Carcinoma midollare della tiroide: calcitonina, prognosi, mortalità

MEDICINA ONLINE SURGERY SURGEON RECOVERY TAGLIO ANESTESIA GENERALE REGIONALE LOCALE EPIDURALE SPINALE SNC BISTURI PUNTI SUTURA COSCIENTE PROFONDA MINIMA ANSIOLISI ANESTHETIC AWARENESS WALLPAPER PICS PHOTO HD HI RES PICTURESIl carcinoma midollare della tiroide (CMT) è uno dei tumori tiroidei meno diffusi, di cui rappresenta circa il 5% dei casi. In Italia questa forma tumorale colpisce circa 200 individui ogni anno. Origina dalle cellule parafollicolari (cellule C) della tiroide che secernono calcitonina, un ormone coinvolto nel mantenimento delle concentrazioni di calcio nel sangue entro i valori fisiologici. In caso di proliferazione tumorale la calcitonina viene prodotta in eccesso, alterando questo equilibrio. Quando il carcinoma midollare coesiste con tumori della ghiandola paratiroide e della componente midollare delle ghiandole surrenali  (feocromocitoma), viene definita neoplasia endocrina multipla di tipo 2 (MEN2).

Diffusione

Il carcinoma midollare della tiroide è responsabile di circa il 5% di tutti i tumori della tiroide. Il picco di incidenza viene registrato nei soggetti di età compresa tra i 40 e 50 anni. Circa il 75-80% dei casi sono classificabili come sporadici, ovvero si verificano in pazienti che hanno un’anamnesi familiare negativa, pertanto non riconducibile a mutazioni.

Cause

Le cause di questo tipo di tumore, non sono ancora del tutto chiare, tuttavia sono noti alcuni fattori di rischio, tra cui varie condizioni e patologie:

  • sesso femminile;
  • età tra i 40 ed i 50 anni;
  • familiarità;
  • genetica;
  • esposizione prolungata a radiazioni ionizzanti (quelli di radiografia e TAC);
  • radioterapia;
  • somministrazione di iodio radioattivo;
  • patologie che interessano la tiroide.

Circa il 25% degli MTC sono di natura genetica, causata da una mutazione del proto-oncogene RET. Questa forma viene classificata come MRC familiare. Quando l’MTC si verifica senza cause genetiche viene definito MTC sporadico.

 

 

Genetica

Le mutazioni, cambiamenti a livello della sequenza genica, nel proto-oncogene RET – localizzato sul cromosoma 10- conducono all’espressione di una forma mutata della proteina recettrice tirosin-chinasca, chiamata RET (REarranged during Transfection, riorganizzate la transfezione). RET è coinvolta nella regolazione della crescita cellulare e lo sviluppo, la sua mutazione germinale è responsabile di quasi tutti i casi di carcinoma midollare della tiroidenatura ereditario o familiare. La sua mutazione germinale può essere responsabile anche dell’insorgenza dell’iperparatiroidismo e il feocromocitoma. A livello ereditario la mutazione RET del cancro midollare della tiroide viene ereditata (trasemmsa dai genitori alla progenie) come carattere autosomico dominante, nel senso che ogni bambino di un genitore affetto ha una probabilità del 50% di ereditare il proto-oncogene mutante RET da parte del genitore affetto. L’analisi del DNA (sia embionale che fetale o neonatale) consente di identificare i bambini con il gene mutante, la rimozione chirurgica della tiroide nei bambini col gene mutante è curativa se tutta la ghiandola tiroidea viene rimossa in età precoce, prima che evvenga la diffusione del tumore. I tumori delle paratiroidi e feocromocitomi vengono rimossi quando rappresentano la causa di sintomatologie cliniche. Il carcinoma midollare della tiroide o neoplasia endocrina multipla (MEN2) rappresentano circa il 25% di tutti i carcinomi midollari della tiroide. Il 75% dei carcinomi midollari della tiroide si verificano in soggetti senza una storia familiare riconducibile a mutazioni, pertanto a questi carcinomi viene assegnato il termine sporadico. Gli individui che sviluppano forme sporadiche del carcinoma midollare della tiroide tendono ad essere soggetti anziani con in corso altre forme di malattie. Circa il 25-60% dei carcinomi tiroidei midollari sporadici insorgono a seguito di una mutazione somatica (avviene all’interno di una singola cellula parafollicolare) del proto-oncogene RET. Questa mutazione si presume essere l’evento di apertura, anche se ci potrebbero essere altre cause ancora non identificate.

Sintomi

Come molti tipi di tumore tiroideo, anche il carcinoma midollare può rimanere asintomatico a lungo. Tra i segnali che possono sollevare un sospetto, vi sono:

  • nodulo nella parte anteriore del collo;
  • gonfiore in prossimità della gola;
  • raucedine;
  • mal di gola;
  • tosse;
  • difficoltà di deglutizione;
  • difficoltà a parlare;
  • difficoltà respiratorie.

