In questo articolo ci eravamo occupati del concetto di “persuasione” e di altri argomenti correlati, cioè suggestione, influenza, motivazione e plagio. Oggi invece ci occupiamo del lato “più oscuro” della persuasione: la manipolazione.
Manipolazione
La “manipolazione” è un insieme di comportamenti e comunicazione verbale e non verbale finalizzati a cambiare la percezione o il comportamento degli altri usando metodi poco leciti, subdoli ed ingannevoli che possono anche sfociare nell’abuso sia psicologico che fisico. La manipolazione aspira a far pensare o agire l’interlocutore in modi che, senza di essa, l’interlocutore non avrebbe probabilmente mai pensato o agito. La manipolazione è, per certi versi, una forma di persuasione estrema dove “ogni mezzo è concesso” per raggiungere l’obiettivo, perfino l’inganno, la fallacia logica, l’uso di “leve psicologiche” accuratamente studiate, la truffa, senza il rispetto né dell’interlocutore e del suo libero arbitrio, né dei principi etico-morali sociali. Il manipolatore appare – almeno inizialmente – seducente ed affascinante e spesso sceglie vittime fragili, per poter più agevolmente approfittare della loro fragilità e credulità. Il manipolatore, tramite la manipolazione, forza una influenza in genere per ottenere controllo, benefici e/o privilegi a spese degli altri. Il manipolatore porta avanti la sua azione “strisciante” in modo progressivo, in modo da far gradatamente abbassare le difese della vittima, acquisire la sua fiducia ed infine fruirne come desidera.
Altri concetti importanti che descrivono la manipolazione ed il manipolatore, sono i seguenti:
- il vero scopo della manipolazione è ben nascosto: tanto più è nascosto il vero scopo, tanto più è efficace la manipolazione;
- l’aggressività della manipolazione è nascosta: tanto più è nascosta l’aggressività, tanto più è efficace la manipolazione;
- il manipolatore desidera individuare le debolezze psicologiche della vittima, per poterle usare a suo vantaggio;
- il manipolatore ha scarsi o assenti sensi di colpa, scrupoli e dubbi etici relativi alla possibilità di causare un danno alla sua vittima;
- il manipolatore raggiunge il suo scopo quando sente che il manipolato è una “marionetta nelle sue mani”, pronta a fare azioni contrarie al proprio interesse pur di obbedire al manipolatore.
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Persuasione, influenza o manipolazione?
La manipolazione, al contrario di persuasione ed influenza, è coercitiva, tuttavia, il confine tra persuadere, influenzare e manipolare è spesso molto labile: in generale sono il contesto e le motivazioni a determinare la natura benevola o malevola di una azione di convincimento dell’altro.
Manipolatore patologico
Un individuo che usi nella sua vita sistematicamente tecniche di manipolazione aggressive e non rispettose di alcun bisogno altrui, viene definito “manipolatore patologico“.
Esempi di manipolazione
Un esempio di manipolazione è quella portata avanti da un narcisista (uomo o donna) nei confronti del proprio partner, nel contesto di una relazione tossica in cui uno dei due soggioga l’altro.
Un esempio su larga scala della manipolazione si ha nella “propaganda“, che può usare strumenti che arrivano a chiunque, come i mass media ed i social network.
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Requisiti di una manipolazione efficace
Lo psicologo George K. Simon, afferma che l’efficacia della manipolazione è legata fondamentalmente a chi la esegue, intendendo con ciò che il manipolatore “di successo” è dotato delle seguenti attitudini:
- Nasconde l’aggressività da cui originano le sue intenzioni e i suoi comportamenti;
- Ha una spiccata attenzione orientata a scoprire le debolezze psicologiche della vittima, sulle quali costruisce i propri schemi di manipolazione;
- Insensibilità o vera e propria mancanza di senso di colpa, assenza di dubbi e scrupoli relativi alla possibilità di causare un danno alla sua vittima qualora lo ritenga necessario o utile al soddisfacimento della propria volontà.
