Disturbo borderline di personalità: caratteristiche, psicoterapia, farmaci

MEDICINA ONLINE INDOSSARE MASCHERA NARCISISMO DISTURBI DI PERSONALITA PSICHIATRIA MENTE PSICOSI IPOCRISIA PARANOIDE SCHIZOIDE BORDERLINE ANTISOCIALE ISTRIONICO.I disturbi della personalità un insieme di diversi modelli abituali di esperienza o di comportamento che si discostano notevolmente dal contesto sociale e culturale a cui l’individuo appartiene e sono caratterizzati da persistenti schemi di pensiero, percezione, reazione e da modi di relazionarsi che provocano nel soggetto notevole sofferenza e/o compromettono le sue capacità funzionali. I disturbi di personalità sono un gruppo di dieci disturbi raccolti in tre gruppi (chiamati anche “cluster”) in base ad analogie descrittive. Il disturbo borderline di personalità è incluso nel gruppo B (cluster B) che racchiude quattro disturbi di personalità caratterizzati da un’emotività amplificata/imprevedibile e dall’instabilità delle relazioni affettive:

  • disturbo borderline di personalità: solitamente chi ne soffre presenta una marcata impulsività e una forte instabilità sia nelle relazioni interpersonali sia nell’idea che ha di sé stesso, oscillando tra posizioni estreme in molte aree della propria vita;
  • disturbo istrionico di personalità: chi ne soffre tende a ricercare attenzione dagli altri, a mettere in atto comportamenti seduttivi e a manifestare in modo marcato e teatrale le proprie emozioni;
  • disturbo narcisistico di personalità: chi ne soffre tende a sentirsi il migliore di tutti, a pretendere l’ammirazione degli altri e a pensare che tutto gli sia dovuto, data l’importanza che si attribuisce;
  • disturbo antisociale di personalità: chi ne soffre è una persona che non rispetta in alcun modo le leggi, tende a violare i diritti degli altri, non prova senso di colpa né di responsabilità per i danni commessi.

Disturbo borderline di personalità

Il disturbo borderline di personalità è tra i disturbi di personalità più studiati. Le caratteristiche principali includono la paura del rifiuto, l’instabilità nelle relazioni interpersonali, nell’immagine di sé, nell’identità e nel comportamento. Possono essere presenti – fin dall’adolescenza – ira incontrollabile, depressione e, più raramente, mania. I pazienti, oltre alla paura del rifiuto, hanno in genere timore di abbandono, rabbia estrema e irritabilità, spesso provocate da ragioni che gli altri hanno difficoltà a comprendere o considerano futili. Le persone con tale disturbo sono spesso impegnate nell’idealizzazione e/o svalutazione degli altri, che consiste nell’alternanza tra un’alta considerazione positiva (per esempio del partner o di sé stessi o degli amici) ad una netta ed improvvisa svalutazione, spesso effettuata senza alcun motivo o per motivi futili. Sono anche presenti spesso autolesionismo, ideazioni suicidarie, abuso di sostanze e disordini sessuali. Il trattamento raccomandato per la cura del disturbo borderline di personalità è la psicoterapia, spesso affiancata da una terapia farmacologica. I diversi orientamenti terapeutici hanno realizzato vari tipi di intervento per la cura specifica del disturbo borderline (McMain e Pos, 2007).

Terapia psicoterapica

La terapia dialettico-comportamentale di Linehan (1993a, 1993b) è un trattamento a orientamento cognitivo-comportamentale. Secondo la Linehan, la principale difficoltà di chi ha il disturbo borderline è quella di gestire le proprie intense emozioni (disregolazione emotiva). Obiettivi peculiari di questa terapia sono la riduzione dei comportamenti suicidari e dei comportamenti che interferiscono con la qualità della vita del paziente. Il trattamento della Linehan prevede due ore a settimana di terapia individuale e due o tre ore a settimana di incontri di gruppo di skills training. Lo skills training per il disturbo borderline di personalità è un trattamento finalizzato al potenziamento di specifiche abilità che risultano carenti nei soggetti che soffrono di questo disturbo, in particolare la regolazione delle intense emozioni negative.

La schema-focused therapy di Young (2006) è un trattamento che integra l’approccio cognitivo-comportamentale con approcci psicodinamici basati sulle relazioni oggettuali. Secondo quest’approccio, nel paziente borderline sarebbero attivi degli schemi disadattavi precoci e delle strategie di padroneggiamento delle difficoltà che darebbero origine ad altri specifici schemi (per esempio bambino abbandonato, bambino arrabbiato e impulsivo, genitore punitivo). Questo tipo di terapia mira, in particolare, al cambiamento degli schemi disfunzionali, alla regolazione emotiva e allo sviluppo di relazioni sane per il paziente.

