Prima di iniziare la lettura, per meglio comprendere l’argomento trattato, ti consigliamo di leggere: Libido, Es, Io, Super-Io e fasi psicosessuali del bambino: le teorie di Freud
La teoria di Erikson
Lo psicoanalista che, assieme a Sigmund Freud, ha avuto la maggiore influenza sullo studio dello sviluppo dell’essere umano è stato il tedesco Erik Erikson (Francoforte sul Meno, 15 giugno 1902 – Harwich, 12 maggio 1994). Erikson condivide la maggior parte degli assunti fondamentali di Freud, ma tra le loro teorie ci sono alcune differenze cruciali. Per prima cosa Erikson toglie l’accento alla centralità della pulsione sessuale e lo sposta invece su un graduale emergere del senso di identità, inoltre, pur essendo d’accordo con Freud sull’enorme importanza dei primi anni di vita, egli sostiene che, alla fine dell’adolescenza, l’identità non è completamente formata, ma continua attraverso ulteriori fasi evolutive nella vita adulta. Egli propone otto fasi, tre delle quali si raggiungono soltanto nell’età adulta (vedi immagine in alto). Secondo Erikson, la maturazione gioca un ruolo relativamente insignificante nella sequenza delle fasi. Molto più importanti sono le richieste culturali che, ad una determinata età, accomunano tutti, come aspettarsi che i bambini siano in grado di
controllare gli sfinteri intorno ai 2 anni o che apprendano capacità scolastiche a 6
o 7 anni, o che il giovane adulto instauri un rapporto intimo. Ognuna delle fasi di Erikson è imperniata su un dilemma particolare, un particolare compito sociale, ragione per cui, anziché psicosessuali, le ha chiamate fasi psicosociali.
La tabella che vedete raffigurata nell’immagine in alto nell’articolo, vi farà prendere familiarità con i termini e le descrizioni di queste otto fasi. Quattro di queste sono state al centro della più grande quantità di teorizzazioni e ricerche:
- la fiducia durante il periodo infantile;
- l’identità nell’adolescenza;
- l’intimità nel periodo iniziale dell’età adulta;
- la generatività nel periodo centrale dell’età adulta.
Erikson crede che il comportamento della persona che principalmente si prende cura del bambino (di solito la madre) sia critico per l’affermazione di un senso di fiducia di base e quindi, per una risoluzione positiva di questo compito, il genitore deve essere affettuoso in maniera costante e rispondere al bambino in modo prevedibile e affidabile. Quei bambini che nei primi mesi di vita avranno ricevuto cure irregolari o inadeguate svilupperanno probabilmente un senso di sfiducia. In entrambi i casi, il bambino porterà con sé questo aspetto dell’identità di base durante tutto lo sviluppo e questo influenzerà la risoluzione dei compiti successivi. Questa concettualizzazione ha avuto grande influenza su John Bowlby, che ricornpose il dilemma fiducia/sfiducia in termini di processo di attaccamento. Il pensiero di Bowlby, a sua volta, ha stimolato una quantità di ricerche ricche e avvincenti sull’attaccamento iniziale e sulle sue conseguenze nella vita futura del bambino.
Anche la descrizione che Erikson fa del dilemma fondamentale dell’adolescenza fra identità e confusione dei ruoli è stata enormemente influente. Egli sostiene che ogni adolescente, allo scopo di raggiungere una identità matura, sia sessuale che professionale, deve riesaminare la propria identità e i ruoli che deve ricoprire, deve,
cioè, raggiungere una reintegrazione del senso di sé, di ciò che vuole fare ed essere e del suo ruolo sessuale appropriato. Il rischio è quello della confusione dei ruoli, derivante dalla grande quantità di ruoli che il ragazzo si trova di fronte.
Nella fase successiva, che Erikson chiama della intimità in contrapposizione all’isolamento, il giovane adulto comincia a costruire sull’identità formata nell’adolescenza. Erikson definisce l’intimità come «la capacità di fondere la propria identità con quella di qualcun altro senza paura di perdere qualcosa di se stessi». Una implicazione di questa definizione è che – se Erikson ha ragione – l’intimità non può essere raggiunta se il giovane non ha raggiunto con successo una identità ben definita
o comunque non prima che ciò sia avvenuto.
Il compito chiave del periodo centrale dell’ età adulta è la generatività (cui si contrappone la stagnazione), il senso di passare il testimone in qualche modo alla nuova
generazione, di contribuire con la propria energia, le proprie idee, i frutti del proprio lavoro, alla società in generale. Crescere i figli è certamente un modo di raggiungere un tale senso di generatività, ma non è affatto l’unico, anche lo svolgere un lavoro creativo, il rendersi utile nella società, il consigliare i colleghi più giovani, sono tutte attività che possono aiutare a raggiungere questo obiettivo. L’adulto che fallisce in questo compito, che pensa cioè solo a se stesso e non «genera», può provare un senso di stagnazione.
Critica alle teorie psicoanalitiche
Il solo fatto che le teorie psicoanalitiche di Freud ed Erikson abbiano resistito per così tanti decenni è indice dell’ enorme attrazione che questo approccio ha suscitato. Il concetto di motivazioni inconsce è stato profondamente importante e possiamo osservare le sue tracce nelle attuali teorie che mettono l’accento sui modelli interni. Freud ed Erikson hanno anche focalizzato la nostra attenzione sull’importanza del rapporto che il bambino ha con chi si prende cura di lui per la formazione dei modelli interni, degli schemi, delle abitudini e della personalità. Allo stesso tempo, mettendo in evidenza che il bambino che affronta questa esperienza deve realizzare determinati compiti, i teorici della psicoanalisi danno rilievo alla natura transazionale del processo evolutivo. Il bambino non subisce passivamente l’influenza familiare, ma entra piuttosto nel sistema con bisogni e compiti propri. Questo è un elemento particolarmente interessante, perché molte delle nostre attuali ricerche ci stanno orientando in modo sempre più convincente proprio verso una tale concettualizzazione transazionale. Il rovescio della medaglia mostra diversi punti deboli significativi. Sia le teorie di Freud che quelle di Erikson si basavano più sulle osservazioni cliniche che sulla ricerca sistematica. Nel caso di Freud, i soggetti delle sue osservazioni erano i pazienti che aveva in terapia e questo lo portò probabilmente a dare grande risalto ai processi patologici e negativi. Questa critica, comunque, non è altrettanto valida per la teoria di Erikson, che dà rilievo sia agli adattamenti sani e costruttivi che a quelli negativi.
Continua la lettura con: Jean Piaget e la teoria dello sviluppo cognitivo: schema, assimilazione, accomodamento, equilibrazione
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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