Isteria e crisi isterica: significato, etimologia, sinonimi, sintomi e cura

MEDICINA ONLINE HEAD PAIN DOLORE FASTIDIO MAL DI TESTA GLICEMIA, CALO ZUCCHERI PRESSIONE ARTERIOSA IPOTENSIONE DONNA TEMPIE STANCHEZZA TIRED WALLPAPER PIC PICTURE HI RES EMICRANIA AURA DIl termine “isteria” (in inglese “hysteria“) è stato utilizzato nel 1800 in medicina e psichiatria per indicare un tipo di attacchi nevrotici molto intensi che, nonostante potessero interessare anche il sesso maschile, colpivano in maggioranza soggetti femminili. Attualmente l’isteria viene più correttamente definita “disturbo di conversione“. Con “disturbo di conversione” o “isteria di conversione” o “disturbo da sintomi neurologici funzionali” (in inglese “conversion disorder” da cui l’acronimo “CD”, o “functional neurologic symptom disorder”) per definizione si indica un tipo specifico di disturbo somatoforme che consiste nella presenza di sintomi fisici causati da un conflitto psichico o emozionale che sono inconsciamente convertiti dal paziente in sintomi con caratteristiche simili a quelle di una patologia neurologica, come ad esempio cecità, paralisi o convulsioni. In parole semplici: il paziente con isteria – meglio definito “paziente con disturbo di conversione” –  ha un disagio psichico che “somatizza”, cioè trasforma in sintomi apparentemente di natura organica, in particolare neurologica, col risultato di avere una serie di sintomi che possono includere la perdita di funzioni motorie e/o sensitive, come la paralisi, le convulsioni, la sordità isterica o la cecità isterica. Il disturbo di conversione può essere molto difficile da diagnosticare poiché, simulando una malattia organica, in particolare neurologica (come ad esempio epilessia ed ictus cerebrale), si viene a creare la situazione in cui alcuni disturbi di conversione vengono erroneamente diagnosticati come malattia neurologica ed alcune malattie neurologiche sono erroneamente interpretate come disturbo da conversione. Il medico non deve inoltre mai dimenticare che nonostante i pazienti con disturbo di conversione provino realmente i sintomi che dicono di avere, in altri casi alcuni soggetti possono fingere di provarli (sindrome di Münchhausen). A complicare la diagnosi anche il fatto che non è raro che i pazienti con una reale malattia organica e neurologica abbiano contemporaneamente anche un disturbo isterico.

Cenni storici

Nell’ottocento, l’isteria veniva considerato un disordine che si manifestava con sintomi molto simili all’epilessia, paralisi degli arti, cecità momentanea, perdita di coscienza e della capacità di parlare. Finito l’attacco, seguiva spesso una fase emozionale molto intensa, in cui il soggetto compiva azioni imprevedibili e esprimeva con poche parole o gesti sentimenti molto profondi, in uno stato semi-allucinatorio. I soggetti tipicamente colpiti da attacchi di questo tipo erano donne di buona società. Sigmund Freud fondò buona parte delle sue teorie sullo studio di questo tipo di situazioni patologiche. Il metodo psicoanalitico si formò nel tentativo di capirne il meccanismo scatenante e cercare una terapia. Freud individuò le cause in un trauma infantile rimosso dalla persona, che grazie alla tecnica delle sedute di psicoanalisi poteva essere riportato alla coscienza e neutralizzato. Freud divenne famoso e cominciò ad avere prestigio e notorietà presso la classe dei neurologi dopo aver pubblicato un lavoro su una “donna isterica” portata a guarigione dal collega Joseph Breuer (coautore del testo). Dopo questo episodio, con la pubblicazione degli “Studi sull’isteria” (1895) – oppure secondo altri con “la prima opera realmente psicoanalitica, l”Interpretazione dei sogni’, uscita nel 1899, anche se l’editore la datò 1900″- inizia la psicoanalisi, con l’ostracismo di tutta l’élite viennese. Dalla seconda metà del 1900, la sostanziale scomparsa di simili fenomeni e il mutamento dei paradigmi teorici in psicologia e medicina hanno portato a nuovi quadri interpretativi. Si tende a considerare attacchi di questo tipo manifestazioni di stati depressivi o situazioni esistenziali di crisi che la persona esprime in una rappresentazione codificata che conosce. Il soggetto, più o meno inconsapevolmente, utilizza la reazione isterica per comunicare uno stato emotivo estremamente negativo nel quale si trova e dal quale non vede via d’uscita: tali aspetti sono presenti anche nella Sindrome di Ganser. I fenomeni caratteristici dell’isteria sono suscettibili di essere riprodotti mediante autosuggestione. In ogni caso, dietro alla teatralità e alla “simulazione” dell’isterico vi era un dramma autentico. Seguendo questa prospettiva, Ernesto de Martino ha messo in relazione con l’isteria anche il fenomeno del tarantismo, sindrome che con sintomi analoghi si manifestava in donne di estrazione popolare nel sud Italia. Col DSM-III (1980) il concetto d’isteria o nevrosi isterica è scomparso per presentarne i tre elementi costitutivi documentabili anche in modo isolato:

  • l’aspetto “corporeo” dell’isteria: disturbo somatoforme e disturbo di conversione;
  • l’aspetto “mentale”: disturbo dissociativo dell’identità;
  • la struttura caratteriologica di base dell’isterico: disturbo istrionico di personalità.

Etimologia

Il termine “isteria” deriva dal greco “hystera“, che significa “utero”. Nell’antica Grecia, fin dai tempi di Ippocrate (300 avanti Cristo), il disturbo era già conosciuto e si considerava causato nelle donne da uno spostamento dell’utero.

Sinonimi

Sinonimi di “isteria” sono:

  • disturbo di conversione;
  • isteria di conversione;
  • disturbo da sintomi neurologici funzionali.

Da questo punto dell’articolo in poi, l’espressione “disturbo di conversione” sarà usata al posto del termine isteria.

Crisi isterica

Con “crisi isterica” si intende manifestazione transitoria rara che può essere caratterizzata da:

  • intenso malessere generale;
  • obnubilamento della coscienza;
  • sudorazione con senso di freddo;
  • ipotensione arteriosa;
  • polso filiforme;
  • fenomeni sincopali;
  • sintomi sensitivi e motori del disturbo di conversione.

Epidemiologia

Il disturbo di conversione colpisce prevalentemente le donne ed è molto raro negli uomini. Il disturbo di conversione può presentarsi a qualsiasi età, ma è raro nei bambini di età inferiore ai 10 anni o negli anziani. Gli studi suggeriscono un picco di insorgenza tra la metà e la fine della terza decade. Generalmente il disturbo di conversione interessa quindi donne in giovane età, al di sotto dei 35 anni. Il disturbo di conversione colpisce tra lo 0,011% e lo 0,5% della popolazione generale. Molti Autori hanno riscontrato che il verificarsi di conversioni è più frequente nelle zone rurali, gruppi socio-economici inferiori, dove l’indagine tecnologica sui pazienti è limitata e gli individui possono essere meno informati sui concetti medici e psicologici.

Cause e fattori di rischio

Le cause del disturbo di conversione non sono state ancora del tutto chiarite. In genere l’esordio è acuto o sub-acuto ed è collegato ad uno stress mentale intenso o ad un evento a forte intensità emotiva, ad esempio un trauma psicologico. Eventi precipitanti possono essere:

  • stress intenso e prolungato;
  • licenziamento;
  • fine di una relazione;
  • disoccupazione;
  • problemi economici (ad esempio debiti);
  • mancato raggiungimento di traguardi (ad esempio obiettivi professionali o nello studio);
  • burnout;
  • litigi dei genitori;
  • conflitti con i genitori;
  • figlio o genitore con disabilità;
  • sindrome da abbandono;
  • episodi di bullismo;
  • sindrome del cuore infranto;
  • episodi di mobbing;
  • minority stress;
  • solitudine;
  • morte di un animale di compagnia.
  • diagnosi di una malattia terminale (ad esempio cancro metastizzato) o fortemente debilitante (ad esempio sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica, diplegia, tetraplegia);
  • morte di una persona cara.