La terapia centrata sul transfert di Clarkin, Yeomans e Kernberg (1999) è una terapia di stampo psicoanalitico. Il suo obiettivo principale è quello di aiutare il paziente a
riconoscere, a partire dalla relazione col terapeuta, le rappresentazioni di Sé e dell’altro
non integrate (per esempio affermare della stessa persona, a distanza di pochi minuti: è
la persona più buona del mondo e è proprio cattivo) e a integrarle (per esempio è una
persona disponibile, anche se stavolta mi ha risposto male).

Il trattamento basato sulla mentalizzazione di Bateman e Fonagy (2004; 2006), di derivazione psicodinamica, è stato applicato finora solo su pazienti in strutture di semiricovero (day hospital). Secondo tali autori, la difficoltà principale di chi soffre di disturbo bordeline è quella della mentalizzazione, che consiste nella capacità di rappresentarsi gli stati mentali propri e altrui, di spiegarsi il comportamento e di prevederlo. Questa terapia, dunque, è volta all’incremento della capacità di mentalizzazione dei pazienti. n trattamento consiste in tre ore a settimana sia di terapia individuale, sia di terapia di gruppo analitica.

Un’altra terapia per la cura del disturbo borderline, è la terapia cognitivo-analitica di Ryle (2004). È un trattamento che integra l’orientamento cognitivo con quello psicoanalitico. Si basa sulla ricostruzione e sul padroneggiamento delle immagini di sé e dell’altro e delle loro transizioni. Questo protocollo risulta indicato per quei pazienti le cui difficoltà principali riguardano il disturbo dell’identità e delle relazioni, piuttosto che i disturbi del comportamento. Si tratta di un trattamento breve (24 sedute e 4 incontri di follow-up), altamente strutturato.

Gunderson e Waldinger (1991) hanno stabilito i principi fondamentali per il trattamento di questo disturbo:

  • Definire una stabile cornice terapeutica, cioè definire con precisione l’orario degli appuntamenti, terminare puntualmente le sedute, stabilire regole chiare sul pagamento, esplicitare una specifica contrattualità sulle conseguenze dei mancati appuntamenti.
  • Delimitare il setting, stabilendo le regole di base: nessuna chiamata telefonica durante le sedute, far verbalizzare i sentimenti suicidari prima di agirli, accettare il ricovero in caso di impulsi suicidari incontrollabili.
  • Evitare un atteggiamento terapeutico passivo, perché, per esempio, il silenzio può essere inteso come mancanza di interesse o rifiuto. Lalleanza è favorita da una maggiore verbalizzazione da parte del terapeuta.
  • Contenere la rabbia del paziente, empatizzando con il bisogno del paziente di scindere le rappresentazioni buone e cattive del Sé e dell’oggetto e di proiettare le parti cattive fuori di sé per controllarle e fare sì che non distruggano quelle buone. Il terapeuta deve funzionare da contenitore, fino a quando il paziente non sarà in grado di riappropriarsi degli aspetti proiettati.
  • Affrontare i comportamenti auto distruttivi.
  • Stabilire la connessione tra sentimentì e azioni. Infatti, tali pazienti sono inconsapevoli che le azioni sono motivate da sentimenti.
  • Mantenere il focus degli interventi sul qui e ora, intervenendo sul trasfert.
  • Monitorare i sentimenti controtransferali: il terapeuta deve essere autentico e genuino con il paziente borderline, altrimenti si incrementa l’invidia per il terapeuta, vissuto come divinità.

Di particolare importanza è l’aiuto a ricordare i contenuti delle sedute. Questo intervento risulta necessario in quanto i pazienti borderline possono manifestare degli stati dissociativi e non ricordare ciò che avviene in seduta. Una tecnica semplice per aiutarli a rievocare i contenuti della terapia è il ricorso a promemoria compilati insieme al terapeuta. Sono utili, inoltre, interventi aggiuntivi: incontrare i familiari, per esempio, per spiegare loro cosa succede alloro parente può creare un contesto tranquillizzante attorno al paziente e avere un effetto benefico sulla sintomatologia. Questo intervento rappresenta, inoltre, una preziosa risorsa nella gestione delle emergenze.

Terapia farmacologica

La terapia farmacologica attualmente viene utilizzata come supporto alla psicoterapia, per il trattamento dei sintomi del paziente. La sintomatologia di questi pazienti può essere suddivisa in tre grandi aree. Nella prima e nella seconda area vengono incluse rispettivamente le difficoltà di regolazione delle proprie emozioni e dell’impulsività, la rabbia molto intensa e la presenza di comportamenti a rischio. Nella terza area sintomatologica sono incluse idee persecutorie, idee suicidarie e sintomi dissociativi. I farmaci più spesso usati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), che possono ridurre sia l’eventuale depressione e che l’impulsività. Alcuni farmaci anticonvulsivi potrebbero contribuire a ridurre gli accessi d’ira e l’impulsività. Il risperidone sembrerebbe essere utile. I farmaci antipsicotici sono usati in caso di eventuali sintomi produttivi. Nei casi in cui l’incolumità del soggetto è gravemente a rischio, si può ricorrere a un ricovero ospedaliero.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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