Disturbo da dismorfismo corporeo: quando pensiamo di avere un grave difetto fisico

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO UOMO PELATO SENZA CAPELLI CHE SI VEDE ALLO SPECCHIO TRISTE PERCHE SI VEDE BRUTTO NON BELLO DIFETTI DEL VISO FACCIA DISMORFOFOBIA ACCENTUATICon disturbo da dismorfismo corporeo (da cui l’acronimo “DDC“, anche chiamato “dismorfofobia “; in inglese “dysmorphophobia” o “body dysmorphic disorder“, da cui l’acronimo “BDD“), in psichiatria si descrive l’eccessiva preoccupazione per un difetto fisico che non è presente oppure è presente ma è oggettivamente molto lieve e solo leggermente osservabile dagli altri. Il soggetto è convinto che il difetto sia presente e che le altre persone non solo lo vedano, ma che sia estreamente visibile ai loro occhi. Il paziente avverte quindi una forte forma di fastidio nei confronti di tale difetto ed un grande desiderio di eliminarlo. In alcuni casi il soggetto può almeno in parte rendersi conto che tale difetto sia in realtà assente o comunque molto meno visibile agli altri di quanto pensi, mentre in altri casi il paziente si convince fortemente di avere il difetto ed in questo caso il pensiero assume caratteristiche deliranti. Nonostante la dismorfofobia abbia dei tratti in comune con il disturbo dell’immagine corporea e che spesso siano contemporaneamente presenti in soggetti che soffrono di anoressia nervosa, il disturbo di dismorfismo corporeo ed il disturbo dell’immagine corporea sono attualmente categorizzati diversamente dai manuali nosografici ufficiali.

Cenni storici

Il termine dismorfofobia e le relative patologie soggiacenti, sono state descritte per la prima volta dallo psichiatra italiano Enrico Morselli nella sua opera del 1891 “Sulla dismorfofobia e sulla tafofobia”. Anche Pierre Janet descrisse un caso di dismorfofobia definendola come l’ossessione della vergogna del corpo. Sigmund Freud (1856-1939), il fondatore austriaco della psicoanalisi, una volta chiamò uno dei suoi pazienti, un aristocratico russo di nome Sergei Pankejeff, “Uomo Lupo”, poiché stava sperimentando i classici sintomi del disturbo: gli causava profonda vergogna e un significativo stress sociale. Il disturbo da dismorfismo corporeo è stato inserito per la prima volta nel DSM nel 1980 e venne descritto come un caso atipico di disturbo somatoforme. Storicamente, relativamente al disturbo da dismorfismo corporeo, è stato originariamente coniata la denominazione di “dismorfofobia”, un termine ampiamente applicato nella letteratura di ricerca giapponese, russa ed europea. Nella letteratura statunitense, il disturbo non era stato ancora studiato approfonditamente negli anni ’80. È stato poi introdotto nel DSM-III e i criteri diagnostici non erano adeguatamente definiti, poiché i fattori non deliranti e deliranti non erano separati.  Ciò fu successivamente risolto con la revisione del DSM-III, che aiutò molti fornendo un trattamento appropriato ai pazienti. Il disturbo da dismorfismo corporeo è stato raggruppato nelle “psicosi ipocondriache monosintomatiche”, prima di essere introdotto nel DSM-III. Nel 1991, i dati demografici degli individui che sperimentavano disturbo da dismorfismo corporeo, mostravano che il disturbo interessava principalmente donne single di età pari o superiore a 19 anni. Nel 2013, con l’uscita del DSM-5, è stato classificato all’interno dei disturbi ossessivo compulsivi.

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Etimologia

Il termine “dismorfico” deriva dalla parola greca “dusmorphíā” – il prefisso “dys-” che significa anormale o separato, e “morphḗ” che significa forma.

Epidemiologia

Si stima che il DDC colpisca dallo 0,7% al 2,4% della popolazione. Il disturbo ha una prevalenza di circa il 2% nella popolazione generale, mentre nella popolazione con diagnosi psichiatrica sale attorno al 6%. Il disturbo è prevalente tra coloro che richiedono un intervento di chirurgia estetica (13%), specialmente se è di rinoplastica (20%). La prevalenza del disturbo è solo leggermente più alta nelle donne rispetto agli uomini. Di solito inizia durante l’adolescenza. Il dismorfismo muscolare (“muscle dysmorphia” o “anoressia reverse” o vigoressia” o “bigoressia”) in cui il soggetto percepisce il corpo come troppo “piccolo”, colpisce soprattutto i maschi, ma deve essere più correttamente inserito nel gruppo del “disturbo dell’immagine corporea“, come anche l’anoressia nervosa.

