Con “fuga psicogena” o “fuga dissociativa” (precedentemente nota come “stato di fuga”; in inglese “dissociative fugue”, “fugue state” o “psychogenic fugue”) in medicina e psicologia si intende un improvviso, inaspettato allontanamento dal proprio ambiente, con incapacità di ricordare il proprio passato, confusione riguardo alla propria identità e possibile totale o parziale assunzione di una nuova personalità.
La fuga psicogena appartiene dei disturbi dissociativi insieme al disturbo dissociativo dell’identità (anche noto come “disturbo di personalità multipla”), all’amnesia dissociativa (anche nota come “amnesia psicogena”) ed al disturbo da depersonalizzazione-derealizzazione (che include il “disturbo da depersonalizzazione” ed il “disturbo da derealizzazione”). E’ più diffusa tra le donne.
La fuga psicogena “vera” è un evento estremamente raro: in alcuni casi una semplice “fuga” viene infatti mascherata dal paziente e presentata come fuga psicogena. Un episodio di fuga non è caratterizzato come attribuibile a un disturbo psichiatrico se può essere correlato all’ingestione di sostanze psicotrope, a un trauma fisico, a una condizione medica generale o a un disturbo dissociativo dell’identità, delirio o demenza.
La fuga psicogena deve essere distinta dalla “fuga epilettica”. A tal proposito leggi: Fuga epilettica: differenze con la fuga psicogena (dissociativa)
Cos’è la “dissociazione”?
La dissociazione è definita come un’alterazione delle funzioni integrate di coscienza, identità, memoria, percezione del sé.
Epidemiologia
L’amnesia psicogena ha una prevalenza che si stima essere dell’1,8% (1% negli uomini; 2,6% nelle donne), tuttavia si pensa che essa – come anche la fuga psicogena – sia in realtà sottodiagnosticata e che molti casi di breve fuga dissociativa o amnesia dissociativa (della durata di minuti o poche ore) accadano senza che il paziente si renda conto né ricordi nulla dell’accaduto.
Cause
La fuga dissociativa non ha cause del tutto chiare, tuttavia appare generalmente connessa ad esperienze traumatiche e spesso ripetute, come:
- disastri naturali (ad esempio terremoti o esplosione di una abitazione per una fuga di gas);
- assistere, subire o commettere un crimine violento come omicidio, stupro o tortura;
- tentare il suicidio o assisstere ad un suicidio;
- trovarsi in incidenti automobilistici gravi dove ad esempio altre persone hanno perso la vita o subito amputazioni;
- avere una diagnosi di malattia terminale (ad esempio tumore maligno al pancreas) o di malattia invalidante (ad esempio sclerosi multipla);
- guerre;
- genocidi;
- morte di una persona cara o di un animale domestico caro;
- seri problemi finanziari;
- gravi litigi con il partner;
- tremendi conflitti interiori di varia natura;
- violenze sessuali e domestiche;
- abusi ripetuti durante l’infanzia.
Tali esperienze drammatiche, spesso rimosse dal paziente, producono un disagio psichico prolungato che può portare ad uno stato di coscienza alterato dominato dalla volontà di sottrarsi al trauma e dimenticare ciò che è successo. A volte può residuare amnesia per gli eventi traumatici che spesso precedono e sono, quindi, in stretta relazione con l’insorgenza del quadro clinico. Spesso la fuga psicogena si correla ad un disturbo da stress post-traumatico con meccanismo di difesa che rimuove l’evento traumatico. Nella maggioranza dei casi la fuga psicogena si verifica in vittime di abusi sessuali infantili che imparano nel tempo a dissociare il ricordo dell’abuso subito (amnesia dissociativa). Molte fughe sembrano rappresentare il compimento di un desiderio mascherato o l’unico mezzo ammissibile di fuga da una situazione di grave sofferenza o di imbarazzo sociale, in particolare per le persone con una “coscienza rigida”. Ad esempio, un dirigente con problemi finanziari può abbandonare la sua vita frenetica di città, spostarsi in ruoli rurali e vivere da contadino in campagna.
