La “Sindrome di Stoccolma” in psichiatria descrive uno un particolare stato di dipendenza psicologico-affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica. Chi è affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti avvenuti durante ad esempio un rapimento, prova un paradossale sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice. Il nome “Sindrome di Stoccolma” trae origine da un fatto realmente successo nei primi anni ’70.
La rapina in banca
La mattina del 23 agosto 1973, il trentaduenne Jan-Erik Olsson che vedete al centro nella foto in alto, dopo essere evaso dal carcere di Stoccolma (dove era detenuto per furto), tentò di rapina la sede della banca Sveriges Kredit Bank di Stoccolma. Olsson chiese e ottenne di essere raggiunto in banca dal suo amico ed ex compagno di cella, Clark Olofsson, di 26 anni. Il rapinatore prese in ostaggio tre donne ed un uomo:
- Elisabeth, 21 anni, cassiera e successivamente infermiera;
- Kristin, 23 anni, stenografa e successivamente assistente sociale;
- Brigitte, 31 anni, impiegata;
- Sven, 25 anni, impiegato.
La prigionia e la convivenza forzata dei quattro ostaggi e dei due rapinatori durò 131 ore all’interno di uno spazio ristretto, una specie di corridoio lungo 16 metri e largo meno di 4. Al termine del periodo di prigionia i malviventi si arresero e gli ostaggi furono rilasciati senza che fosse eseguita alcuna azione di forza e senza che nei loro confronti fosse stata posta in essere alcuna azione violenta da parte del sequestratore.
“Mi ha ridato la vita”
Questa vicenda conquistò le prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, non tanto per la rapina in sé, bensì per i fatti successi dopo di essa. Durante la prigionia, come risulterà in seguito dalle interviste psicologiche (fu il primo caso in cui si intervenne anche a livello psicologico su sequestrati), gli ostaggi hanno riferito di aver temuto più la polizia che non gli stessi sequestratori. Nel corso delle lunghe sedute psicologiche cui i sequestrati vennero sottoposti si manifestò un senso positivo verso i malviventi che “avevano ridato loro la vita” e verso i quali si sentivano in debito per la generosità dimostrata, dal momento che durante la prigionia “erano stati trattati bene”. Questi fatti vennero in seguito studiati in tutto il mondo fino a coniare il nome “Sindrome di Stoccolma”, ideato dallo psichiatra e criminologo svedese Nils Bejerot.
La celebre rapina al cinema
Le vicende della rapina alla Sveriges Kredit Bank sono narrate nel film del 2019 “Rapina a Stoccolma” diretto da Robert Budreau e interpretato da Ethan Hawke, Noomi Rapace e Mark Strong.
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