Il Gran Premio di San Marino 1989 fu la seconda gara della stagione 1989, disputata il 23 aprile sul Circuito di Imola; venne vinto dal grande Ayrton Senna su McLaren Honda che partiva dalla pole, seguito dal compagno di squadra Alain Prost, che in griglia partiva da secondo, e dall’italiano Alessandro Nannini su Benetton Ford Cosworth che partiva col settimo tempo di qualifica. Nigel Mansell sulla Ferrari, che partiva terzo, si ritirò al 23 giro per problemi al cambio.
Quel GP però viene da molti ricordato per il terribile – e letteralmente pirotecnico – incidente capitato all’altro ferrarista, l’austriaco Gerhard Berger, alla tristemente nota curva Tamburello: a causa di un cedimento meccanico la sua Ferrari finì a muro a 290 km/h e prese drammaticamente fuoco facendo presagire il peggio.
L’incidente ed i soccorsi
L’austriaco partiva col quinto tempo di qualifica e sembrava lo aspettasse una bella gara, ma all’inizio del quarto giro di gara, mentre si trova in quarta posizione dietro all’italiano Riccardo Patrese (partito in quarta posizione con la Williams Renault) la 640 di Berger perde improvvisamente l’alettone anteriore. La sua vettura, diventata incontrollabile, si schianta contro il muro esterno del Tamburello, con una dinamica molto simile a quella del tragico incidente di Senna che avverrà cinque anni dopo, il primo maggio 1994. La Ferrari prende fuoco quasi immediatamente: il radiatore ha sfondato i serbatoi disposti lateralmente. Le efficienti squadre antincendio composte dagli eroici “Leoni” della CEA intervengono con le Alfa 75 rosse in meno di 15″ salvando la vita al pilota austriaco. 15 secondi che sembrarono un’eternità a quanti assistevano alla corsa, tra cui il sottoscritto, perché si vedeva un’auto completamente avvolta dalle fiamme e nessuna reazione da parte del pilota. Berger resta esposto alle fiamme per 23″ in tutto e dopo 30″ arrivano anche i soccorsi medici. In totale alla squadra CEA bastarono appena 8 secondi circa per spegnere l’incendio ed aiutare l’austriaco ad uscire dalla vettura: ancora oggi, a distanza di anni, quell’episodio è universalmente riconosciuto come esempio di grandissima efficienza da parte degli uomini della sicurezza di un GP.
La gara sospesa
La gara fu sospesa e si decise di organizzare una nuova procedura di partenza, disputando poi altri 55 giri oltre ai 3 già percorsi e stilando la classifica finale in base ai risultati complessivi. Per la cronaca, al secondo via Prost scattò meglio del compagno di squadra, ma questi lo sopravanzò alla Tosa, nonostante i due avessero stabilito di non superarsi tra loro in quella curva nel corso del primo passaggio: a fine gara il francese criticò aspramente Senna per la manovra, che diede inizio ad un’aperta rivalità tra i due. Il brasiliano condusse senza problemi fino al traguardo, precedendo il suo compagno di squadra; Nannini approfittò dei ritiri di Mansell e Patrese per conquistare il terzo gradino del podio, mentre i piazzamenti a punti andarono a Boutsen, Warwick e Palmer.
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Conseguenze sul pilota e le indagini di Maranello
Gerard Berger, a causa della frattura a una costa e alla scapola ma soprattutto per le ustioni alle mani, dovrà saltare la gara di Montecarlo. Per la sua sostituzione in vista del GP del Messico del 28 maggio si preparava Larini ma Berger riuscirà a recuperare quasi miracolosamente e tornerà in pista in tempi record all’Autodromo Hermanos Rodriguez di Città del Messico, appena un mese e cinque giorni dopo l’incidente.
Per una settimana alla Ferrari avevano cercato inutilmente il pezzo di musetto che si era staccato dalla vettura. Approfittando della confusione un tifoso lo aveva sottratto ai commissari ma poi aveva anche provveduto a inviare la documentazione fotografica del reperto, la quale confermava il cedimento strutturale di questo particolare, probabilmente dovuto a microfratture delle fibre di carbonio, causate forse da alcune uscite di pista del pilota austriaco durante le prove. Si sarebbe rotto dapprima lo spoiler anteriore sinistro e in un secondo momento il musetto. In seguito questo punto critico verrà adeguatamente irrobustito. L’incendio successe anche perché all’epoca si ammettevano serbatoi di carburante anche esterni, che però da quell’incidente in poi furono vietati dal regolamento.
Il ritorno in pista ed il resto della stagione
Dopo aver saltato solo il successivo Gran Premio a Montecarlo, come già prima accennato Berger si ripresentò al Gran Premio del Messico, ma il prosieguo della stagione fu caratterizzato da continui ritiri, complici le innumerevoli rotture del cambio semi-automatico. A luglio, intanto, venne ufficializzato il passaggio del pilota alla McLaren nel 1990, con un contratto triennale dal valore superiore ai trenta milioni di dollari. Durante la stagione l’austriaco ebbe anche modo di protestare contro la sua scuderia, accusandola di privilegiare il suo compagno di squadra. Solo al Gran Premio d’Italia poi Berger riuscì a realizzare i primi punti con un secondo posto, vincendo poi la successiva gara in Portogallo e concludendo ancora secondo in Spagna. Terminò la stagione con 21 punti, in settima posizione.
Impossibile spostare la curva
Alcuni anni fa il pilota austriaco ha raccontato un aneddoto riguardante le settimane seguenti al suo incidente della curva del Tamburello nel 1989.
“Dopo il mio incidente con la Ferrari, che avvenne proprio al Tamburello, Ayrton mi chiamò e decidemmo di andare a fare un sopralluogo in quella curva, per vedere se poteva essere modificata data la sua pericolosità. Nel corso dei test successivi alla mia dimissione dall’ospedale andammo insieme a vedere il Tamburello, ma constatammo che sarebbe stato impossibile spostare la curva, perché a pochi metri dal muro scorreva il fiume Santerno. Allora non pensammo di proporre una chicane, che invece oggi ha sostituito il vecchio layout della pista. Oggi però siamo qui a ricordare Ayrton. Ricordiamolo sempre“.
I due incidenti (di Berger e di Senna) sono effettivamente simili. L’austriaco però ebbe la fortuna di uscire in un punto dove il muro seguiva la stessa piega della pista: in questo modo la vettura andò a sbattere quasi lateralmente. Nel 1994 Ayrton Senna andò purtroppo fuori strada più avanti, poco dopo la “divisione” del muro: in quel punto la protezione era più “dritta” e la Williams picchió più frontalmente. Con le conseguenze che sappiamo. La differenza tra la vita e la morte – specie per un pilota di F1 – a volte è una questione di pochi centimetri.
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