Il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (Binge Eating Disorder) è un disturbo alimentare di tipo bulimico che si manifesta con episodi di assunzioni ricorrenti e protratte di cibo, associate alla sensazione di perdere il controllo dell’atto del mangiare, ma non seguite da manovre di eliminazione (induzione del vomito, assunzione di diuretici o lassativi) o di altri comportamenti compensatori (attività fisica sostenuta). La percentuale di incidenza della malattia non è nota, perché comprende anche la categoria degli obesi e di quel 30-40% di persone che si rivolgono al medico per problemi di sovrappeso. Si calcola tuttavia che il 3% della popolazione soffra di BED. Il disturbo colpisce maggiormente il sesso femminile, con un rapporto di 3 a 2 tra femmine e maschi. L’insorgenza del comportamento incontrollato avviene con maggior frequenza nella tarda adolescenza e dopo i 30 anni. Da questa età in poi, mantiene un andamento costante fino ai 55 anni, e poi si assiste ad una nuova risalita dell’andamento nell’adulto che ha superato questa età e nell’anziano. Uno dei motivi di interesse di questo disturbo è legato alla frequente associazione con l’obesità. I trattamenti di riduzione del peso basati su restrizioni dietetiche drastiche, ripetute e protratte, possono essere ritenuti una causa concorrente all’insorgenza del Disturbo da Alimentazione Incontrollata.
Sintomi e diagnosi
Questa malattia è caratterizzata da comportamenti ben precisi, che consentono poi anche di fare la sua diagnosi di certezza, tra cui gli episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata è caratterizzato dalla presenza di entrambi i seguenti elementi:
- assunzione in un periodo definito di tempo (di solito in circa 2 ore), di un quantitativo di cibo significativamente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un simile periodo di tempo ed in simili circostanze;
- sensazione di perdita del controllo sull’assunzione del cibo durante l’episodio, per esempio sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o di non riuscire a controllare la quantità ed il tipo di cibo che si sta introducendo.
Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati ad almeno 3 (o più) dei seguenti sintomi:
- mangiare molto più rapidamente del normale;
- mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni;
- mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati;
- mangiare da soli, a causa dell’imbarazzo per quanto si sta introducendo;
- sentirsi disgustati di se stessi, depressi, o molto in colpa per le abbuffate.
Inoltre:
- è presente marcato disagio per la propria alimentazione incontrollata;
- la condotta alimentare incontrollata si manifesta, in media, almeno per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi;
- l’alimentazione incontrollata non risulta associata all’uso regolare di condotte compensatorie inappropriate (uso di purganti, digiuno, eccessivo esercizio fisico) e non si manifesta esclusivamente in corso di anoressia nervosa o di bulimia nervosa.
In caso di uso frequente di condotte di eliminazione, il paziente presenta spesso il segno di Russell; per approfondire: Segno di Russell in anoressia e bulimia: cause ed interpretazione
La maggior frequenza dei disturbi psicologici e psichiatrici associati al disturbo da alimentazione incontrollata comprende i disturbi dell’Umore (depressione, mania, disturbo bipolare) nel 50% dei casi; seguono i disturbi d’ansia e quelli di personalità (Borderline, Istrionico, Antisociale, Narcisistico). I pazienti che soffrono di Disturbo da Alimentazione Incontrollata sono persone che, quando riescono a rivolgersi ad uno specialista, si presentano molto preoccupate per l’aumento di peso, vivono nell’afflizione di non poter controllare l’impulso di abbuffarsi (iperfagia) e, solitamente, sono motivate a recuperare lo stato di salute. L’assunzione di cibo avviene in maniera ricorrente durante l’arco della giornata, rapidamente e con frequenza diversa, soprattutto durante le ore in cui si soggiorna in casa od in ambienti di lavoro dove è presente il cibo. In genere, viene seguito un regime dietetico regolare “ai pasti” od una alimentazione ipocalorica, ma è negli intervalli tra i pasti che si manifestano le assunzioni incontrollate di cibo, anche perché spesso in questi momenti non si è a tavola con altri familiari. In molti pazienti le abbuffate si ripetono più volte nell’arco della giornata e vengono protratte per un paio d’ore o più. La quantità di alimenti ingeriti è di solito sottostimata; il senso di ripienezza frena l’ulteriore assunzione di cibo, e l’assenza di manovre eliminatorie o di altre modalità compensatorie determina un apporto calorico continuativo e non controllabile, con ripercussioni sul metabolismo e con rafforzamenti del disturbo: aumento di peso a volte consistente (dai 20 ai 30 kg in sei mesi), alterazioni gastrointestinali, continua secrezione di insulina ed alterazioni ormonali, ed i molteplici problemi connessi all’obesità.
