La malattia acuta da radiazione (anche chiamata “avvelenamento da radiazioni“o “sindrome acuta da radiazione“, da cui l’acronimo “SAR“), è una sindrome caratterizzata un insieme di sintomi potenzialmente letali derivanti da un’esposizione dei tessuti del corpo umano ad una forte dose di radiazioni ionizzanti. Al di sopra di una esposizione che supera gli 8 Gy, l’avvelenamento è generalmente considerato grave ed in questo caso è quasi sempre mortale. Dosaggi più bassi, al di sotto di 2 Gy, più raramente determinano la morte. Ricordo al lettore che il Gy (gray) è l’unità di misura della dose assorbita di radiazione e che la radiazione ionizzante è un particolare tipo di radiazione che possiede abbastanza energia da liberare elettroni da atomi o molecole colpiti, rendendoli “ioni”: questa caratteristica rende le radiazioni ionizzanti capaci di danneggiare i tessuti biologici ed il DNA.
Cause
La sindrome acuta da radiazione è causata dall’esposizione a una dose di radiazioni ionizzanti (>0,1 Gy) per un breve periodo di tempo (>0,1 Gy/h): tali radiazioni portano a danni al DNA, che sono responsabili dei sintomi e del decesso. Il danno è generalmente correlato alla quantità di radiazioni assorbite: al di sopra di 8 Gy, l’avvelenamento viene in genere considerato grave ed è mortale in quasi la totalità dei casi, anche con cure mediche adeguate e tempestive. Le fonti di radiazione naturali generalmente non sono abbastanza potenti da provocare la sindrome, che quindi ha nella maggioranza dei casi cause umane (accidentali o intenzionali), come un incidente nucleare, un’esposizione a una fonte radioattiva, un guasto ad un macchinario che somministra radioterapia o un’esplosione atomica.
L’errore umano ha giocato un ruolo importante negli incidenti dovuti all’esposizione accidentale, compresi alcuni incidenti critici, ed eventi su larga scala come il disastro di Chernobyl.
L’esposizione intenzionale è un’altra causa di avvelenamento da radiazioni. I bombardamenti atomici intenzionali di Hiroshima e Nagasaki da parte degli USA durante la Seconda Guerra Mondiale hanno provocato decine di migliaia di vittime; i sopravvissuti a questi bombardamenti sono conosciuti oggi come Hibakusha. I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki provocarono modalità diverse di avvelenamento da radiazioni. Alcune vittime ricevettero dosi di raggi gamma massicce nell’esplosione, altre ingerirono acqua o cibi contaminati con particelle di plutonio o uranio oppure sottoprodotti di fissione (cesio, iodio, stronzio) durante i giorni successivi. Le armi nucleari emettono grandi quantità di radiazioni termiche sotto forma di luce visibile, infrarossa e ultravioletta, alla quale l’atmosfera è in gran parte trasparente. Questo evento è noto anche come “flash“, in cui calore e luce radianti vengono bombardati sulla pelle esposta di una determinata vittima, provocando ustioni da radiazioni. La morte è altamente probabile e l’avvelenamento da radiazioni è quasi certo se si viene sorpresi all’aperto entro un raggio di 0-3 km da un’esplosione aerea da 1 megaton. La probabilità di morte a causa dell’esplosione del 50% si estende fino a circa 8 km da un’esplosione atmosferica da 1 megaton.
Il predittore più comunemente utilizzato dell’avvelenamento da radiazioni è la dose assorbita dall’intero corpo. Diverse quantità correlate, come la dose equivalente, la dose efficace e la dose impegnata, vengono utilizzate per valutare gli effetti biologici a lungo termine come l’incidenza del cancro.
Fisiopatologia
L’esposizione del tessuto umano ad alte dosi di radiazioni ionizzanti (le stesse usate nelle radiografie, a dosaggi molto bassi) provoca danni al DNA, creando successivamente aberrazioni cromosomiche gravi e persino letali se non riparate. Le radiazioni ionizzanti possono produrre specie reattive dell’ossigeno e danneggiano direttamente le cellule provocando eventi di ionizzazione localizzati. Il primo è molto dannoso per il DNA, mentre i secondi creano cluster di danni al DNA. Questo danno include la perdita delle basi azotate e la rottura dello scheletro zucchero-fosfato che si lega alle basi azotate. Anche l’organizzazione del DNA a livello di istoni, nucleosomi e cromatina influisce sulla sua suscettibilità ai danni da radiazioni. Le mutazioni non possono essere tramandate dai genitori alla prole, ma possono propagarsi nelle linee cellulari all’interno di un organismo. Il danno da radiazioni può anche causare aberrazioni cromosomiche e cromatidiche, e i loro effetti dipendono dallo stadio del ciclo mitotico in cui si trova la cellula quando avviene l’irradiazione. Se la cellula è in interfase, mentre è ancora un singolo filamento di cromatina, il danno verrà replicato durante la fase S1 del ciclo cellulare e si verificherà una rottura su entrambi i bracci cromosomici; il danno quindi sarà evidente in entrambe le cellule figlie. Se l’irradiazione avviene dopo la replicazione, solo un braccio subirà il danno; questo danno sarà evidente solo in una cellula figlia. I danni sono determinati in modo diverso sui tessuti da diversi tipi di radiazioni ionizzanti. Le radiazioni alfa e beta hanno un basso potere di penetrazione ed è improbabile che colpiscano gli organi interni vitali dall’esterno del corpo. Qualsiasi tipo di radiazione ionizzante può causare ustioni, ma le radiazioni alfa e beta possono farlo solo se sulla pelle o sui vestiti dell’individuo si depositano contaminazioni radioattive o ricadute nucleari. Le radiazioni gamma e neutroniche possono percorrere distanze molto maggiori e penetrare facilmente nel corpo, quindi l’irradiazione su tutto il corpo generalmente provoca SAR prima che gli effetti sulla pelle siano evidenti.
Fasi
L’avvelenamento si manifesta generalmente in tre fasi distinte:
- fase prodromica (non letale): si manifesta nei minuti o nelle ore immediatamente seguenti l’irradiazione. Questa fase dura da qualche ora a qualche giorno e si manifesta sovente con sintomi e segni fastidiosi ma generalmente non così gravi, come diarrea, nausea, vomito, anoressia, mal di testa, affaticamento, febbre e un breve periodo di arrossamento della pelle (eritema). Questi sintomi possono verificarsi a dosi di radiazioni anche basse, ad esempio di 0,35 Gy (35 rad). Questi sintomi sono comuni a molte malattie e potrebbero non indicare, di per sé, una malattia acuta da radiazioni.
- periodo di latenza: dopo alcune ore o giorni dall’esposizione, inizia un periodo di tempo variabile in cui il soggetto appare in buone condizioni. I sintomi presenti nella fase prodromica diminuiscono o scompaiono e ciò fa ben sperare il soggetto che spera nella remissione della malattia. Il periodo di latenza ha durata molto variabile in base alla dose di radiazioni: fino a 6 Gy, il periodo di latenza dura in genere circa un mese (a volte anche una sola settimana); fino a 8 Gy il periodo di latenza dura pochi giorni (meno di una settimana); oltre gli 8 Gy il periodo di latenza può durare uno o due giorni o – più spesso – non presentarsi affatto;
- fase acuta (letale ad alte dosi): dopo un periodo di latenza variabile, la sindrome si manifesta con una sintomologia complessa, generalmente con disturbi cutanei, ematopoietici, gastro-intestinali, respiratori e cerebrovascolari. Tali disturbi sono generalmente gravi o molto gravi e possono portare alla morte del paziente.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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