Cause e fattori di rischio

Come per la maggior parte dei disturbi mentali, la causa del disturbo non è stata ancora del tutto chiarita. Alla base del disturbo da dismorfismo corporeo c’è probabilmente un’interazione di molteplici fattori, tra cui genetici, dello sviluppo, psicologici, sociali e culturali. Il disturbo da dismorfismo corporeo di solito si sviluppa durante la prima adolescenza, sebbene molti pazienti abbiano avuto traumi, abusi, negligenza, prese in giro o bullismo in epoche di vita precedenti. In molti casi, l’ansia sociale nelle prime fasi della vita precede il disturbo da dismorfismo corporeo. Sebbene gli studi sui gemelli omozigoti sul disturbo da dismorfismo corporeo siano pochi, uno stima la sua ereditarietà al 43% quindi la famigliarità è un fattore di rischio certamente importante. Altri fattori possono essere l’introversione, un’immagine corporea negativa, il perfezionismo, una bassa autostima, una maggiore sensibilità estetica, l’abuso infantile e l’abbandono infantile.

Trauma infantile

Lo sviluppo del dismorfismo corporeo può derivare da traumi causati da genitori/tutori, familiari o amici intimi. In uno studio pubblicato nel 2021 sulla prevalenza del maltrattamento infantile tra gli adulti affetti da dismorfismo corporeo, i ricercatori hanno scoperto che oltre il 75% degli intervistati aveva subito qualche forma di abuso da bambini.  I ricercatori hanno scoperto che gli adulti che avevano una storia di abbandono emotivo da bambini erano particolarmente vulnerabili al disturbo da dismorfismo corporeo, sebbene anche altre forme di abuso, compreso l’abuso fisico e sessuale, fossero identificate come fattori di rischio significativi. Man mano che i bambini raggiungono l’età adulta, iniziano a visualizzare l’abuso che è stato fatto ai loro corpi e iniziano a trovare modi per nasconderlo, coprirlo o cambiarlo in modo che non venga loro ricordato il trauma che hanno subito da adolescenti.

Social network

L’uso costante dei social media come TikTok, Instagram e Facebook, e lo “scattare selfie” possono tradursi in una bassa autostima e tendenze al dismorfismo corporeo. La teoria socioculturale dell’autostima afferma che i messaggi forniti dai media e dai coetanei sull’importanza dell’apparenza sono interiorizzati da individui che adottano gli standard di bellezza degli altri come propri. A causa dell’uso eccessivo dei social media e dello scatto di selfie, le persone, in particolare gli adolescenti, possono preoccuparsi di presentare una fotografia ideale al pubblico. Nello specifico, la salute mentale delle donne è stata quella maggiormente colpita dall’esposizione persistente ai social media. Le ragazze con disturbo da dismorfismo corporeo presentano sintomi di bassa autostima e autovalutazione negativa. A causa delle aspettative dei social media, il dismorfismo corporeo può derivare dal confronto delle donne con le immagini mediatiche dell’attrattiva femminile ideale (spesso irrealistiche perché modificate con programmi di ritocco o addirittura ultimamente create con l’IA, l’intelligenza artificiale): è probabile che ne risulti una discrepanza percepita tra la loro effettiva attrattiva e lo standard di attrattiva dei media. I ricercatori dell’Università Bilgi di Istanbul e dell’Università Bogazici in Turchia hanno scoperto che le persone con bassa autostima partecipano più spesso alla tendenza a scattare selfie insieme all’utilizzo dei social media per ottenere “like” (i “mi piace”) al fine di soddisfare i propri bisogni di autostima. La teoria dell’autoverifica spiega come le persone utilizzano i selfie per ottenere la verifica dagli altri attraverso Mi piace e commenti. I social media possono quindi innescare un’idea sbagliata riguardo al proprio aspetto fisico. Similmente a quelli con tendenze dismorfiche corporee, tale comportamento può portare alla costante ricerca di approvazione, autovalutazione e persino depressione. Nel 2019 è stata utilizzata una revisione sistematica utilizzando i database Web of Science, PsycINFO e PubMed per identificare i modelli dei siti di social network. In particolare, l’uso focalizzato sull’aspetto dei social media è risultato significativamente associato a una maggiore insoddisfazione per l’immagine corporea.