Tanto più è nascosta l’aggressività, tanto più è efficace la manipolazione. L’aggressività velata si declina in queste due direzioni:
- Aggressività relazionale, cioè la deliberata compromissione delle relazioni interpersonali della vittima e la vandalizzazione della sua immagine sociale;
- Atteggiamenti passivo-aggressivi, ovvero l’espressione di ostilità indiretta da parte del manipolatore attraverso comportamenti omissivi quali la procrastinazione, il fallimento volontario in compiti di routine, riservare il “trattamento del silenzio”, tenere il broncio e dipingersi come vittima, critiche negative celate da sarcasmo o ironia e commenti retorici.
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Tecniche di manipolazione
La psicologa clinica Harriet Braiker, identifica i seguenti come i metodi di base usati dai manipolatori per controllare le proprie vittime:
- Rinforzo positivo: tessere le lodi della vittima, mostrarle comprensione, attenzione e approvazione, darle sostegno e riconoscimento pubblico, conquistarne le simpatie, farle regali.
- Rinforzo positivo intermittente: induce la vittima a pensare di poter guadagnare qualcosa continuando a comportarsi come richiesto dal manipolatore; si prenda come esempio il gratta e vinci, in cui vincere piccole somme induce a pensare che sia facile vincere ancora, spingendo a comprarne un secondo e a perdere quanto vinto in precedenza.
- Rinforzo negativo: evitare alla vittima una situazione negativa, come ricompensa per essersi piegata alle volontà del manipolatore; un tipico esempio è il seguente: Madre al figlio «Se oggi metti in ordine la tua stanza, non dovrai fare i compiti».
- Rinforzo negativo intermittente: impedisce alla vittima di prevedere il comportamento del manipolatore, portandola a dubitare di sé e ad aspettarsi costantemente l’arrivo di un imprevedibile rinforzo negativo da parte del manipolatore, che possa sgravarlo da qualche suo compito o fardello fisico o mentale che sia.
- Punizioni: mugugnare, imbronciarsi, fornire ricatto emotivo, indurre senso di colpa, fare la vittima, piangere, imprecare, urlare, intimidire, minacciare.
- Addestramento traumatico: il manipolatore, per plasmare il comportamento della sua vittima, manifesta accessi di ira, abuso verbale e altri comportamenti intimidatori e dominanti in specifiche situazioni, con lo scopo di dissuadere la vittima dal contraddirlo, affrontarlo o contestarlo (“altrimenti si arrabbia”).
Di seguito invece, i metodi di manipolazione individuati dallo psicologo George K. Simon:
- Mentire “di sana pianta”: elaborare menzogne che possano stare in piedi fino al soddisfacimento del proprio interesse. Quando vengono scoperte solitamente è troppo tardi per le vittime.
- Omettere: mentire inserendo piccoli elementi di verità che facciano rapida presa sulla vittima, tralasciando il grosso delle informazioni che possano compromettere il copione usato dal manipolatore per soddisfare il proprio interesse a spese della vittima.
- Negare: un manipolatore patologico non ammetterà mai di aver fatto qualcosa di sbagliato; cercherà di piegare i fatti a proprio vantaggio e dare peso alle prospettive che lo favoriscono. Infine, dopo aver tentato tutto il possibile, incluso negare le evidenze, se non è riuscito nel suo intento ammetterà candidamente il proprio errore cercando di sminuirlo e limitarne i danni in ogni modo.
- Razionalizzare: elaborare spiegazioni razionali per giustificare un comportamento inappropriato.
- Minimizzare: corrisponde a negare e razionalizzare allo stesso tempo. Sminuisce la dannosità di un suo atteggiamento, cercando di mettere insieme spiegazioni razionali per le quali si è attuato un dato comportamento antisociale. Tipico esempio è l’insulto velato mascherato da sarcasmo (“ovviamente stavo scherzando, hai la coda di paglia”).
- Attenzione/Disattenzione selettiva: le persone manipolatrici tendono a disinteressarsi e allontanarsi da tutto ciò che non ha niente a che fare con i loro interessi, e coagulano la loro attenzione attorno a ciò che ritengono possa fornire loro un vantaggio nel soddisfare la propria volontà. Frase tipica: “non me ne frega”.
- Deflessione: il manipolatore dirige l’attenzione e il discorso altrove, lontano dal nodo che gli altri interlocutori vogliono portargli all’attenzione.
- Evasività: a differenza della deflessione, nell’evasività il manipolatore fornisce risposte platealmente sconnesse e non pertinenti.
- Intimidazione subdola: utilizzo di minacce velate per spingere la vittima sulla difensiva.