Vergogna e sofferenza
Le persone in questione, quando presentano anche un quadro tipico di depressione, appaiono al colloquio con lo psicologo come molto sofferenti, piene di vergogna, si sentono goffe e brutte, anche se spesso fanno sembrare minime le loro condizioni all’ambiente familiare e sociale. Solitamente racchiuse in un ambiente carente dal punto di vista emozionale, presentano una insoddisfazione di fondo di natura depressiva, con tendenza a rimuginare su un senso di avvilimento, di privazione e vacuità, che solo il cibo sempre poter alleviare. L’aumento di peso allontana ancora di più questi pazienti dal raggiungere degli ideali tipici del nostro tempo, mentre il disagio e la sensazione di affaticamento allentano le relazioni sociali e favoriscono l’isolamento. L’ansia che nasce dalla sofferenza depressiva spesso innesca il bisogno di abbuffarsi, in parte per sedare ed in parte con lo scopo di una gratificazione temporanea: qualcosa che può placare un’angoscia o soddisfare un bisogno. Con il progredire del disturbo si rappresenta un quadro di rallentamento psicologico e motorio, abulia ed apatia (ridotta attenzione alla cura ed all’igiene personale, incostanza nel lavoro o nella scuola, inerzia fisica) e vari disturbi del sonno, come l’ipersonnia (dormire troppo) o l’insonnia con risveglio precoce. Inoltre, si evidenziano conflittualità relative alla sfera dell’autostima, aspetti di personalità dipendente da qualcosa o da qualcuno con autosvalutazione, risposte regressive ad esperienze frustranti. Carenze e privazioni affettive, eventi come lutti, separazioni, assente o compromessa gratificazione sessuale, possono essere causa del disturbo od aggravarlo.
Trattamento
Dal punto di vista terapeutico, il Disturbo da alimentazione incontrollata richiede, come tutti i disturbi del comportamento alimentare, un approccio multidisciplinare, cioè che coinvolga più persone specialiste in materia, quindi un lavoro di equipe tra internista, dietologo, psichiatra e psicologo. La terapia risulta efficace in un alta percentuale di casi trattati e la prognosi è migliore che per la bulimia nervosa. I pazienti risentono favorevolmente di una dieta che vada incontro alle proprie esigenze ed ai propri gusti alimentari, e che sia finalizzata alla rieducazione alimentare ed alla correzione dello squilibrio metabolico che si è creato col disturbo. Dal punto di vista psichiatrico, i pazienti possono essere favorevolmente trattati con farmaci antidepressivi (triciclici ed inibitori della ricaptazione della serotonina) ed ansiolitici (benzodiazepine). I farmaci attivi nel BED sono alcuni di quelli che si utilizzano anche nel trattamento della bulimia nervosa. Quelli capaci di ridurre la frequenza e l’intensità dell’alimentazione incontrollata, però, non promuovono nessun calo del peso negli obesi. Il topiramato, un farmaco antiepilettico che determina invece una riduzione del peso corporeo, è stato provato in alcuni studi nel trattamento della bulimia e del BED. Questo trattamento ha dimostrato buona tollerabilità e risultati significativi. In alcuni casi, può essere indicata una psicoterapia, singola o di gruppo. Il trattamento dell’obesità risente favorevolmente degli interventi di auto-aiuto guidato.
Quando l’abbuffata avviene di notte: Night Eating Disorder
Il Night Eating Disorder è un disturbo del comportamento alimentare di osservazione sempre crescente. Si tratta di un disturbo caratterizzato da episodi di abbuffate notturne o dal mangiare per alcune ore durante la notte. Non sono presenti manovre di eliminazione quali induzione del vomito, abuso di diuretici o lassativi, ed i soggetti sono in sovrappeso, od obesi anche in forma grave. Il comportamento compensatorio più tipico è quello di mangiare poco o nulla durante il giorno. Il disturbo può manifestarsi in maniera episodica, oppure essere continuativo. Si tratta di pazienti che presentano frequentemente anche un disturbo depressivo, spesso associato ad un disturbo di personalità. La malattia insorge spesso a seguito di eventi traumatici di perdita. I pazienti rispondono bene all’uso dei farmaci antidepressivi (triciclici ed inibitori della ricaptazione della serotonina) ed a terapie di appoggio psicologico.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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