Nel sistema scolastico francese l’educazione fisica, ritenuta parte integrante dello sviluppo psicofisico degli adolescenti, occupa il 15 per cento dell’orario complessivo scolastico. In Italia si arriva a malapena al 7 per cento. Basta questo dato per fare suonare il campanello d’allarme: troppi giovani non praticano sport, mettendo a repentaglio la loro salute. E a suonarlo a Roma, nel corso degli Stati generali della Pediatria, è stata la Società italiana di pediatria (Sip): siamo di fronte a una generazione che rischia di diventare malata.
In pochi fanno sport
«Una regolare attività fisica e motoria in età evolutiva», spiega Giovanni Corsello, presidente Sip, «insieme alle corrette abitudini alimentari, sono uno strumento decisivo di prevenzione della salute per le future generazioni». I dati parlano chiaro: tra il 2011 e il 2012 la quota di praticanti continuativi nella fascia d’età 11-14 anni è scesa dal 56 per cento al 53,4 per cento, quella dei 15-17enni arriva al 48,5 per cento, tra i 18 e 19 anni è al 34,7 per cento. Al contrario aumenta il numero di sedentari assoluti, che riguarda soprattutto le ragazze: tra i 15 e 17 anni sono il 24 per cento e tra i 18 e i 19 anni sono il 30 per cento. Un’indagine Sip pone le nuove tecnologie sul banco degli imputati: i teenagers che trascorrono da tre a quattro ore al giorno davanti a uno schermo (tv, computer, smartphone, etc.).
Il ruolo della scuola
C’è poi l’eccessivo impegno richiesto dallo studio (56,5 per cento) e le modalità di svolgimento dell’attività, considerata noiosa (65,4 per cento), troppo faticosa (24,4 per cento) o guidata da istruttori troppo esigenti (19,4 per cento). «Per riavvicinare gli adolescenti all’attività fisica e sportiva bisogna offrire loro nuovi stimoli», spiega Antonio Correra, consigliere nazionale Sip. «Occorre valorizzare di più l’attività fisica anche non strutturata e la pratica sportiva non agonistica. Ma il ruolo centrale spetta alla scuola. Soprattutto in quella media e superiore lo sport dovrebbe essere favorito e incentivato, mentre oggi è considerato una perdita di tempo che toglie spazio ad altre attività più importanti. Circa un terzo dei Paesi europei sta lavorando oggi a riforme che riguardano l’educazione fisica con interventi di vario tipo volti ad aumentare l’orario minimo, diversificare l’offerta, promuovere la formazione di coloro che la insegnano».
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