Sintomi e caratteristiche

Il sintomo principale del disturbo da dismorfismo corporeo è l’eccessiva preoccupazione per uno o più difetti fisici che sono o totalmente assenti o presenti in modo trascurabile. I difetti sono percepiti dal paziente come presenti ed estremamente visibili non solo a sé, ma anche agli altri. Tutto ciò causa grave disagio alla persona, che tende ad isolarsi e può arrivare a pensare al suicidio. Le preoccupazioni possono focalizzarsi sull’intero aspetto esteriore o solo su una parte delimitata del corpo o più parti. In genere, le zone maggiormente interessate sono: seno, capelli, cosce e fianchi per le donne; torace, addome, naso, pene, testicoli e capelli, per gli uomini. Il pensiero del difetto e sulle possibilità per rimuoverlo, può occupare molte ore al giorno, determinando un calo delle performance nello studio o sul lavoro, oppure interferendo nelle relazioni amorose e sociali. Il malato in genere controlla e confronta ripetutamente il difetto percepito e può adottare routine insolite per evitare il contatto sociale che lo esponga. Temendo lo stigma della vanità, i pazienti con DDC di solito nascondono agli altri questa estrema preoccupazione per un proprio difetto estetico. La persona ricerca dagli altri continue rassicurazioni sul proprio aspetto ma, nonostante gli altri confermino che il difetto non esiste o che sia poco visibile, il soggetto rimane comunque convinto di averlo. Il disturbo da dismorfismo corporeo è caratterizzato inoltre da camuffamento con cosmetici o abbigliamento e – sui social – dall’ampio uso di app di fotoritocco. Nei casi più gravi il soggetto potrebbe evitare gli specchi, cambiare ripetutamente abiti, pulirsi eccessivamente o limitare il cibo. La gravità del disturbo da dismorfismo corporeo può aumentare e diminuire e le riacutizzazioni tendono a provocare assenze da scuola, lavoro o socializzazione, portando a volte a un isolamento sociale prolungato, con alcuni che si “chiudono” in casa per periodi prolungati. Il deterioramento sociale è solitamente maggiore, a volte si avvicina all’evitamento di tutte le attività sociali. La scarsa concentrazione e motivazione compromettono il rendimento scolastico e professionale.

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Conseguenze

Il pensiero del difetto può diventare estremamente intrusivo nella vita del paziente ed interferire con il funzionamento sociale, relazionale e/o professionale della persona. Il DDC diminuisce la qualità della vita del paziente. Il soggetto può passare ore a pensare al difetto oppure a controllarlo (ad esempio guiardandosi frequentemente allo specchio) oppure a cercare dei sistemi per rimuoverlo, ad esempio cercando su internet delle “cure” al proprio problema. Il paziente può arrivare a voler ricorrere compulsivamente a trattamenti di bellezza, ormonali o chirurgia estetica, in quanto non tollera di avere nemmeno piccoli difetti e distorce la propria immagine vedendosi non adeguato. Gli individui con disturbo da dismorfismo corporeo tendono a impegnarsi in un uso intensivo di chirurgia plastica: nel 2018, il chirurgo plastico Dr. Tijon Esho ha coniato il termine “Snapchat Dysmorphia” per descrivere una tendenza dei pazienti che cercano interventi di chirurgia plastica per imitare immagini “filtrate”. Le foto filtrate, come quelle su Instagram e Snapchat, spesso presentano aspetti irrealistici e irraggiungibili che potrebbero essere un fattore causale nell’innescare il disturbo da dismorfismo corporeo. Il paziente si convince che tutti possano vedere il difetto che lui vede, per cui può aver letteralmente paura di farsi vedere in pubblico, visto che qualsiasi sguardo (casuale) delle altre persone, sarebbe interpretato come dolorosa conferma della presenza del difetto. In taluni soggetti, questa forma fobica, può causare stress emozionale ed incapacità di tessere adeguate ed equilibrate relazioni sociali e sessuali, con conseguente isolamento sociale che può condurre al disturbo evitante di personalità e distonie inerenti alla sessualità. L’individuo può sviluppare comportamenti fobico–ossessivi, talvolta dannosi per la propria salute poiché possono evolvere nel disturbo dell’immagine corporea e quindi in anoressia, bulimia e vigoressia. La dismorfofobia può determinare depressione, ideazioni suicidarie e suicidio. Il disturbo da dismorfismo corporeo negli USA ha un alto tasso di suicidio, da 2 a 12 volte superiore alla media nazionale.