Possibili fattori di rischio (predisponenti), possono essere:

  • sesso femminile;
  • giovane età (< 35 anni);
  • maltrattamenti ed abusi, specie se subiti da bambini;
  • famigliari con disturbo di conversione (in genere la madre);
  • precarietà sul lavoro;
  • precarietà nella vita affettiva;
  • basse condizioni socio-economiche.

Leggi anche: Nevrastenia (esaurimento nervoso): cause, diagnosi, cure

Sintomi

Il disturbo di conversione è caratterizzato da vari sintomi, soprattutto neurologici e relativi al comparto motorio e/o sensitivo. I sintomi del disturbo di conversione di solito si verificano all’improvviso, ma possono anche avere una andamento progressivo o altalenante. Il disturbo di conversione si presenta in forme cliniche numerose e polimorfe, potendo “imitare” tutte le malattie. I sintomi si distinguono in:

  • sintomi somatici: esprimono l’alterata funzionalità del sistema nervoso, quali ad esempio gastriti, coliti, paralisi e dispepsia;
  • sintomi psichici: si differenziano in:
    • transitori:
      • fenomeni amnestici;
      • stati di eccitamento psicomotorio;
      • stati acinetici;
      • stati di depressione;
    • permanenti se non curati con psicoterapia
      • Suggestionabilità;
      • Compromissione della vita sessuale;
      • Infantilismo;
      • Immaturità emotivo-affettiva.

I sintomi motori del disturbo di conversione, includono:

  • alterazioni della coordinazione e dell’equilibrio;
  • paralisi localizzate (ad esempio solo agli arti inferiori) o dell’intero corpo;
  • perdita della voce (afonia isterica);
  • disfagia (difficoltà nel deglutire);
  • sensazione di “nodo alla gola”;
  • convulsioni;
  • tremori;
  • difficoltà nella coordinazione dei movimenti (ad esempio camminare);
  • difficoltà nel mantenere la posizione eretta;
  • ritenzione o incontinenza urinaria;
  • crisi psicogene non epilettiche;
  • distonia persistente;
  • perdita di coscienza (svenimento).

I sintomi sensitivi del disturbo di conversione, includono:

  • perdita della sensibilità tattile
  • perdita della sensibilità dolorifica;
  • dolori di varia natura (all’addome, al torace, ai muscoli, alle articolazioni…);
  • vertigini;
  • intorpidimento;
  • allucinazioni visive e/o uditive;
  • visione doppia (diplopia isterica);
  • perdita della vista (cecità isterica);
  • perdita dell’udito (sordità isterica).

Nel disturbo di conversione si può verificare la cosiddetta “gravidanza isterica” (pseudociesi o falsa gravidanza) ed anche l’amnesia isterica. E’ interessante notare come – secondo alcuni ricercatori – i sintomi di presentazione tendono a riflettere la comprensione dell’anatomia/fisiologia del paziente quindi meno conoscenze mediche ha una persona, più implausibili sono i sintomi di presentazione, arrivando a situazioni paradossali in cui – ad esempio – una donna può riferire di avere “dolore alla prostata”. Tuttavia, non sono stati ancora effettuati studi sistematici per confermare questa correlazione tra conoscenze mediche del paziente ed implausibilità dei sintomi riportati.

Diagnosi

Il disturbo di conversione è difficile da diagnosticare, poiché può compromettere il funzionamento di un organo, come nella cecità isterica, o portare alla paralisi, senza che possa essere accertata alcuna patologia con le metodiche di indagine strumentale come radiografie, TC o risonanze magnetiche. In alcuni casi il disturbo di conversione viene diagnosticato per errore, ad esempio perché il medico neurologo non si è accorto dell’esistenza di una certa patologia nervosa che giustificasse i sintomi: è interessante notare che in una certa percentuale di casi, quello che inizialmente viene interpretato come disturbo di conversione si rileva poi – con analisi più approfondite – una malattia neurologica organica: nel 50% dei casi in un follow-up di 7-11 anni (Slater e Glithero, 1965); 21% (Gatfield e Guze, 1962); 15% (Mace e Trimble, 1996).