- Induzione del senso di colpa: tecnica che il manipolatore usa principalmente contro quelle persone particolarmente coscienziose ed empatiche, nelle quali induce ansia, soggezione e dubbio, facendole sentire egoiste e superficiali (valori intollerabili per le persone particolarmente coscienziose ed empatiche).
- Induzione di vergogna: il manipolatore usa il sarcasmo per abbattere il tono dell’umore della sua vittima, indurla in condizione di umile soggezione e farla dubitare di se stessa. Tipici esempi sono gli sguardi arguti e tono di voce sgradevole mentre si fanno commenti retorici. Scopo ultimo far vergognare e dubitare di sé stessa la vittima.
- Recitare il ruolo della vittima: anche questa tecnica ha facile presa sulle persone particolarmente coscienziose. Il manipolatore ritrae sé stesso come vittima di una circostanza o del comportamento di qualcun altro, per ottenere compassione ed empatia da parte della vittima, e spingendola ad agire in direzione del soddisfacimento dei propri interessi.
- Denigrazione: questa è la tattica più potente usata dai manipolatori per mettere la vittima sulla difensiva e allo stesso tempo nascondere l’intento aggressivo del manipolatore. Infatti, quando la vittima si inalbera per difendersi, il manipolatore ha vita facile nell’inquadrare la vittima come “abusante”, in torto.
- Fare il servile: il manipolatore nasconde il soddisfacimento dei propri interessi dietro la scusa dell’obbedienza, del proprio dovere o del proprio lavoro.
- Seduzione: il manipolatore loda e adula la vittima per fare abbassare le sue difese, assicurarsi la sua fiducia e la sua lealtà. Per manovrare il comportamento della vittima gli basterà minacciare velatamente di rimuovere la propria benevolenza.
- Proiettare la colpa sugli altri: il manipolatore patologico tende a proiettare e vedere il proprio modo di pensare nella vittima, inducendola a pensare che sia sbagliato ragionare criticamente, fare scelte indipendenti e positive per sé stessa o avere comportamenti produttivi. Tutto ciò induce un senso di colpa nella vittima facendole credere di meritarsi di essere strumentalizzata.
- Fingere innocenza: il manipolatore proietta un’immagine di sé tale da indurre gli altri in buonafede a pensare che sia innocente o quantomeno tentare di far passare per involontario un suo comportamento deliberatamente dannoso; se accusato fingerà sorpresa e indignazione, recitando il copione dell’innocente e mettendo in atto un comportamento negazionista.
- Fingere confusione: il manipolatore finge di non sapere di che cosa stia parlando la vittima o comunque confuso al riguardo di un problema espresso dalla vittima. Il manipolatore farà di tutto per indurre la vittima a dubitare di se stessa, facendo perno su “elementi di salvataggio” che avrà inserito intenzionalmente in precedenza per garantirsi il beneficio del dubbio qualora fosse stato scoperto. In molti casi tra gli “elementi di salvataggio” avrà inserito anche persone, colleghi, amici, familiari, anch’essi manipolati come pezzi di un puzzle.
- Manifestazioni di rabbia: lo scopo è quello di creare uno shock emotivo nella vittima, toglierle il tempo di ragionare e spingerla velocemente in una condizione di soggezione psicologica. Questa tattica viene usata dal manipolatore per “addestrare” la sua vittima ad evitare certi comportamenti o situazioni che a lui non piacciono, come ad esempio atteggiamenti di sospetto della vittima verso le tattiche di manipolazione messe in atto.
L’efficacia dei manipolatori patologici non è determinata tanto dalle tecniche, quanto piuttosto dalla smodata attenzione che essi dedicano a osservare e meditare sulle vulnerabilità psicologiche delle altre persone in quanto potenziali vittime. Infatti il fulcro della loro efficacia risiede nella perfetta complementarità tra la vulnerabilità psicologica della vittima e la relativa tecnica scelta dal manipolatore.
I manipolatori patologici hanno un’esperienza tale che consente loro di sistematizzare e automatizzare le tecniche sopra esposte. Essi sanno bene che l’applicazione casuale delle tecniche sopra esposte sarebbe controproducente. Generalmente i manipolatori si prendono tutto il tempo necessario per sondare le vulnerabilità psicologiche delle loro potenziali vittime.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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