Niki Lauda, l’incidente, il rogo, le ustioni e la rinascita di un grande campione

Gimondi aveva appena vinto il 59° Giro d’Italia, la guerra in Vietnam era finita da poco ed alle 14.31 del 1° agosto del 1976 il mondo delle corse è cambiato per sempre: il calvario dell’austriaco Niki Lauda avrebbe contribuito a rendere la Formula 1 di oggi ciò che è, più sicura e rispettosa della vita dei piloti.

Inferno Verde

Al Nurburgring, ove decine di piloti avevano già perso la vita, si correva il 10° round stagionale della F1 e Lauda, campione in carica, arrivava al Ring da leader della classifica generale con 6 gran premi ancora da disputare. Poco prima della corsa la pioggia aveva reso i 22,835 km della Nordschleife insidiosi e il viennese nel briefing prima della gara aveva proposto alla direzione di annullare la gara ma la maggior parte dei piloti la pensava diversamente e lo start si tenne regolarmente.

L’incidente

Poi, alle 14.31, il dramma: la Ferrari 312 T2 esce di strada al Bergwerk e dopo pochi secondi la monposto viene colpita dalle vetture di Vertl e Lunger. La macchina di Lauda è avvolta dalle fiamme e dopo pochi interminabili istanti Arturo Merzario accorre per estrarre il corpo dalla Ferrari mentre Ertl lo protegge con un estintore. Lauda è ancora cosciente e scambia alcune parole con il suo salvatore: “Arturo il mio viso com’è?” chiese il ferito mentre veniva adagiato sull’erba. L’ambulanza arrivò ben 10 minuti dopo l’incidente nonostante si trovasse a soli 500 metri dal punto dell’impatto, poi il trasporto in elicottero all’ospedale di Adenau: Lauda viene ricoverato alle 15.10 ma dopo un’ora viene deciso di trasportarlo a Ludwigshafen, meglio attrezzato per la cure delle ustioni.

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La guarigione

Alle 17.30 il primo bollettino: uno zigomo fratturato, ustioni di primo grado alle mani e di terzo grado al volto. Le condizioni di Lauda sono talmente gravi che si decide di trasferirlo in un terzo ospedale, a Mannheim, dove i medici capiscono che il vero problema sono le esalazioni dei gas infuocati respirati dal pilota. Al campione, nel frattempo raggiunto dalla moglie (“Se Niki sopravviverà gli chiederò di non correre più” disse ai giornalisti), viene anche diagnosticata una frattura al torace ma nonostante i medici non sciolgano la prognosi non è in fin di vita e viene posto sotto una tenda a ossigeno. Ma la guarigione sarà “lunga, molto lunga” e al termine di quella drammatica giornata il pool dell’ospedale non nascose al team Ferrari che forse Lauda non sarebbe mai più stato in grado di correre.

La rinascita di Monza

Il 12 settembre 1976, 42 due giorni dopo il rogo del Ring, Niki Lauda torna a correre e taglia al quarto posto il traguardo del GP di Monza anche se alla fine del mondiale il titolo va, per un solo punto, a James Hunt, ma Niki tornò a laurearsi campione del mondo la stagione successiva. Anche se non ha ancora ringraziato Arturo Merzario. La storia di questi eventi è narrata dal bel film “Rush” del 2013 di Ron Howard.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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