in modo che si moltiplichino. Ottengono così una sorta di “inchiostro biologico” con cui viene “caricata “ la stampante: quest’ultima è programmata per distribuire diversi tipi di cellule nelle tre dimensioni . Il procedimento non è difficile, assicurano gli esperti: l’unico problema è rappresentato dal fatto che si usa materiale biologico, ben diverso, per esempio, dalla plastica che non muore se si lascia all’aria aperta anche per un po’ di tempo. «Non penso che sarà possibile produrre organi da trapianto se non fra alcuni anni o forse decadi – ha commentato Anthony Atala, direttore del Wake Forest Institute of Regenerative medicine di Winston-Salem (North Carolina) e uno dei pionieri della ingegnerizzazione dei tessuti -. Ma credo che il prossimo passo sarà quello di stampare lembi di tessuto che servano per riparare un fegato o altri organi che hanno subito un danno». A quest’ultimo proposito gli studi clinici potrebbero cominciare entro cinque anni.

Microchip

Intanto il governo americano ha già finanziato un progetto chiamato “body on a chip” (il corpo su un chip) che ha l’obiettivo di produrre campioni di tessuto con le stesse caratteristiche di quello del cuore o del polmone o di altri organi e di utilizzarli nella sperimentazione di farmaci, in sostituzione degli animali da esperimento. Una volta ottenuti, infatti, questi campioni sono collocati su un microchip e messi in contatto con un sostituto del sangue che li tiene in vita: così i ricercatori possono valutare gli effetti dei trattamenti su specifici tessuti umani (e non animali). Questa nuova tecnologia che in futuro potrebbe aiutare a risolvere il problema della scarsità di organi da trapianto, pone però una serie di questioni tecniche che andranno risolte (per esempio chi assicura la qualità del prodotto? ) e anche interrogativi etici. È probabile, per esempio, che sarà molto costosa e quindi accessibile soltanto ha chi ha possibilità economiche.

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