I termini “aborto” e “interruzione della gravidanza” sono sinonimi in quanto entrambi indicano che la gravidanza si sia interrotta ed l’embrione o il feto non procederanno: ciò può avvenire per varie cause.
Nell’uso comune spesso si fa confusione perché si associa il termine “aborto” all’aborto spontaneo, mentre con “interruzione di gravidanza” ci si riferisce ad un aborto provocato.
Per chiarire la situazione, ricordiamo al lettore che l’aborto (la fine della gravidanza) si distingue in:
- aborto spontaneo: si verifica quando l’interruzione della gravidanza non dipende dalla volontà della gestante ma è accidentale ed incolpevole: ad esempio, molto frequente è l’aborto nei primi tre mesi di gravidanza per l’insorgere di complicazioni di varia natura. In questo caso l’aborto spontaneo è “completo” se il frutto del concepimento viene totalmente espulso naturalmente attraverso la vagina, mentre è “incompleto” o “ritenuto” quando esso rimanga in parte o totalmente all’interno dell’utero;
- aborto provocato (o “aborto indotto”): si ha quando l’interruzione della gravidanza non avviene in modo spontaneo, bensì appunto indotto.
L’aborto provocato (o indotto) viene effettuato con tecniche mediche e può essere di due tipi:
- aborto terapeutico: si effettua in entro la 24ª settimana (180 giorni di gravidanza, legge n. 194/1978) e per scopi terapeutici o motivazioni mediche: ciò si giustifica se si pensa che l’amniocentesi (esame piuttosto invasivo che si effettua prelevando del liquido amniotico dalla sacca) può essere effettuata solo dopo la 18° settimana e che i risultati arrivano intorno alla 20° settimana. In questo modo, nel caso in cui si scoprisse che il feto fosse affetto da malformazioni o malattie, si avrebbero circa 4 settimane per decidere se praticare l’aborto terapeutico;
- aborto volontario (o “aborto elettivo”): si effettua entro la 13ª settimana (90 giorni, legge n. 194/1978) per volontà della gestante, per vari motivi non medici.
Scopi di un aborto terapeutico
Un aborto terapeutico viene eseguito con vari scopi:
- per salvare la vita della donna incinta;
- per prevenire danni alla sua salute fisica o psichica;
- per interrompere una gravidanza in cui vi è una forte probabilità che il bambino avrà un alto rischio di morbilità o mortalità;
- per ridurre selettivamente il numero di feti in modo da ridurre i rischi per la salute associati con una gravidanza multipla.
Ad esempio un aborto terapeutico può essere effettuato qualora il medico individui patologie che possono colpire la madre, l’embrione o il feto. Relativamente alla madre, tipicamente:
- gravi malattie cardiache;
- malattie renali croniche;
- tubercolosi polmonare;
- forme tumorali che colpiscono la mammella;
- AIDS (potendosi questo virus trasmettere al figlio).
Relativamente all’embrione o al feto, invece, tipicamente la sindrome di Down o da altre anomalie cromosomiche che pregiudicano lo sviluppo dello stesso.
Scopi di un aborto volontario
Un aborto volontario viene eseguito per varie cause: familiari, sociali, economiche o altre estremamente soggettive per ogni paziente. È evidente, tuttavia, che la legge 194 non consente l’aborto in modo indiscriminato ma, a “Tutela sociale della maternità”, ispirandosi al rispetto di alcuni principi fondamentali:
- il diritto alla procreazione cosciente e responsabile,
- il riconoscimento del valore sociale della maternità,
- la tutela della vita umana dal suo inizio,
- la promozione e lo sviluppo da parte dello Stato, Regioni ed Enti locali, di iniziative tese a evitare che l’aborto venga usato come strumento di limitazione delle nascite.
Aborto legale o illegale?
L’aborto volontario è legale se eseguito nei primi 90 giorni di gravidanza. L’aborto terapeutico è legale se è eseguito nei primi 180 giorni e la sua attuazione ha motivi medici ben documentati, ad esempio nel caso in cui, se non fosse praticato, la vita stessa della madre sarebbe messa a rischio. Al di fuori di questi casi e di questi tempi, l’aborto in Italia è considerato illegale. La legge italiana, per evitare pericolose interruzioni di gravidanza “fai-da-te” ha stabilito inoltre che l’aborto possa essere praticato solamente negli ospedali e nelle strutture sanitarie dotate di servizio ostetrico-ginecologico, e solo da un medico specializzato in ostetricia o ginecologia. Nei primi 90 giorni l’intervento può essere effettuato in case di cura autorizzate o presso poliambulatori.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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