Psicologia sociale: definizione, obiettivi, autori e storia in Europa ed USA

Dott. Loiacono Emilio Alessio Medico Chirurgo Medicina Chirurgia Estetica Roma Cavitazione Pressoterapia  Massaggio Linfodrenante Dietologo Cellulite Dieta Sessuologia Sex PSA Pene Laser Filler Rughe Botulino BAMBINI TABLET SCRIVERE DIFFICOLTALa vita umana si svolge nell’ambito di un’aggregazione tra individui: la società, il cosiddetto “ambiente sociale”. Il filosofo e politico Marco Tullio Cicerone (106 a.C. – 43 d.C.), già nell’antica Roma, scriveva: «Noi siamo nati per la riunione degli uomini e per la società intesa come comunità del genere umano». Ogni esperienza umana ha infatti un significato legato ai comportamenti degli individui in gruppi e al modo in cui le persone si percepiscono. si influenzano e relazionano: questo è il campo di studio della psicologia sociale. La psicologia sociale è per definizione la parte della psicologia che studia l’interazione tra individuo e gruppi di individui; in particolare è lo studio degli effetti dei processi sociali e cognitivi sul modo in cui si percepiscono gli altri e ci si pone in relazione con loro. Gli psicologi sociali focalizzano la loro attenzione sul modo in cui i gruppi sociali, le istituzioni e le culture influenzano il comportamento degli individui.

Psicologia sociale, sociologia e antropologia

La psicologia sociale condivide molti interessi con altre discipline, in particolare con la sociologia e l’antropologia culturale. Le tre categorie si sovrappongono tra loro in alcuni punti, pur rimanendo ben distinte. Per approfondire l’argomento, leggi anche: Differenza tra psicologia sociale, sociologia e antropologia 

L’oggetto di studio della psicologia sociale

Il comportamento individuale è collegato alla situazione in cui il soggetto viene a trovarsi. Sono le forze sociali che condizionano e determinano il comportamento dell’individuo, nonostante la sua precedente esperienza. Il campo di studio della psicologia sociale ha come oggetto i processi delle relazioni interpersonali, e vuole comprendere:

  • se le persone siano da considerare come individui, ognuno dei quali è unico,
    o se siano essenzialmente simili fra loro;
  • se l’uomo esista in funzione della società o se invece sia la società a dover essere considerata prodotto e funzione degli uomini che la compongono;
  • se la natura degli esseri umani sia essenzialmente egoìstica e necessiti di tecniche e processi di educazione, moralizzazione e socializzazione che facilitino la vita di gruppo, oppure se gli esseri umani siano invece sociali per natura e l’asocialità il frutto di cattive influenze.

La spiegazione di tali processi ha lo scopo di migliorare la qualità della vita delle persone, aiutandole a capire perché le cose accadano in un certo modo e quali conseguenze possano avere le loro azioni. Per fare ciò allo psicologo sociale non basta dunque descrivere questi fenomeni, ma gli è necessario comprenderli attraverso strumenti di ricerca, analisi di documenti, osservazioni dirette dei comportamenti, allo scopo di divulgare le teorie sociali.

La psicologia sociale negli Stati Uniti

La nascita della psicologia sociale si fa risalire al 1908, anno di pubblicazione di due manuali, uno da parte dello psicologo inglese William Me Dougall (1815-1884), l’altro da parte del sociologo Edward Ross (1866-1951). Fino ad allora, il settore era stato di pertinenza dei filosofi: pioniere ne fu il sociologo francese Emile Durkheim (1858-1917), che considerava gli eventi collettivi come indipendenti dalla coscienza individuale. Floyd Allport (1890-1978), il primo psicologo sociale della tradizione comportamentista, definì la psicologia sociale come la disciplina che si occupa del comportamento dell’individuo, considerato come causa o effetto del comportamento di altri individui. Dapprima la psicologia sociale si diffuse negli Stati Uniti, dove era intenso lo sviluppo delle tematiche sociali e della psicologia scientifica, divenendo ben presto una scienza dell’individuo nella società. Negli anni Trenta e Quaranta del 900 fondamentali furono lo studio
e la misurazione degli atteggiamenti, a cui fece seguito, negli anni Cinquanta e Sessanta, un interesse crescente per il concetto di cambiamento degli atteggiamenti. Con il termine “atteggiamento” si intendono, in psicologia sociale, le emozioni positive o negative rispetto a una persona o a un evento. Oltre all’aspetto affettivo, molte teorie hanno posto in luce l’importanza di altre due caratteristiche dell’atteggiamento: l’aspetto cognitivo, quello relativo ai pensieri elaborati da un individuo, e l’aspetto comportamentale, che riguarda invece le azioni manifeste.

