Quante volte da bambini abbiamo sofferto per la mancanza di qualcuno, magari di nostra madre uscita di casa per andare a lavorare? Una gran quantità di ricerche ha dimostrato che casi del genere possono avere ripercussioni anche da adulti andando a creare l’impalcatura di quella che prende il nome di Sindrome da abbandono.
Cos’è la Sindrome da abbandono?
Per Sindrome da abbandono si intendere un insieme di sensazioni di disagio – dal semplice fastidio fino all’angoscia e alla depressione – determinato da abbandono reale, tradimento degli affetti o da carenze affettive. Seguendo il grande Jean Piaget – i cui libri invadono la mia casa grazie a mio padre che è un prof. di pedagogia – tutto potrebbe nascere da qualcosa che lui chiamava la “permanenza dell’oggetto“. In età molto precoce il bambino si rende conto di non essere autosufficiente e di dipendere per ogni cosa dall’oggetto (adulto), il quale c’è e non c’è. In altri termini, quando il bambino può percepire la presenza della madre, è rassicurato perché ha imparato che lei si occupa di lui, se però la madre “scompare”, cioè si sposta fuori della percezione del bambino, allora nasce la crisi, l’angoscia, ed il bambino piange, fin quando o non viene rassicurato dalla madre, o non realizza che la persona permane anche se lui non la vede/sente; cioè fin quando non supera una delle fasi precoci dell’infanzia, ed entra nella successiva. Questa grande paura rimane probabilmente nel ricordo, e le emozioni possono risvegliarsi anche da adulti, quando l’oggetto, verso il quale si è strutturata una dipendenza affettiva, “scompare”. E’ interessante ricordare che possono soffrire di tale sindrome anche gli anziani abbandonati a se stessi (e in questo momento di crisi economica e sociale stanno aumentando in maniera esponenziale) e le ragazze-madri abbandonate dalla famiglia di origine.
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Quali sono le cause della Sindrome da abbandono ?
Le cause determinanti sono eventi drammatici ad esempio la morte di uno dei genitori, violenti litigi familiari, mancanza di cure, freddezza della madre. Ma anche eventi in realtà normali (ma vissuti come fortemente traumatici dal soggetto) possono determinare i sintomi della sindrome, come ad esempio la nascita di un fratellino. Tali avvenimenti determinano nel soggetto due condizioni:
- l’incompiuta costruzione della fiducia in sé stessi;
- la convinzione più o meno consapevole che solo delegando le responsabilità e i problemi ad un altro si riesca ad andare avanti, ciò crea nel soggetto la percezione che è giusto e preferibile dipendere da altri per superare le avversità della vita.
Quali sono i sintomi della Sindrome da abbandono?
I bambini che soffrono di tale sindrome possono presentare ritardi psicomotori, facilità ad ammalarsi, abulia (incapacità di prendere decisioni e portare a termine le azioni), periodiche crisi di ansia, gelosia e aggressività. Più in generale tale sindrome si manifesta con emozioni e comportamenti che possono andare dal semplice disagio alla disperazione più nera, al sentirsi privi di una parte di sé, al perdere il piacere di vivere: senza una certa persona che lo ha abbandonato, il soggetto riferisce che la sua vita non ha più alcun senso.
Una esperienza che mi ha particolarmente colpito
Un mio paziente – che è anche un caro amico d’infanzia – colpito da questa sindrome, pur essendo normalmente una persona buona e calma, ha manifestato stati di aggressività accompagnati da collera, talora sino al delirio, soltanto parlando della sua ex ragazza che lo aveva lasciato. Un chiaro sintomo è l’ostinazione del ritorno della persona amata che lo aveva abbandonato, l’ossessione che noi suoi amici dovessimo convincere, quasi con la forza, la persona amata a tornare da lui. Il suo ragionamento era “lei DEVE tornare da me” e non ammetteva alcuna eccezione che prendesse in gioco il libero arbitrio della persona amata e la sua volontà di non voler tornare da lui. La frase “lei deve tornare da me” seguita da “voi dovete aiutarmi a farla tornare” non ammette contraddittorio logico e tutto ciò a ormai quasi due anni dalla rottura del fidanzamento (fidanzamento che era durato appena pochi mesi).
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A cosa può indurre?