L’esordio di un carcinoma midollare sporadico della tiroide è tipicamente quello di un nodulo tiroideo solitario, che in circa la metà dei casi si associa a linfoadenopatia latero-cervicale. Talvolta all’esordio sono riscontrabili sintomi correlati all’invasione locale del tumore oppure sintomi di tipo paraneoplastico dovuti alla produzione di polipeptidi e prostaglandine: arrossamento, diarrea e sindrome di Cushing.

Diagnosi

Dopo anamnesi ed esame obiettivo, in cui viene accertata la presenza di nodulo tiroideo, vengono effettuati varie analisi, tra cui:

  • esami di laboratorio con particolare attenzione agli ormoni tiroidei, TSH, TRH, anticorpi anti tireoglobulina e anti tireoperossidasi, cacitonina e CEA;
  • ecografia tiroidea;
  • agoaspirato con ago sottile: è indicato in presenza di un nodulo singolo o di un nodulo sospetto in un gozzo multinodulare. Il campione viene analizzato dal patologo e ciò permette di distinguere un nodulo benigno da uno maligno;
  • scintigrafia tiroidea;
  • misurazione dei livelli di calcitonina (marker specifico del carcinoma midollare della tiroide);
  • test genetici: il tumore può far parte di sindromi genetiche quali la sindrome neoplastica endocrina tipo 2 (MEN2);
  • TAC, RMN e PET/CT: consentono la stadiazione del tumore identificando le possibili sedi di diffusione della malattia e consentendo di progettare un eventuale intervento chirurgico.

La diagnosi di certezza è generalmente possibile solo con analisi citologica di materiale aspirato dal nodulo tiroideo.

Marcatori: calcitonina (CT) e antigene carcino-embrionario (CEA)

Il dosaggio della calcitonina (CT) può essere utile come marcatore che può essere dosato tramita analisi del sangue. L’aumento della concentrazione sierica di calcitonina non è nociva di per sé. Un secondo marcatore, l’antigene carcino-embrionario (CEA), prodotto anch’esso dal carcinoma midollare della tiroide, viene rilasciato nel sangue ed è utile come marker tumorale dosabile tramite test su siero sanguigno. In misura generale il CEA sierico è meno sensibile della calcitonina del siero per rilevare la presenza di un eventuale tumore, ma è utile come indicatore della massa tumorale. Il test di stimolo con pentagastrina è quello più utilizzato nella pratica clinica per stimolare la secrezione di CT e discriminare tra ipercalcitoninemie neoplastiche e non.

Metastasi

Questo carcinoma tende a metastatizzare in particolare al polmone, fegato e osso: metastasi sono riscontrabili in circa il 10 % dei casi.

Terapia

La terapia risolutiva è chirurgica. I pazienti con carcinoma midollare sia sporadico che ereditario prima dell’intervento chirurgico di tiroidectomia devono essere valutati per la presenza di un eventuale feocromocitoma mediante ecografia addominale e dosaggio di metanefrine o catecolamine urinarie. Anche la presenza di iperparatiroidismo primitivo deve essere esclusa mediante il dosaggio della calcemia e del paratormone. Lo staging pre-operatorio comprende inoltre l’ecografia della tiroide e del collo, con particolare attenzione alle catene linfonodali. Eventuali linfonodi sospetti devono essere sottoposte ad agoaspirato linfonodale con dosaggio della calcitonina. Indicata l’esecuzione di una Tac collo-torace-addome e della scintigrafia ossea per escludere la presenza di metastasi. Recentemente sono stati introdotti farmaci che funzionano inibendo sia la neoangiogenesi che la proliferazione tumorale, come il Vandetanib.

Follow up

Dopo il trattamento chirurgico per carcinoma midollare, deve essere instaurata una terapia sostitutiva con levo-tiroxina, mantenendo i livelli di TSH nell’ambito dei valori normali ed eseguire a distanza di almeno due mesi dalla terapia chirurgica, i dosaggi di CT: se i valori basali di CT risultano indosabili, l’accertamento deve essere completato mediante un test di stimolo con pentagastrina.

Sopravvivenza

La sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi oscilla tra il 60 ed il 70%. La maggior parte dei pazienti in cui la malattia è identificata precocemente con lo screening genetico presenta remissione clinica. Pazienti con valori di calcitonina indosabili basali e dopo stimolo con pentagastrina in due valutazioni dopo l’intervento chirurgico sono da considerare in remissione completa. Nei pazienti invece che dopo l’intervento chirurgico presentano persistenza di malattia biochimica per la presenza di valori dosabili di CT è necessario identificare la sede della malattia residua. Le tecniche di localizzazione tumorale includono la TC o la RMN per esplorare il collo, il torace e l’addome, l’ecografia del collo e dell’addome e la scintigrafia ossea. In mancanza di localizzazione, la strategia migliore è l’attesa e la rivalutazione a 6-12 mesi, senza nessun provvedimento terapeutico.

Può interessarti anche:

Leggi anche:

Lo Staff di Medicina OnLine

Se ti è piaciuto questo articolo e vuoi essere aggiornato sui nostri nuovi post, metti like alla nostra pagina Facebook o seguici su Twitter, su Instagram o su Pinterest, grazie!