Criteri diagnostici

I criteri diagnostici per il disturbo da sintomi neurologici funzionali, come stabilito nel DSM-5, sono:

  • Il paziente ha almeno un sintomo di funzione motoria o sensoriale volontaria alterata.
  • I risultati clinici forniscono prove di incompatibilità tra il sintomo e condizioni neurologiche o mediche riconosciute.
  • Il sintomo o il deficit non è altrimenti spiegato da un altro disturbo medico (organico) o mentale.
  • Il sintomo o il deficit causa disagio clinicamente significativo o compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo o in altre aree importanti o richiede una valutazione medica.

Il medico deve specificare il tipo di sintomo o deficit:

  • Con debolezza o paralisi
  • Con movimenti anormali (ad esempio tremore, movimento distonico, mioclono, disturbi dell’andatura…)
  • Con sintomi di deglutizione
  • Con sintomi del linguaggio (ad esempio disfonia o linguaggio confuso)
  • Con attacchi o convulsioni
  • Con amnesia o perdita di memoria
  • Con particolari sintomi di perdita sensoriale (ad esempio cecità visiva, perdita olfattiva o disturbi dell’udito)
  • Con sintomi misti.

Il medico deve specificare se:

  • l’episodio è acuto (i sintomi presenti da meno di sei mesi);
  • il disturbo è cronico (i sintomi sono presenti da sei mesi o più).

Il medico deve specificare se:

  • il paziente presenta un fattore di stress psicologico (disturbo di conversione);
  • il paziente non presenta fattore di stress psicologico (disturbo dei sintomi neurologici funzionali).

Esclusione di malattie neurologiche

Il disturbo di conversione si presenta con sintomi che tipicamente somigliano a quelli tipici di un disturbo neurologico come ad esempio ictus cerebrale, sclerosi multipla, epilessia o paralisi periodica ipokaliemica. Il neurologo deve quindi escludere accuratamente la malattia neurologica, attraverso esami e indagini appropriate, tenendo presente che:

  • alcuni disturbi di conversione vengono erroneamente diagnosticati come malattia neurologica, ad esempio per scarsa esperienza del medico;
  • alcune malattie neurologiche sono erroneamente interpretate come disturbo di conversione, ad esempio per errata interpretazione delle indagini diagnostiche;
  • i sintomi possono essere realmente provati dal paziente, ma in alcuni casi quest’ultimo può non averli realmente e semplicemente fingere di provarli;
  • non è raro che i pazienti con malattia neurologica abbiano contemporaneamente anche un disturbo di conversione;
  • il trauma psichico che ha scatenano il disturbo di conversione viene spesso “dimenticato” dal paziente durante l’anamnesi.

Tutto ciò rende la diagnosi di un disturbo di conversione spesso molto laboriosa. Nell’escludere la malattia neurologica, si è tradizionalmente fatto affidamento in parte sulla presenza di segni positivi di disturbo di conversione, ovvero alcuni aspetti della presentazione che si pensava fossero rari nelle malattie neurologiche ma comuni nella conversione. La validità di molti di questi segni è stata tuttavia messa in dubbio da uno studio che ha dimostrato che tali presunti “rari” sintomi, non sono in realtà così rari e si verificano anche nelle malattie neurologiche.  Uno di questi sintomi, per esempio, è “la belle indifférence“, descritta nel DSM-IV come “una relativa mancanza di preoccupazione per la natura o le implicazioni dei sintomi”. In uno studio successivo, non è stata trovata alcuna prova che i pazienti con sintomi funzionali abbiano maggiori probabilità di manifestare questo rispetto ai pazienti con una malattia organica confermata. Nel DSM-5 la belle indifferenze è stata quindi rimossa come criterio diagnostico. Un’altra caratteristica ritenuta importante era che i sintomi tendevano ad essere più gravi sul lato non dominante (di solito sinistro) del corpo. Ci sono state numerose teorie a riguardo, come il coinvolgimento relativo degli emisferi cerebrali nell’elaborazione emotiva, o più semplicemente, che era “più facile” convivere con un deficit funzionale sul lato non dominante, tuttavia, una revisione della letteratura di 121 studi ha stabilito che questo non era vero. Sebbene inoltre l’agitazione sia spesso considerata un segno positivo del disturbo di conversione, il rilascio di adrenalina è una causa ben dimostrata di paralisi da paralisi periodica ipokaliemica. A volte si verificano diagnosi errate. In uno studio molto influente [12] degli anni ’60, Eliot Slater ha dimostrato che si erano verificate diagnosi errate in un terzo dei suoi 112 pazienti con disturbo di conversione, tuttavia, autori successivi hanno sostenuto che il documento fosse difettosoe una meta-analisi ha dimostrato che i tassi di diagnosi errate da quando è stato pubblicato il documento sono circa il quattro per cento, lo stesso di altre malattie neurologiche.