La Sindrome dell’abbandono induce di solito a tre tipi di comportamento: costruttivi, di attesa, o – nel peggiore dei casi – distruttivi (auto e/o etero); dipende da come si manifesta. Nei casi più gravi la Sindrome dell’abbandono può condurre alla depressione e questa, purtroppo può indurre a pensieri suicidari e al suicidio.
Come superare la Sindrome da abbandono?
La sindrome da abbandono può essere curata con psicoterapia e terapia farmacologica, ma nei casi meno gravi anche dei semplici consigli possono migliorare di molto la situazione. Per approfondire, leggi questo articolo: Sindrome da abbandono: terapie e consigli per affrontarla e guarire
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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Ciao a tutti, nel 2009, ci fu una catastrofe: Avevo degli amici con una ragazza, ero in compagnia con loro, avevo una botta di vita nonostante la crisi forte, quando mi misi insiemr a lei, I falsi amici ostacolarono fino alla mia emarginazione, il dolore fu enorme, a tuttora ne risento, ma mi rimboccai le maniche ed ora sto meglio di loro con la mia nuoba moglie, io consiglio a tutti, date retta a questo scemo, voltate e ricominciate non puo essere sempre brutto, un sincero e felice augurio a tutti, marco
Nata da ragazza-madre alcolista, padre ignoto, poi un suo marito che mi ha “adottata” e che per 15 anni l’ha picchiata davanti a me e mio fratellino. Ora sono adulta e cerco di stare a galla. Psicoterapia (in)efficace, alcolismo, disturbi alimentari, tanta voglia di normalita’. Ma e’ dura, no: durissima. La consapevolezza, l’ipersensibilita’, il senso di vuoto e l’incapacita’ di legarmi.
Buongiorno,ringrazio chiunque voglia rispondere.
ho avuto purtroppo,ma per fortuna sono riuscita ad allontanarmi una relazione con un narcisista,la cui mira e’ creare la dipendenza affettiva,con tutte le sue tattiche manipolative,e’stata un’esperienza al limite dell’assurdo e estremamente dolorosa,finita per un atto molto crudele davvero al limite della comprensione e che mi ha costretta poi a guardarmi nel profondo e capire come mai nonostante i tanti segnali,io non sia riuscita ad allontanarmi per tempo,e soprattutto ad essere agganciata e percepita come preda.percio’ con tutto il mio dolore mi sono rivolta ad una psicoterapeuta,che dopo il lavoro di anamnesi familiare,storia della mia vita e test di personalita’,e’arrivata alla conclusione che soffro di sindrome abbandonica,ho un istinto molto spiccato percio’ fortunatamente percepisco il disagio,ma non ho le difese adatte per non farmi sopraffare,non riesco a porre dei limiti fin da subito e/o a costo di allontanarmi per tempo fino a quando arrivo al limite della sopportazione,ho una buona capacita’ di relazione perche’ in realta’sono capace di mettere in discussione le problematiche di relazione,e una buona intelligenza emotiva,ma sbaglio persone.
ora ci stiamo approcciando alla terapia cognitivo comportamentale,con buoni risultati,la mia paura e’che nel profondo questo tipo di ferita non si superi mai e che non solo saro’ sempre in stato come ora di allerta,al punto tale da limitae le mia volonta’ di relazionarmi,ma di rimanere bersaglio per certi tipi di persone,proprio per il concetto di coazione a ripetere.che capisco molto istintiva per quello che il profondo conosce e ricerca.
mi e’stata proposta dalla psicoterapeuta l’ipnosi per provare a superare il trauma, infondere piu’ sicurezza interiore,aumentare l’autostima,non vivere piu’il senso di colpa e indurre dal profondo comportamenti diversi.
qualcuno ha esperienza,puo’ funzionare?
Salve,
Avrei bisogno di un consiglio; recentemente sono giunto alla conclusione che credo di soffrire anch’io di questa cosiddetta sindrome da abbandono, l’ho dedotto auto-analizzando tanti miei comportamenti e anche analizzando le relazioni sentimentali che ho avuto in passato e come si sono evolute. Aggiungo che da tempo sono in terapia presso uno psicoterapeuta (per altri problemi), ma questa “scoperta” è molto recente e non ho avuto ancora occasione di parlarne con chi mi segue..La mia domanda è la seguente: per curare tale sindrome, oltre alla terapia ed eventualmente a determinati farmaci sarebbe giusto indursi alla solitudine e precludersi (almeno per ora) nuove relazioni, in modo da “imparare” a stare da soli? sarebbe utile o controproducente?
