Siete appena tornati da due settimane a New York e già state programmando un viaggio a Pechino? Avete appena pagato un biglietto per l’Indonesia e già vi state informando sui voli per il Messico? Vi sentite soffocare a stare sempre nello stesso posto ed avete una voglia irrefrenabile di viaggiare? Forse soffrite della sindrome di Wanderlust! Sembrerebbe la “malattia” più bella del mondo, ma non è esattamente così. Scopriamo di che si tratta.
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Il “gene del viaggio”
La parola tedesca “Wanderlust” (Wandern significa scalare e Lust vuole dire desiderio) può essere tradotta come “desiderio di vagabondare”. La sindrome di Wanderlust è appunto la condizione di chi non riesce a stare troppo fermo in un posto e ha una voglia fortissima di viaggiare. Ovviamente detta così, sembrerebbe che quasi tutti noi ne siamo affetti, dal momento che viaggiare è una cosa considerata piacevole da moltissimi individui, anche perché spesso l’idea di viaggio è associata al concetto di vacanza tanto caro a chi passa le giornate lavorando sodo. Chi soffre della sindrome di Wanderlust, tuttavia, ha qualcosa in più rispetto agli altri, ha il “gene di wanderlust“. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Evolution and Human Behaviour, ha individuato una sorta di “gene del viaggio”, ribattezzato appunto gene di wanderlust. Si tratta del recettore dopamina D4, che sarebbe il diretto responsabile della passione e dell’amore per tutto ciò che è esotico e sconosciuto. Pare che questo recettore non sia presente in tutti gli essere umani, ma è nel DNA del 20% della popolazione mondiale.
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La “sindrome del migrante”
Vari studi recenti sembrano poi curiosamente dimostrare come la maggior parte delle persone affette da questa sindrome, sia geograficamente collocabili in aree del mondo in cui storicamente i viaggi sono sempre stati necessari, come per esempio l’Africa. Come dire che il “gene del viaggio” appartenga soprattutto a popolazioni che durante la storia si sono spostate molto in varie arie geografiche per cercare zone più fertili e ricche di materie prime.
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Persone aperte alla novità ma forse insoddisfatte e compulsive
Secondo un altro studio finanziato dal National Geographic, l’identikit del wanderluster è ben caratterizzato: si tratta solitamente di una persona con le seguenti caratteristiche ricorrenti:
- aperta mentalmente;
- propensa ad affrontare rischi;
- propensa a provare cibi nuovi;
- elevata voglia di avere relazioni sociali nuove;
- propensa a ricercare avventure sessuali con vari partner, anche sconosciuti.
Tuttavia, secondo l’esperienza professionale mia e del nostro Staff, spesso il wanderluster è tale anche per una sorta di una perenne insoddisfazione personale, come se cercasse in posti diversi quello che non riesce a trovare nel suo posto abituale (amicizie, partner, stimoli dall’esterno…). Chi ha un fortissimo desiderio a viaggiare, spesso soffre un disagio anche nel rapportarsi alle persone che abitualmente lo circondano, mentre il viaggio gli permette di scappare da quelle maschere che è costretto ad indossare ogni giorno per sentirsi a proprio agio con gli altri. Inoltre spesso la sindrome di Wanderlust può essere una manifestazione di una personalità ossessiva compulsiva dal momento che il soggetto può avvertire un bisogno compulsivo di cercare nuove mete di trasferta, di organizzare il viaggio e di viaggiare, bisogno che – se non appagato – può dargli anche estremo disagio e frustrazione. Per approfondire, leggi anche questo articolo sul disturbo ossessivo-compulsivo.
Viaggio nel pericolo
Il wanderluster tipo è una donna tra i 20 ed i 40 anni e può arrivare ad essere ossessionato dal controllare costantemente i prezzi dei voli ed eventuali offerte di viaggio. Nei casi più gravi può arrivare a spendere nei viaggi più soldi di quelle che sono le sue reali possibilità (assumendo dei connotati collegabili ai soggetti maniaco depressivi).
Altro dato interessante che sembra collocare questa sindrome in una dipendenza comportamentale, è che il wanderluster più “fissato” prova un forte fastidio se non può partire (ha una sorta di sintomi di astinenza) ed ha bisogno di “aumentare la dose” con il passare del tempo, cioè ha bisogno di visitare posti sempre più esotici per essere appagato dal viaggio: questo lo porta a visitare posti sempre meno usuali e, quindi, mediamente più pericolosi, mettendo a rischio la propria vita in viaggi sempre più singolari. Se vi ritrovate in questa descrizione, potrebbe essere utile un approccio psichiatrico e psicoterapico del problema.
Se sei appassionato di viaggi e vuoi qualche consiglio sul tuo prossimo itinerario, vi consiglio questo splendido libro curato dal National Geographic: https://amzn.to/3C8kLDv
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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ecco, sono malata 😀