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Diagnosi

La diagnosi di disturbo da dismorfismo corporeo spetta al medico psichiatra. Estremamente importanti, a tal fine, sono l’anamnesi e l’esame obiettivo del paziente. Il disturbo da dismorfismo corporeo può essere difficile da identificare in quanto chi ne soffre spesso ha una scarsa o assente consapevolezza della natura fittizia della sua dispercezione. Inoltre spesso il disturbo si accompagna ad emozioni come vergogna o imbarazzo, che rendono più difficile comunicare i sintomi di questo disturbo al proprio medico curante. Attualmente lo strumento più utilizzato per indagare la presenza di un disturbo da dismorfismo corporeo è il Yale-Brown Obsessive-Compulsive Scale, un’intervista clinica semi-strutturata per misurare la presenza e la gravità dei sintomi dismofofobici. Altri strumenti auto-somministrati possono essere utilizzati in alternativa come il Body Dysmorphic Disorder Questionnaire. L’indagine per la rilevazione di aspetti con valenza dismorfofobica può essere eseguita attraverso esami strumentali che esplorano l’immagine idiografica del soggetto, relativamente a questa disfunzione, quale ad esempio il reattivo MMPI (Minnesota Multiphasic Personality Inventory). Le dismorfofobie che fossero collegate al peso corporeo possono essere esaminate utilizzando il parametro relativo all’indice di massa corporea che – nonostante non sia scevro da possibili errori – consente una rapida valutazione della situazione ponderale del soggetto nella maggioranza dei casi. A causa di alcuni sintomi condivisi, il disturbo da dismorfismo corporeo viene comunemente diagnosticato erroneamente come disturbo d’ansia sociale, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo depressivo maggiore o fobia sociale. Il disturbo da ansia sociale e il disturbo da dismorfismo corporeo sono altamente comorbili (tra quelli con disturbo da dismorfismo corporeo, il 12-68,8% ha anche il disturbo da ansia sociale; tra quelli con disturbo da ansia sociale, il 4,8-12% ha anche il disturbo da dismorfismo corporeo), sviluppandosi in modo simile nei pazienti. Il disturbo da dismorfismo corporeo è addirittura classificato come un sottoinsieme del disturbo da ansia sociale da alcuni ricercatori. La diagnosi corretta può dipendere da domande specializzate e dalla correlazione con il disagio emotivo o la disfunzione sociale. Le stime collocano la sensibilità del questionario sul disturbo da dismorfismo corporeo al 100% (0% di falsi negativi) e la specificità al 92,5% (7,5% di falsi positivi). Il disturbo da dismorfismo corporeo è anche in comorbilità con i disturbi del comportamento alimentare, con una comorbidità fino al 12% in uno studio. Sia i disturbi del comportamento alimentari che quelli di dismorfismo corporeo riguardano l’aspetto fisico, ma i disturbi alimentari tendono a concentrarsi maggiormente sul peso piuttosto che sull’aspetto generale e vanno inseriti nel gruppo del disturbo dell’immagine corporea.

Disturbo da dismorfismo corporeo nell’ICD-11 e nel DSM-5

Nell’ICD-10 (la penultima edizione della Classificazione Statistica Internazionale delle Malattie) la dismorfofobia era inclusa nel sottogruppo dei disturbi dello spettro ossessivo-compulsivo (parte dei disturbi d’ansia), ed era denominata disturbo da dismorfismo corporeo (in inglese “body dysmorphic disorder“). Nell’ultima versione, l’ICD-11, tale condizione ha la stessa denominazione. Il disturbo da dismorfismo corporeo all’interno dell’ultima versone del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (il DSM-5), fa parte del capitolo dei disturbi ossessivo compulsivi. Il DSM-5 stabilisce quattro criteri per poter fare diagnosi:

  • È presente una preoccupazione per uno o più difetti fisici che non sono osservabili dagli altri o che appaiono minimi.
  • Durante il corso del disturbo gli individui hanno messo in atto comportamenti ripetitivi (come il guardarsi eccessivamente allo specchio, un grooming eccessivo, la dermatillomania o l’eccessiva richiesta di rassicurazioni) oppure atti mentali (come il valutare il proprio aspetto confrontandolo con quello degli altri) come risposta alle preoccupazioni per il loro aspetto fisico.
  • Queste preoccupazioni causano notevole distress o difficoltà significative a livello sociale, occupazionale o accademico, o in altre aree di vita.
  • Le preoccupazioni per il proprio aspetto fisico non sono meglio spiegate dalle preoccupazioni per peso e forme corporee in individui con un disturbo alimentare.

