Con “agorafobia” (pronuncia “agorafobìa”, con l’accento sulla “i”) in psicologia e medicina si indica la sensazione di paura o grave disagio che un soggetto prova quando si ritrova in ampi spazi all’aperto o pubblici (specie se affollati) o comunque in ambienti che ritiene non familiari. Il soggetto che soffre di agorafobia viene definito “agorafobico” (pronuncia “agorafòbico”, con l’accento sulla seconda “o”). L’agorafobico, quando si ritrova in un ambiente che gli procura la fobia, temendo di non riuscire a controllare la situazione, necessita di trovare immediatamente una via di fuga immediata verso un luogo da lui reputato più sicuro: se ciò non avviene, l’agorafobico avverte una sensazione di ansia crescente che può sfociare in un attacco di panico o in uno svenimento. L’agorafobia è un tipo di disturbo ansioso. L’agorafobia è generalmente considerata in “antitesi” alla claustrofobia. Le due condizioni condividono i sintomi generali anche se motivati da diverse basi di partenza: nell’agorafobia il soggetto ha paura degli spazi aperti mentre nella claustrofobia – semplificando – ha invece paura dei posti chiusi.
Test per l’agorafobia
Esistono specifici test psicologici in grado di misurare la gravità dell’agorafobia e degli attacchi di panico. Un test molto usato per la valutazione dell’agorafobia sia da sola che in associazione con gli attacchi di panico, è il Panic and Agoraphobia Scale (PAS), utili al medico ed allo psicologo sia per la diagnosi che per monitorare l’andamento della gravità dei sintomi durante il trattamento. Il PAS contiene 13 domande (item) basate su una scala a cinque punti (da 0 a 4 dove zero indica la minore gravità e quattro la massima). Il totale del punteggio della scala indica la gravità del disturbo. Due o tre elementi contribuiscono a ciascuna delle cinque sottoscale, che coprono lo spettro dei cluster di sintomi dell’agorafobia:
- attacco di panico;
- evitamento agorafobico;
- ansia anticipatoria;
- disabilità;
- preoccupazioni per la salute.
Potete svolgere il test direttamente online a questo link: https://psychology-tools.com/test/pas
Rischi e conseguenze
La gravità dell’ansia e dei comportamenti evitanti sono variabili; l’agorafobia è una delle manifestazioni ansiose più distruttive per la vita del paziente, in quanto chi ne soffre spesso diventa completamente dipendente dalle mura domestiche, oppure è costretto ad uscire di casa solo quando è accompagnato. Nei casi più gravi il soggetto soffre di severa depressione ed ha pensieri suicidi. In assenza di una terapia, l’agorafobia può divenire cronica ed estremamente invalidante poiché interferisce con la socialità, le relazioni affettive e con la professione. L’agorafobia può portare il soggetto a vivere recluso in casa: ciò può sforare nella sindrome da Hikikomori. A tal proposito leggi: Sindrome di Hikikomori e dipendenza da internet: giovani sempre più colpiti
Terapia
Il trattamento prevede:
- la terapia espositiva;
- la psicoterapia;
- l’uso di psicofarmaci.
Terapia espositiva
La terapia espositiva “costringe” il paziente ad affrontare la situazione (o le situazioni) che gli genera l’attacco di fobia: il soggetto è invitato a parlare e/o scrivere ripetutamente del peggior evento traumatico che ha affrontato (o dei peggiori eventi), rivivendo nel dettaglio tutte le emozioni associate alla situazione. Attraverso questo processo molti pazienti subiscono un “abituarsi” alla risposta emotiva scatenata dalla memoria traumatica, che di conseguenza, col tempo, porta a una remissione dei sintomi della fobia quando la situazione si ripresenta nella realtà. La terapia espositiva – praticata per un periodo di tempo adeguato – secondo la nostra esperienza aiuta circa 9 pazienti su 10. Per approfondire, leggi questo articolo: Terapia espositiva: essere esposti alla propria fobia per superarla
Psicoterapia
La psicoterapia che ha mostrato fornire buoni risultati con l’agorafobia, è quella cognitivo comportamentale. La terapia cognitivo-comportamentale standard per il trattamento dell’agorafobia, oltre agli interventi comportamentali basati sull’esposizione situazionale, prevede una psicoeducazione iniziale e interventi cognitivi. All’interno della psicoterapia cognitivo-comportamentale, le tecniche di esposizione si sono dimostrate utili nel ridurre i comportamenti che alimentano l’ansia agorafobica (vedi paragrafo precedente). Recentemente sono state implementate strategie volte a incrementare la capacità dei soggetti di stare in contatto con l’attivazione ansiosa senza temerne le conseguenze catastrofiche. Favorendo l’accettazione e diminuendo il bisogno di controllo dei sintomi d’ansia.
Farmaci
Vengono usati farmaci ansiolitici e antidepressivi. Tra gli ansiolitici, le benzodiazepine (come il Valium) possono essere utili poiché generano un sollievo sintomatologico ansiolitico istantaneo, tuttavia tra gli effetti collaterali (se usate per lunghi periodi) ritroviamo il rischio di dipendenza da farmaco. Tra gli antidepressivi, particolarmente utili sono gli SSRI (Inibitori Selettivi del Reuptake della Serotonina). I farmaci generalmente funzionano bene per controllare la fobia, tuttavia, i sintomi dell’agorafobia tendono a ripresentarsi alla loro sospensione.
Curiosità
Un noto personaggio che soffriva di agorafobia è Alessandro Manzoni.
Continua la lettura con: Agorafobia: diffusione, sinonimi, cause, sintomi, caratteristiche e diagnosi
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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non sarò laureato in psicologia, ma scrivere determinate cose come “l’agorafobia é l’antitesi alla claustrofobia mi sembra un po’ esagerato, la claustrofobia é la paura degli spazi chiusi , certo, ma l’agorafobia non è solo la paura di spazi aperti o affollati, ma la paura di non trovarsi in una situazione sicura, come per esempio sui mezzi pubblici, (che sono al chiuso), oppure in una piazza con tanta gente, in una galleria, o tanto altro, tuttavia il pazienze in se, dovrebbe avere paura di trovarsi lontano da uno spazio, posto, persona, situazione, sicura.
Aggiungo che, creare ancora più ansia alle persone che soffrono di una determinata patologia, come per esempio me, dicendo che i sintomi dell’agorafobia o della claustrofobia possono portare ad avere attacchi di panico o svenimenti, non è il modo corretto per far stare tranquillo in pazienza.
1, perché penso che tutti gli psicologi sappiamo che un attacco di panico impedisce automaticamente uno svenimento.
Si può avere la sensazione di uno svenimento, certo, non é reale, e questo penso lei lo sappia.
durante l’attacco di panico nel corso si innesca l’adrenalina, accelerando così il battito cardiaco, e tutto ciò, non potrà portare ad uno svenimento, magari alla fine di ciò, quando una persona sta meglio, e l’attacco di panico é cessato e ci ha fatto esaurire le forze, potremo avere sintomi riconducibili allo svenimento e magari addirittura svenire, questo sì, però dovrebbe spiegarsi meglio, perché crea una certa agitazione se qualcuno leggesse certe cose