Sintomi e caratteristiche
La fuga dissociativa è caratterizzata da:
- improvviso ed inaspettato allontanamento fisico dal proprio ambiente abituale;
- incapacità totale o parziale di ricordare il proprio passato;
- confusione riguardo alla propria identità;
- vagabondare senza una meta precisa in ambienti che non si conoscono;
- possibile totale o parziale assunzione di una nuova personalità e/o di una nuova identità.
I pazienti, dopo aver perso la loro abituale identità, lasciano la loro famiglia, la loro casa ed il loro lavoro improvvisamente, senza avvertire nessuno e senza alcun motivo apparente. I sintomi di una fuga dissociativa includono confusione mentale e, una volta terminata la fuga, possibile depressione, dolore, vergogna e disagio. Le persone hanno anche sperimentato una “rabbia post-fuga“. La fuga dissociativa comporta viaggi o vagabondaggi non pianificati e talvolta è accompagnata dalla creazione di una nuova identità totalmente falsa. Il paziente può dire agli altri di chiamarsi in un modo diverso e di svolgere una professione differente dalla reale, oltre ad avere in alcuni casi un carattere diverso a quello abituale (ad esempio diventare espansivo mentre prima della fuga era timido). Durante la fuga, i pazienti possono apparire e comportarsi normalmente o solo lievemente confusi, tuttavia, quando la fuga finisce, i pazienti riferiscono di ritrovarsi improvvisamente nella nuova situazione senza memoria di come sono arrivati lì o di quello che hanno fatto o con ricordi sbiaditi. Essi spesso, finita la fuga, provano vergogna, disagio, dolore e depressione. Alcuni sono spaventati, soprattutto se non riescono a ricordare quello che è successo durante la fuga. Queste manifestazioni possono portarli all’attenzione delle autorità mediche o legali. Dopo il recupero da uno stato di fuga, i ricordi precedenti di solito tornano intatti e non sono necessari ulteriori trattamenti, anche se il ricordare può essere un processo lungo e graduale. Una piccola minoranza non ricorda nulla o quasi nulla del suo passato per il resto della sua vita. Il paziente può “ritornare in sé” in modo autonomo o aver bisogno di una forte vicinanza di amici e parenti che lo stimolino a ricordare. Nei casi più gravi il soggetto ha bisogno di supporto psichiatrico. E’ interessante notare come – sebbene le informazioni dimenticate possano essere inaccessibili alla coscienza – continuino a volte a influenzare il comportamento del paziente durante la fuga dissociativa: ad esempio una donna che è stata violentata su un treno, può rifiutarsi di salire su un treno senza capire con esattezza il perché di tale rifiuto ostinato e sebbene non ricordi nulla della violenza precedentemente subita.
Durata
La durata dell’allontanamento è molto variabile: una fuga psicogena può infatti durare giorni, settimane, mesi o addirittura anni, tuttavia – nella maggioranza dei casi – ha una durata molto limitata nel tempo, risolvendosi usualmente nel giro di alcune ore o pochi giorni. Son stati descritti casi anche di molti mesi, con spostamenti anche di parecchi chilometri dal punto di partenza, in alcuni casi centinaia di km, percorsi a piedi, con mezzi di fortuna (ad esempio autostop) o con autobus o treni. In questi casi il soggetto spesso non si rende conto del tempo che è passato durante la fuga e può dire ad esempio: “ma come siamo a novembre? Ma se pochi giorni fa era carnevale?”.
Dromomania (poriomania)
La fuga psicogena è correlata alla cosiddetta “dromomania“, anche chiamata “poriomania“, cioè la tendenza nevrotica ossessiva a camminare senza una meta precisa, spesso per lunghi o lunghissimi tratti e per periodi prolungati. Può anche manifestarsi sotto forma di fughe improvvise. Il termine “dromomania” deriva dal greco δρόμος (dromos), “corsa”, e μανία (mania), “ossessione”, ossia “ossessione della corsa”. La dromomania è presente in alcuni soggetti affetti da anoressia nervosa, epilessia, depressione e schizofrenia. Il dromomane vede nel camminare in modo ossessivo un modo per liberare la propria mente da tutti i pensieri che lo affliggono, egli spesso rinuncia a molte cose per perseguire la sua mania e tende a vivere una vita isolata.
