Il disastro del Moby Prince che causò 140 morti tra cui due bambine

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In seguito all’urto, il traghetto si ritrovò circondato da circa 300 tonnellate di greggio che scatenò un terrificante incendio, il quale non diede scampo alle 140 persone che erano a bordo. Ci fu un unico sopravvissuto: il giovane mozzo napoletano Alessio Bertrand. Nel rogo morirono anche Angelo Canu (di 28 anni), sua moglie Alessandra Giglio (di 26 anni) e le sue due figlie, Sara di 5 anni e Ilenia di appena 12 mesi di vita.

Angelo Canu era una guardia carceraria a Pisa ed era partito con sua moglie e le due figlie per presentare le bimbe al loro nonno, residente a Burgos (In provincia di Sassari, Sardegna), che era il paese nativo di Angelo. Purtroppo la famiglia non arrivò mai a destinazione. Insieme al corpo di Alessandra è stata trovata una videocamera contenente un nastro, chiamato oggi “Video Canu“, con un filmato realizzato da Angelo, che mostra la famiglia al completo al momento della partenza del traghetto.

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Il 28 maggio 1998 la Moby Prince, che fino ad allora era rimasta ormeggiata nel porto di Livorno sotto sequestro, affondò. Successivamente recuperata, fu poi demolita in Turchia. Ad oggi, in termini di perdita di vite umane, è considerata la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra.

Le indagini sulle cause della tragedia sono state lunghe e laboriose. Un aspetto più volte indicato come possibile causa dello scontro fu quello dell’errore umano da parte dell’equipaggio del traghetto, a cominciare dal comandante Ugo Chessa. Sul “banco degli imputati”, anche i soccorsi, che tardarono in maniera decisiva negli interventi che avrebbero dovuto salvare i passeggeri del Moby Prince.

Ad oggi, dopo 33 anni esatti, come per tanti fatti di cronaca italiani, le responsabilità esatte della tragedia non sono ancora state accertate.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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