Non so esattamente come comportarmi, soprattutto per il fatto ho iniziato da poco una nuova relazione.
Grazie.
Diego
Non abbandoni la nuova relazione ma contemporaneamente consulti uno psicoterapeuta e inizi a “lavorare” su sé stesso
L’abbandono è un trauma personale emozionale, e deve essere vissuto dal soggetto sano, con riservatezza. I soggetti “fragili” sono anche con poche riserve di energia, e quindi devono assumere integratori bio e disintossicarsi da metalli pesanti e chimica di sintesi.Assolutamente nn fare uso di farmaci o ansiolitici e prendersi cura di se con amore. Questi hanno scarsa conoscenza dell’Amore, e imparando ad amare se stessi…di sicuro capiscono e riconoscono l’Amore. La passione è un’altra cosa anche se nel portale dell’amore.
Sono stato cresciuto senza padre, en nessun momento della mia vita mi ha chiamato anche sappendo della mia esistenza. Ho vissuto una imagine invisibile di un padre senza scrupoli, responsabilitá e principalmente senza amore al suo figlio. Peró sonno cresciuto con l’amore di mia madre, con la sua forza e protezzione, mi ha portato sicurezza e responsabilitá, di dove ho capito che fare il bene ti fai bene. anche essendo povero materialmente ma ricco di spirito e di speranza. Oggi facio giurisprudenza in Brasile 4º anno. Il l’amore e la determinazzione de mia madre mi ha salvato. La migliore medicina per la depressione, per l’abbandono, é l’amore della gente che abbiamo vicino. la fede é importante , ma piu l’amore. Un forte abbracio e che Dio vi Benedica..
Buona fortuna per tutto caro Kepler!
Sono stato poco chiaro, intendevo cura farmacologica e psicoterapia insieme. Da sole hanno poco significato tutte e due. E poi credo sia fondamentale che a prescrivere i farmaci sia lo Psichiatra in equipe con lo Psicologo e non il medico generico, come spesso succede. Ho visto anche tanti medici generici, concepire la mente come un organo qualsiasi e prescrive farmaci come soluzioni assicurate (E questo è molto pericoloso). Nei casi estremi è giusto che il farmaco venga dato subito, ma la terapia farmacologica non deve essere prescritta dal medico di base.
Per chiudere, con questa frase: “Eviterei di mettere i farmaci come cura o come soluzione utile”, intendevo che non tutti i fruitori di questo materiale interessante hanno una capacità critica e discernimento per comprendere che il farmaco non è una soluzione utile, se non prescritta da chi di dovere. Ps. gli ansiolitici si prendono anche senza ricetta medica.
Per me la possibile soluzione al problema è “Terapia Cognitivo-Comportamentale” e in caso di necessità comprovata dallo Psichiatra “Terapia Farmacologica” insieme. 🙂
Salve,
Trovo interessante questo articolo ma in quanto Psicologo, prossimo a diventare Psicoterapeuta, eviterei di mettere i farmaci come cura o come soluzione utile. I soggetto che si riferiscono a questo tipo di argomenti, spesso li stanno vivendo e quindi si sentono deboli. In questo caso possono facilmente incorrere in uso e abuso di queste sostanze che non aiutano la cura, ma il mantenimento. Proporrei miratamente più una Psicoterapia Comportamentale come cura perché è più funzionale ed è basata sul rispetto del singolo soggetto e della sua storia.
Grazie
Gianluca mi trova molto d’accordo sul fatto che la comportamentale sia importantissima per superare la Sindrome di abbandono, tuttavia ritengo che – in casi selezionati – anche la terapia farmacologica possa aiutare la causa. Ovviamente “il paziente è debole” ed ovviamente quelli citati sono farmaci “particolari” ed il soggetto può abusarne: proprio per questo motivo deve esserci uno stretto controllo da parte del medico. Altrimenti non dovremmo mai dare farmaci a nessun paziente psichiatrico, essendo di solito un tipo di paziente particolarmente “debole” e propenso all’abuso di sostanza.
“Eviterei di mettere i farmaci come cura o come soluzione utile”: non sono ovviamente d’accordo, ho visto pazienti non trarre beneficio dalla comportamentale ed essere letteralmente salvati dal farmaco (e viceversa, sia chiaro!). Tutto può risultare utile e complementare, ovviamente il medico o lo psicologo devono essere bravi professionisti.