Diagnosi
Un medico può sospettare una fuga dissociativa quando il paziente viene trovato senza documenti, in un ambiente che non sembra essere il suo, con confusione sulla propria identità. In genere il paziente appare perplesso sul proprio passato e non riesce a descrivere con precisione quale sia la propria abitazione e dove siano i propri famigliari. In questi casi il medico deve comunque esaminare i sintomi riferiti dal paziente ed eseguire un esame fisico per escludere segni fisici che possono essere correlati a perdita di memoria, come ad esempio traumi alla testa. A volte la fuga dissociativa non può essere diagnosticata finché le persone non tornano alla loro identità precedente alla fuga e sono angosciate di trovarsi in circostanze non familiari, a volte con la consapevolezza del “tempo perso”. La diagnosi viene solitamente effettuata retroattivamente quando un medico esamina la storia e raccoglie informazioni che documentano le circostanze prima che le persone lasciassero la casa, il viaggio stesso e l’instaurazione di una vita alternativa. Come osserva Kopelman (2002a), tuttavia, occorre prestare attenzione nell’interpretazione dei casi di amnesia psicogena quando vi sono motivi per il paziente di fingere un deficit di memoria per ragioni legali o finanziarie. Sia l’amnesia globale che quella specifica della situazione sono spesso distinte dalla sindrome amnesica organica, in quanto la capacità di immagazzinare nuovi ricordi ed esperienze rimane intatta.
Diagnosi differenziale
La diagnosi differenziale si pone con:
- il delirium e la demenza, associate a ulteriori riconoscibili sintomi cognitivi;
- l’amnesia globale transitoria, di solito sia anterograda che retrograda, associata a problemi vascolari;
- l’amnesia post-traumatica, dove in anamnesi c’è un trauma cranico;
- la fuga epilettica, per l’assenza di anomalie motorie, comportamenti stereotipati, alterazioni percettive e, naturalmente, anomalie elettroencefalografiche;
- l’amnesia postoperatoria, postinfettiva e anossica;
- la sindrome frontale;
- anomalie metaboliche, deficit di vitamine o di elementi essenziali;
- assunzione di alcol o altre droghe.
La valutazione di eventuali problemi neurologici organici deve comprendere:
- accurato esame obiettivo per escludere traumi (ad esempio alla testa);
- TC e/o risonanza magnetica per escludere cause organiche;
- elettroencefalogramma (EEG) per escludere un disturbo da crisi epilettica;
- esami del sangue e delle urine per escludere cause tossiche, come l’uso di droghe.
I test psicologici possono essere utili per caratterizzare meglio la natura dell’esperienza dissociativa. E’ necessario tener presente che la fuga può comparire in schizofrenici come difesa contro l’ansia, accompagnata da psicosi. La fuga nei disordini affettivi differisce dalla fuga dissociativa per la presenza spesso di sintomi maniacali e l’assenza di nuove identità. I depressi possono esperire uno stato di fuga, ma sempre accompagnato da sintomi depressivi. La fuga può essere anche conseguente a uno stato di malignità. In certe culture, alcuni stati crepuscolari che giustificano stati di fuga sono accettati come parafisiologici, come tra l’amok in Malaysia e il piblokto tra gli Inuit.
Prognosi
La prognosi è molto varia e di difficile previsione:
- a volte i ricordi tornano in totalmente e/o tutti assieme e/o rapidamente, in altri tornano parzialmente e/o progressivamente e/o in tempi lunghi;
- in alcuni casi i ricordi non tornano mai più.
La maggior parte dei pazienti recupera comunque i propri ricordi perduti e l’amnesia si risolve. Finita la fuga, il paziente può non tentare altre fughe o avere vari episodi di recidiva (fuga psicogena multipla). Possono verificarsi attacchi di panico. Al termine della fuga psicogena di solito i pazienti provano vergogna, insonnia, ansia, disagio, dolore e depressione: in quest’ultimo caso possono verificarsi delle ideazioni suicidarie ed alcuni pazienti possono tentare il suicidio.
