Con “convulsioni psicogene non epilettiche” (PNES, acronimo dall’inglese “psychogenic non-epileptic seizures”) ci si riferisce ad attacchi rassomiglianti esternamente alle crisi epilettiche, ma prive della caratteristica scarica elettrica associata all’epilessia, rilevabile con un elettroencefalogramma. Le PNES sono anche note con altri nomi, tra cui:
- crisi psicogene non epilettiche;
- disturbo degli attacchi non-epilettici (NEAD);
- attacchi dissociativi;
- attacchi non epilettici;
- crisi dissociative;
- crisi psicogene;
- crisi isteriche;
- attacchi non epilettici simulati;
- attacchi psicogeni;
- pseudoconvulsioni;
- crisi/attacchi funzionali.
Pur se in modo non del tutto corretto, tutti questi termini sono usati come sinonimi. Le crisi non epilettiche psicogene ricordano, come fenomeno, delle crisi epilettiche, ma mentre le crisi epilettiche hanno una origine organica e neurologica, le crisi non epilettiche hanno una probabile origine psicologica/psichiatrica. Appartengono alla categoria dei disturbi dissociativi/conversioni nelle classificazioni internazionali. Possono colpire sia bambini che adulti, con spiccata predilezione per il sesso femminile (rapporto 3 a 1 con gli uomini) in seconda decade di vita.
Cause e fattori di rischio
Le cause reali delle crisi non sono ancora del tutto note, tuttavia, molti studiosi ritengono che la causa scatenante sia da ricercarsi in problemi psicologici di varia natura (indipendentemente dal fatto che il paziente mostri segni di problemi psicologici evidenti o altre patologie). Fattori di rischio per lo sviluppo delle crisi, sono:
- sesso femminile;
- circa 20/25 anni di età;
- stress psico-fisico intenso e prolungato;
- abusi nell’infanzia;
- educazione molto rigida;
- disturbi della personalità (specie quella borderline);
- trauma alla testa;
- neurochirurgia;
- famigliarità con la malattia (altri casi in famiglia);
- uso di psicofarmaci o droghe.
Casi del genere si osservano nell’isteria femminile e in simulazioni da parte sia di uomini sia di donne (nevrosi di compensazione o da indennizzo).
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Sintomi e differenze con attacchi epilettici
La presentazione clinica dei disturbi è del tutto simile a quella di un attacco epilettico. Tipicamente il paziente cade a terra, perde conoscenza ed ha movimenti “scuotenti” che assomigliano molto ad una crisi epilettica generalizzata (quella che una volta veniva chiamata “grande male”). Esistono alcune differenze tra le crisi epilettiche e quelle psicogene, che aiutano il medico nella diagnosi. Le caratteristiche comuni in caso di crisi non epilettiche (più rare nell’epilessia) includono:
- mordere la punta della lingua;
- convulsioni che durano più di 2 minuti;
- convulsioni con esordio graduale;
- altalenanza della gravità della malattia;
- chiusura degli occhi durante un attacco epilettico;
- movimenti della testa da un lato all’altro.
I pazienti con crisi non epilettiche, rispetto a quelli con epilessia, tendono a:
- resistere all’apertura forzata degli occhi (se appaiono chiusi durante l’attacco);
- impedire alle loro mani di colpire il loro viso se la mano viene lasciata cadere sulla testa;
- fissano i loro occhi in un modo che suggerisce un’assenza di interferenza neurologica.
Le caratteristiche comuni in caso di reali crisi epilettiche (più rare nelle crisi psicogene) sono:
- automatismi (movimenti automatici complessi durante l’attacco);
- morsi di lingua severi;
- mordere l’interno della bocca;
- incontinenza.
Diagnosi
Si stima che circa un quinto delle persone che si rivolgono ad un neurologo per la cura della propria epilessia, soffrano in realtà di crisi convulsive non di origine epilettica pertanto il primo passo della diagnosi richiede di escludere l’epilessia come causa scatenante delle crisi convulsive così come altre cause organiche non collegate all’epilessia, tra cui:
- sincope;
- emicrania;
- vertigini;
- anossia;
- ipoglicemia;
- infarto.
E’ importante ricordare però che fino al 20% dei pazienti con crisi non epilettiche, soffrono ANCHE DI reale epilessia. Vanno escluse altre condizioni che potrebbero essere confuse con crisi convulsive, quali attacchi di panico, schizofrenia e disturbo di depersonalizzazione. Il sistema più efficace per distinguere le crisi non epilettiche da quelle epilettiche è il monitoraggio a lungo termine tramite video ed elettroencefalogramma (EEG) con lo scopo di catturare gli episodi: alcuni specialisti in certi casi potrebbero usare suggestioni per cercare di scatenare un episodio, ad esempio parlando col pazienti di argomenti che possano indurre ansia, facendoli respirare velocemente o con stimoli luminosi o fotografici. In alcuni casi possono essere utili altri esami, come la risonanza magnetica e la TAC.
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Diagnosi differenziale
Essendo di fronte ad attacchi non epilettici che simulano epilessia, un occhio meno esperto potrebbe non notare differenze all’esame obiettivo, specie se il soggetto è “bravo” a simulare. La diagnosi differenziale si complica anche perché alcuni soggetti affetti da epilessia vera possono avere anche crisi isteriche, e ciò senza dubbio accentua le difficoltà del medico. Alcuni elementi, tuttavia, lo aiutano: l’agitazione completamente asincrona degli arti, la ripetizione di movimenti latero-laterali del capo, il mordersi le mani, lo scalciare e il tremore, lo spingere in avanti il bacino, le posture arcuate opistotoniche, l’urlare e il parlare nel corso dell’attacco sono tutte manifestazioni indicative di una crisi isterica e non di epilessia, sebbene non vi siano caratteristiche specifiche. Dopo un attacco pseudoepilettico il livello sierico di creatinchinasi è in genere normale, cosa che non avviene nell’epilessia vera. La diagnosi viene comunque chiarita definitivamente con la videoregistrazione e l’EEG eseguiti nel corso di un attacco.
Terapia
Solitamente il paziente – convinto di avere una epilessia “vera” – non accetta che le sue crisi siano in realtà psicogene, quindi mai come in questo caso il medico deve avere un approccio particolare, per “convincere” il paziente ad accettare la diagnosi ed i trattamenti: se ciò non accade, una terapia efficace è quasi mai possibile. La psicoterapia è il trattamento più frequentemente usato, che potrebbe includere la terapia cognitivo-comportamentale, la terapia orientata alla visione e/o il lavoro di gruppo. Ci sono alcune prove sperimentali che supportano antidepressivi SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina).
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Prognosi
Due terzi dei pazienti con crisi psicogene, purtroppo continuano ad avere episodi nonostante le terapie e più della metà dipendono dai servizi sociali a tre anni di seguito dalla diagnosi. I risultati migliori si ottengono nei pazienti con:
- presenza di amici e famigliari;
- maggiore QI;
- maggiore status sociale;
- miglior titolo di studi conseguito;
- età più giovane al momento della diagnosi;
- attacchi con meno risvolti drammatici;
- assenza di ulteriori patologie somatoformi.
Curiosità
Nel film drammatico/fantastico del 2017 “Thelma“, diretto da Joachim Trier, la protagonista Eili Harboe soffre di crisi psicogene non epilettiche. L’immagine di questo articolo è tratto proprio dal film Thelma.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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