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Interdipendenza

Kurt Lewin (1890-1949), profugo ebreo proveniente da Berlino e membro del-
la scuola della Gestalt, esercitò agli inizi del Novecento una notevole influenza diretta e indiretta sulla psicologia sociale, applicando allo studio delle dinamiche dei gruppi la sua teoria del campo. La sua concezione si focalizzò sul principio dell’interdipendenza, che sottolineava la supremazia del tutto, cioè della situazione o campo, sulle parti, e utilizzava “metodi costruttivi”, non classificatori. Con il termine di metodi costruttivi Lewin fa riferimento a metodi di tipo qualitativo, che si distinguono da quelli di tipo quantitativo o classificatorio, utilizzati fino agli anni Trenta del secolo scorso. I metodi qualitativi prevedono lo studio dell’oggetto di un esperimento e del contesto o della situazione ambientale in cui tale oggetto si colloca. I metodi di tipo quantitativo, invece, si prefiggono di studiare un oggetto o evento, astraendolo completamente dalla situazione in cui si trova. Tale scelta metodologica permise a Lewin e ai suoi discepoli di condurre esperimenti sui gruppi, ma anche di lavorare con i gruppi nella vita quotidiana della comunità per modificarne il comportamento e influire su morale, pregiudizi e stile di leadership: tale approccio fu poi conosciuto come ricerca-azione. È ormai possibile considerare la psicologia sociale americana come un’evoluzione della teoria di Lewin.

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La psicologia sociale in Europa

In Europa, la psicologia sociale era priva di un proprio centro di irradiamento istituzionale, essendo studiata solo da alcuni autori isolati. In Svizzera, per esempio, il grande psicologo e pedagogista Jean Piaget contribuì alla formulazione dell’attuale concetto di “socializzazione” attraverso i suoi studi sullo sviluppo del bambino, sottolineandone soprattutto lo sviluppo morale. Ma nessuno degli autori europei fu iniziatore o mediatore di una tradizione sociopsicologica, né diede origine a una comunità scientifica di psicologi sociali. Anche dopo l’istituzione dei primi centri di psicologia sociale grazie al contributo degli Stati Uniti (1945), i rispettivi membri continuavano a ignorare l’esistenza degli altri gruppi di ricercatori, e le linee di comunicazione erano stabilite prevalentemente tra ogni centro e gli Stati Uniti. A causa di tale isolamento, l’associazione europea degli psicologi sociali si costituì soltanto negli anni Sessanta. Lo sviluppo degli studi di psicologia sociale degli ultimi decenni, anche in
Europa, è caratterizzato da metodologie di ricerca più raffinate. Gli attuali metodi di osservazione e videoregistrazione consentono agli psicologi di registrare fedelmente il comportamento umano nell’ambiente sociale. L’adozione di tecnologie sofisticate ha permesso di studiare campioni di popolazione su vasta scala; inoltre, sono state elaborate procedure statistiche attraverso cui i ricercatori producono stime sensibili dell’affidabilità o ripetibilità, dei loro risultati. Ciò significa che un esperimento è valido solo se è affidabile, cioè se risponde alle funzioni per le quali è stato progettato, e se è ripetibile, cioè se, una volta ripetuto l’esperimento, si ottengono sempre gli stessi risultati.

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