Terapia
In molti casi la fuga si risolve da sola, mentre in altri casi il paziente deve avere un supporto psichiatrico. In entrambi i casi è utile il supporto psicoterapico per intervenire sul trauma a monte, spesso totalmente rimosso, che ha determinato il disagio psichico alla base della fuga dissociativa. E’ possibile anche intervenire con farmaci, ad esempio antidepressivi in caso di depressione.
Casi famosi
Elenchiamo alcuni casi famosi di fuga dissociativa:
- Jody Roberts, un giornalista del Tacoma News Tribune, scomparve nel 1985 per essere ritrovato 12 anni dopo a Sitka, in Alaska, mentre viveva sotto il nome di “Jane Dee Williams”. Mentre c’erano alcuni sospetti iniziali che avesse simulato un’amnesia, alcuni esperti sono giunti a credere che lei abbia veramente sperimentato uno stato di fuga prolungata;
- David Fitzpatrick, che soffriva di disturbo dissociativo da fuga, è stato inserito nella serie televisiva di Five Extraordinary People. È entrato in uno stato di fuga il 4 dicembre 2005 e sta ancora lavorando per recuperare i ricordi di tutta la sua vita;
- Hannah Upp, un’insegnante originaria di Salem, Oregon è stata colpita da fughe dissociative multiple: ricevette una diagnosi di fuga dissociativa dopo che era scomparsa dalla sua casa di New York nell’agosto 2008 ed era stata salvata dal porto di New York 20 giorni dopo. Il 3 settembre 2013, è entrata in un’altra fuga, scomparendo dal suo nuovo lavoro come assistente dell’insegnante alla Crossway Community Montessori a Kensington, nel Maryland. È stata trovata incolume il 5 settembre 2013 a Wheaton, nel Maryland. A partire dal 14 settembre 2017, è scomparsa di nuovo; è stata vista l’ultima volta vicino a Sapphire Beach nella sua casa di St. Thomas, subito prima dell’uragano Maria. Sua madre e un gruppo di amici la stanno attualmente cercando nelle Isole Vergini e nelle zone circostanti.
- Jeff Ingram è apparso a Denver nel 2006 senza ricordare il suo nome o da dove provenisse. Dopo la sua apparizione alla televisione nazionale, per chiedere aiuto per identificare se stesso, la sua fidanzata, Penny, ha chiamato la polizia di Denver per identificarlo. L’episodio è stato diagnosticato come fuga dissociativa. Ingram ha subito tre episodi di amnesia: nel 1994, 2006 e 2007.
Cenni storici
Le prime indagini scientifiche sulla fuga (chiamata anche Wandertrieb, automatisme ambulatorie, poriomania) risalgono alla fine del XIX secolo. Tra i pionieri degli studi sull’argomento vanno ricordati certamente Charcot, che per primo riscontrò l’eziologia traumatica, oltre che epilettica o isterica, dei casi di fuga, e William James (1890), che descrisse il caso del reverendo Ansel Bourne, un pastore che si “risvegliò” in un’altra provincia in cui aveva assunto un nome diverso e gestiva un emporio, dopo uno stato di fuga durato due mesi. È comunque a partire dalla pubblicazione della tesi di dottorato di Philippe Tissié nel 1887, che la fuga divenne una patologia diagnosticabile. La tesi del dottor Tissié era centrata su Albert Dadas, uno dei primi casi di fugueur della letteratura scientifica, con le sue spedizioni a Vienna, a Mosca, a Costantinopoli. “Viaggiava ossessivamente, straniato, spesso senza documenti d’identità e a volte senza identità, senza sapere chi fosse o perché viaggiasse, e a conoscenza solo della sua prossima tappa. Al momento del “ritorno” non aveva idea di dove era stato, ma sotto ipnosi riviveva fine settimana perduti, anni perduti” (Ian Hacking, 1998, p. 17). Gli studi di fine XIX secolo descrivevano la fuga compulsiva non come una malattia autonoma, ma come un fenomeno legato a disturbi quali l’epilessia, l’isteria, o la personalità multipla. Il DSM-I pose la fuga psicogena tra le reazioni dissociative; il DSM-IV la ribattezza “fuga dissociativa”.
Per approfondire:
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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