Va inoltre indicato il livello di insight del paziente, che in alcuni casi può essere buono o sufficiente: in questi casi la persona riconosce che le sue preoccupazioni sono eccessive e le sue percezioni alterate. L’insight può essere in altri casi scarso o molto scarso: il paziente può non essere non completamente convinto della veridicità delle sue preoccupazioni. Infine l’insight può essere totalmente assente, in questo caso il pensiero assume caratteristiche deliranti e la convinzione delle proprie preoccupazioni appare immodificabile.

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Forme più gravi: la volontà di amputarsi

Forme gravi di dismorfofobia, con sintomi psicotici, possono sfociare o rappresentare sintomi di schizofrenia, di disturbo delirante o di disturbi dell’identità, con risvolti neuronali, come il disturbo dell’identità di genere, il disturbo dissociativo o il disturbo dell’identità dell’integrità corporea o dismorfia corporale, associato spesso all’apotemnofilia (parafilia – ossia attrazione sessuale – per le auto-amputazioni), in cui il soggetto odia patologicamente la parte di sé che ritiene imperfetta ed estranea, arrivando a nascondere o perfino a mutilarsi gli arti o le parti corporee che detesta, pur di avere l’aspetto in cui si riconosce, ad esempio quello di un disabile amputato, Per approfondire leggi anche: Disturbo dell’identità dell’integrità corporea: voler essere disabili

Terapia

La patologia necessita, a seconda della gravità, di una serie di consulenze psicologiche o di un intervento psicoterapico, ad esempio di tipo integrato, psicodinamico o cognitivo-comportamentale, dato che può favorire o indurre ideazioni suicidarie, disturbi borderline della personalità, narcisismo patologico, fobia sociale, problemi coniugali e relazionali.
La terapia classica consiste in un periodo psicoterapia, ad esempio terapia familiare e/o psicoterapia cognitivo-comportamentale, associata alla somministrazione di SSRI, farmaci antidepressivi appartenente al gruppo degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina. Di norma, i pazienti rispondono alla terapia con una progressiva diminuzione della tensione e dello stress. Nella terapia, in associazione alle sessioni psicoterapeutiche, può essere utilizzata la clomipramina al fine di migliorare il tono dell’umore. La terapia della dismorfofobia va valutata in relazione alla personalità del soggetto e in base alla sua situazione familiare e sociale, per cui può essere utile una psicoterapia ad orientamento psicodinamico, sistemico o appartenente ad altri paradigmi.

Farmaci e psicoterapia

I farmaci antidepressivi, come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) sono considerati efficaci nel disturbo da dismorfismo corporeo. Gli SSRI possono aiutare ad alleviare i tratti ossessivo-compulsivi e deliranti, mentre la terapia cognitivo-comportamentale può aiutare i pazienti a riconoscere schemi di pensiero errati. La dottoressa Sabine Wilhelm ha condotto uno studio in cui lei e i suoi colleghi hanno creato e testato un manuale di trattamento specializzato nei sintomi del disturbo da dismorfismo corporeo. Gli elementi fondamentali del trattamento includono la psicoeducazione, la ristrutturazione cognitiva, l’esposizione e la prevenzione rituale e la consapevolezza/riqualificazione percettiva. Prima del trattamento, può essere utile fornire psicoeducazione, come con libri di auto-aiuto e siti web di supporto.

Controllo della chirurgia estetica

Per molte persone affette da disturbo da dismorfismo corporeo, la chirurgia estetica non funziona per alleviare i sintomi del disturbo poiché la loro opinione sul proprio aspetto non è fondata sulla realtà. Si raccomanda che i chirurghi estetici e gli psichiatri lavorino insieme per esaminare i pazienti in lista per sottoporsi ad interventi di chirurgia estetica, specie se invasivi, per verificare la presenza di disturbo da dismorfismo corporeo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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