La legge italiana, per evitare pericolose interruzioni di gravidanza “fai-da-te”, stabilisce che l’aborto possa essere praticato solamente negli ospedali e nelle strutture sanitarie dotate di servizio ostetrico-ginecologico, da un medico specializzato in ostetricia o ginecologia. La legge impone a tutti i consultori, le strutture sanitari e i medici di fiducia cui si rivolge la donna che intende abortire, di:
- esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti,
- aiutare la donna a rimuovere – se possibile – le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza
- mettere la donna in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre
- promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna in difficoltà, offrendole tutti gli aiuti possibili necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.
Il medico è costretto a praticare l’aborto?
Qualora l’aborto sia volontario (cioè sia deciso dalla madre entro i primi 90 giorni di gravidanza), il medico NON è costretto a praticare l’aborto qualora sia obiettore di coscienza (vedi paragrafo seguente).
Qualora l’aborto sia terapeutico (cioè sia deciso entro i primi 180 giorni della gravidanza per motivi medici, ad esempio salvare la vita alla madre nel caso in cui la gravidanza sia un rischio per la sua salute), il medico E’ sempre costretto a praticare l’aborto ANCHE SE se sia obiettore di coscienza.
In poche parole, l’obiezione di coscienza non permette al medico di evitare di praticare l’aborto sempre e comunque: il medico obiettore di coscienza può esimersi dal praticare l’aborto solo se volontario e non può negare di praticare un aborto se terapeutico.
Cos’è l’obiezione di coscienza?
Non ogni medico specializzato in ostetricia o ginecologia è tenuto a praticare l’aborto richiesto dalla donna, né le altre persone che esercitino la professione sanitaria (ad esempio, gli infermieri): secondo la legge, il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell’obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell’ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dal conseguimento dell’abilitazione nel settore ostetrico-ginecologico o dall’assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette all’interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l’esecuzione di tali prestazioni. L’obiezione può sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini suddetti, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. Inoltre, l’obiezione di coscienza si intende tacitamente revocata con effetto immediato se chi l’ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l’interruzione della gravidanza, al di fuori dei casi di urgenza. L’obiezione di coscienzaesonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e NON dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento. Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti. L’obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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