Esclusione della finzione

Il disturbo di conversione è l’unico nell’ICD-10 a richiedere esplicitamente l’esclusione della finzione del paziente: va infatti ricordato ancora una volta che quest’ultimo può deliberatamente fingere una serie virtualmente illimitato di sintomi, come ad esempio avviene nella sindrome di Münchhausen. Uno studio di neuroimaging ha suggerito che la finzione può essere distinta dalla conversione dal modello di attivazione del lobo frontale, tuttavia questo non può essere intesa come una tecnica diagnostica, quindi – sfortunatamente – la finzione è dimostrabile solo quando il paziente confessa o viene “colto in flagrante” in un inganno più ampio, come una falsa identità. I veri tassi di finzione in medicina rimangono sconosciuti, tuttavia si ritiene che il fingere specificatamente un disturbo di conversione sia statisticamente poco probabile.

Terapia

Avendo il disturbo di conversione cause psicologiche, l’uso di farmaci che intervengono a livello fisico (ad esempio antinfiammatori per il dolore) in genere o non risolvono il problema o lo risolvono solo temporaneamente agendo come placebo. Il trattamento quindi consigliato non è quello farmacologico, bensì quello psicoterapico che ha l’obiettivo di risolvere a monte il disagio psicologico: curato quest’ultimo, i sintomi fisici tendono a diminuire ed a sparire del tutto, anche se sono frequenti le ricadute. Sono disponibili numerosi trattamenti diversi per trattare e gestire la sindrome di conversione. I trattamenti per la sindrome di conversione includono principalmente ipnosi, psicoterapia, narcoanalisi, terapia fisica/occupazionale, gestione dello stress e stimolazione magnetica transcranica.

Psicoterapia

La terapia cognitivo-comportamentale ha un approccio molto utile in quanto non lavora solamente sulla psicologia della persona isterica, ma insegna a mettersi alla prova nelle situazioni che causano ansia, fobia e conflitto emotivo. L’obiettivo della terapia cognitivo-comportamentale consiste nell’indebolire i legami tra gli stimoli e la percezione dei disturbi isterici. Ciò consente di prendere consapevolezza con i propri conflitti interiori e di imparare a gestire il problema.

Ipnosi e narcoanalisi

L’ipnosi è una tecnica che agisce sulla dimensione fisica e psicologica del paziente; durante una seduta, il professionista della salute può aiutare il soggetto a sperimentare dei cambiamenti nelle sensazioni, nelle percezioni o nel comportamento, che lo aiutino a controllare l’influenza dello stress e dello stato mentale sulle proprie funzioni corporee. L’ipnosi diventa un mezzo per risolvere una situazione psichica che causa una difficoltà non risolvibile con la sola forza di volontà.
La narcoanalisi è una procedura che differisce dall’ipnosi per la somministrazione di un sedativo, in grado di indurre nel paziente uno stato di dormiveglia.

Farmaci

I piani di trattamento prenderanno in considerazione la durata e la presentazione dei sintomi e possono includere uno o più dei trattamenti di cui sopra, oltre al trattamento della depressione o dell’ansia in comorbidità, se presenti, grazie alla terapia farmacologica con ansiolitici, antidepressivi e neurolettici.

Prognosi

Studi empirici hanno scoperto che la prognosi per il disturbo di conversione varia ampiamente, con alcuni casi che si risolvono in settimane e altri che perdurano per anni, decenni o per tutta la vita. Ci sono anche prove che non esiste una cura definitiva per il disturbo di conversione e che sebbene i pazienti possano andare in remissione, possono ricadere in qualsiasi momento soprattutto se nuovamente sottoposti ad eventi stressanti.

Per approfondire:

Leggi anche:

Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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