La funzione dell’imene è ancora oggi, non esattamente chiarita; probabilmente è legata alla necessità, per l’uomo preistorico, di essere certi che la prole sia davvero propria e non di un altro uomo.
Dire a cosa serve l’imene ci costringe a parlare dell’evoluzione sessuale della nostra specie. Le strategie sessuali che oggi utilizziamo sono il frutto delle pressioni della selezione naturale anche se le nostre condizioni attuali sono molto differenti da quelle in cui queste strategie si svilupparono. I nostri antenati si procuravano frutta e verdure raccogliendole e la carne andando a caccia, mentre oggi ci procuriamo il cibo andando al ristorante o al supermercato. Ma se le condizioni in cui avviene l’accoppiamento sessuale differiscono da quelle primitive, le strategie sessuali sono le stesse e operano con la stessa forza irrefrenabile. La psicologia dell’accoppiamento che abbiamo sviluppato durante l’evoluzione resta la stessa: la differenza sta che la applichiamo in un contesto moderno. In parole semplici, le caratteristiche e strategie sessuali di cui siamo dotati erano state progettate per un mondo che non esiste più, però le possediamo ancora, sia a livello anatomico che dell’istinto. L’imene è solo apparentemente un carattere anti-darwiniano, un ostacolo all’accoppiamento: la verginità e il pudore sessuale hanno misteriosamente contribuito a migliorare la nostra efficienza riproduttiva se sono arrivati sino a noi se visti in una dimensione socio-biologica. Solo coloro che sono riusciti a trovare un partner e a mantenerlo, a riprodursi con lui, ad accudire alla prole, sono diventati nostri antenati: del codice genetico di tutti gli altri, i “perdenti” nella sfida dell’accoppiamento, si sono perse le tracce. Se la verginità fosse stata un ostacolo alla riproduzione sarebbe sparita rapidamente a causa delle leggi ferree della selezione sessuale: se l’imene è rimasto fino ad oggi è perché la sua presenza è in qualche modo un vantaggio, una sorta di attrattiva per l’uomo. Ma perché l’uomo dovrebbe essere attratto dalla verginità della donna?
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Verginità come indicatore di prole “propria”
I nostri progenitori svilupparono meccanismi per percepire gli indicatori del valore riproduttivo nascosto delle donne: tali valori sono stati plasmati da milioni d’anni d’evoluzione dell’essere umano, tempo che ha deciso quali indicatori fossero davvero “validi”. Allora, perché l’imene e la verginità hanno superato questa scrematura arrivando fino ai giorni nostri come indicatori positivi? Gli studi antropologici elencano quali sono le caratteristiche femminili che attraggono gli uomini adulti: la giovinezza, la bellezza fisica, la linea del corpo, la simmetria del corpo sano. La verginità non solo non è visibile, ma inteoria non sembrerebbe una caratteristica desiderabile, almeno non direttamente, ma l’evoluzione ha prodotto una particolarità riproduttiva unica tra tutti i primati: la segreta ovulazione femminile, che nasconde lo stato riproduttivo, vale a dire la perdita dell’estro. I nostri antenati maschi si ritrovarono ad affrontare un problema unico nel suo genere: come essere sicuri della paternità se l’ovulazione è nascosta? Il matrimonio fornisce una (parziale) soluzione: i maschi che si sposavano ne avrebbero tratto un vantaggio sul piano riproduttivo rispetto agli altri, aumentando considerevolmente possibilità di una paternità sicura. Piccola precisazione: “aumentandola”, ma non assicurandola al 100%. “Mater semper certa, pater incertus”, cioè è sempre certo chi sia la madre, non chi sia il padre, anche se si è sposati ed anzi se oggi il test del DNA fosse obbligatorio per tutti i figli, ne vedremmo delle belle… Il passaggio all’organizzazione famigliare e alla coppia matrimoniale stabile, a partire dalla promiscuità sessuale dell’orda, non è stato né rapido, né facile. I rapporti ripetuti durante l’intero ciclo ovario danno ad un uomo maggiori probabilità che la donna partorisca un figlio suo. La fedeltà è rinforzata sia dai vincoli sociali, famigliari che dai membri della coppia e – soprattutto in passato – era elevata al massimo con la relegazione della donna a elemento sociale di secondo piano, fatto che gli impediva un “libertinaggio” tipico invece della società attuale, dove la rivoluzione sessuale prima ed i social oggi, hanno ampliato il potere sessuale femminile e l’aumento dell’infedeltà femminile sdoganata in ogni dove come elemento di women’s empowerment.
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Dal caos al matrimonio, a cui la donna doveva arrivare con l’imene integro
In questa situazione dove il matrimonio aveva preso il posto del caos, la verginità (e quindi l’imene integro) diventava una caratteristica altamente desiderabile poiché garantiva che, al momento del primo rapporto subito dopo il matrimonio, la donna non era gravida di un possibile concorrente genetico; una piccola membrana ancora intera era lì a far da prova. Le donne, per le quali il primo rapporto completo fosse stato troppo “facile”, avrebbero potuto correre il rischio di essere abbandonate poiché l’uomo non poteva essere sicuro che quella gravidanza era basata sui propri geni e non su quelli di un estraneo. Da punto di vista dell’istino naturale maschile (lo stesso che si può notare anche tra gli animali) valeva la pena di attivare tutti i meccanismi di controllo famigliare e sociale, per evitare di investire risorse, soprattutto economiche, a favore di un figlio di un concorrente. L’evoluzione avrebbe agito, come per altre caratteristiche, sull’anatomia. E’ la stessa pressione evolutiva che ha portato all’evoluzione del clitoride e alla funzione orgasmica: entrambi apparentemente inutili alla procreazione, sono state selezionate per la loro valenza altamente seduttiva e di stabilizzazione delle relazioni. La fedeltà sessuale e la certezza della paternità sono in cima alla lista delle preferenze sessuali innate degli uomini. Oggi, sebbene nella cultura occidentale non si possa più pretendere la verginità ad ogni costo e che esistano specifici test del DNA per verificare che il proprio figlio sia davvero proprio, è certo che gli uomini tengano molto alla fedeltà, come fin dai tempi antichi, e l’imene è lì a ricordarcelo. La pillola potrebbe rendere questa preferenza non necessaria, ma la preferenza per la fedeltà permane inalterata: un uomo non riduce il suo desiderio che la moglie gli sia fedele solo perché prende la pillola! Lo stesso si può dire per la verginità: anche se questa secondo alcuni (e secondo un pensiero stra-femminista mainstream che sembra più odiare gli uomini, che difendere i diritti delle donne) non è più di moda, le vergini continuano ad avere un fascino speciale per moltissimi uomini. La cultura umana ha circa 12.000 anni, l’Homo Sapiens 400.000 almeno, i nostri antenati ominidi hanno più di quattro milioni d’anni. Questo significa che, prima di essere una specie culturale, l’uomo è stato lungamente una specie naturale e le conseguenze sono ampiamente visibili ancor oggi.
L’imene è presente anche in diversi animali. In particolare ne dispongono molti primati (come gli scimpanzé), i mammiferi marini, ma anche gli elefanti e le cavie.
L’imene integro è davvero indice di verginità?
Ma a questo punto, prima di chiudere, è lecito farsi una domanda: ma se l’imene è integro, è davvero così sicuro che la donna che lo possiede sia vergine? A tal proposito, leggete qui: E’ possibile essere vergini anche dopo essere state penetrate?
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine