Le funzioni cognitive sono l’insieme di caratteristiche e processi consci ed inconsci che permettono all’essere umano di identificare, elaborare, memorizzare, Continua a leggere
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Radiografie, TAC, PET, scintigrafie provocano tumori e cancro?
Le radiografie (RX) e la tomografia computerizzata (TC o TAC), per restituire l’immagine, al contrario di ecografia, risonanza magnetica ed endoscopia, usano i raggi X, che sono Continua a leggere
Differenza tra PET, TAC e risonanza magnetica
La Tomografia ad emissione di positroni (anche chiamata “PET” acronimo dall’inglese “Positron Emission Tomography”) è una metodica di diagnostica per immagini che consente di individuare precocemente i tumori e di valutarne la dimensione e la localizzazione. L’esame si basa sulla somministrazione di radiofarmaci, caratterizzati dall’emissione di particelle chiamate positroni. Le indagini di Medicina Nucleare, come la PET, prevedono la somministrazione di una piccola quantità di una sostanza radioattiva (radiofarmaco), al fine di indagare le caratteristiche funzionali degli organi e degli apparati nei quali il radiofarmaco si localizza. La procedura inizia con l’iniezione di un radiofarmaco formato da un radio-isotopo tracciante con emivita breve, legato chimicamente a una molecola attiva a livello metabolico (vettore), ad esempio il fluorodesossiglucosio (18F-FDG). Dopo essere stato somministrato per via endovenosa, il radiofarmaco si distribuisce in particolari modi nel corpo del paziente permettendo di ottenere delle immagini diagnostiche. La tomografia ad emissione di positroni in medicina serve per svariati scopi, come:
- lo studio delle patologie neoplastiche;
- la diagnosi differenziale delle demenze e studi di neuroimaging funzionale;
- lo studio delle malattie di interesse reumatologico e infettivologico;
- la ricerca di miocardio ibernato e studi di perfusione cardiaca.
Differenza tra PET, TAC e risonanza magnetica
La differenza fondamentale tra le tre tecniche è il mezzo con cui l’immagine viene raggiunta: nella TAC (o TC) si usano radiazioni ionizzanti e loro diverso assorbimento da parte delle diverse strutture anatomiche; nella risonanza magnetica nucleare (RM) si usa la misura della precessione dello spin di protoni quando sono sottoposti ad un campo magnetico; infine nella PET si usa l’emissione di positroni da parte del radiofarmaco. A differenza della Tomografia computerizzata e della risonanza magnetica, che forniscono informazioni di tipo morfologico, la PET dà informazioni di tipo fisiologico permettendo di ottenere mappe dei processi funzionali all’interno del corpo e non solo mappe anatomiche come avviene per TAC ed RM.
TAC, PET o risonanza magnetica: quale tecnica è la migliore?
La risposta a questa domanda è “dipende”: alcune patologie fanno preferire una tecnica piuttosto che l’altra e sarebbe quindi controproducente in questa sede dare una risposta generica e fuorviante a questa domanda. Sarà comunque il medico, e non il paziente, a decidere la tecnica maggiormente indicata, soppesando vantaggi, svantaggi ed ipotesi diagnostica.
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Differenza tra PET e SPECT
La Tomografia ad emissione di positroni (anche chiamata “PET” acronimo dall’inglese “Positron Emission Tomography”) è una metodica di diagnostica per immagini che consente di individuare precocemente i tumori e di valutarne la dimensione e la localizzazione. L’esame si basa sulla somministrazione di radiofarmaci, caratterizzati dall’emissione di particelle chiamate positroni. Le indagini di Medicina Nucleare, come la PET, prevedono la somministrazione di una piccola quantità di una sostanza radioattiva (radiofarmaco), al fine di indagare le caratteristiche funzionali degli organi e degli apparati nei quali il radiofarmaco si localizza. La procedura inizia con l’iniezione di un radiofarmaco formato da un radio-isotopo tracciante con emivita breve, legato chimicamente a una molecola attiva a livello metabolico (vettore), ad esempio il fluorodesossiglucosio (18F-FDG). Dopo essere stato somministrato per via endovenosa, il radiofarmaco si distribuisce in particolari modi nel corpo del paziente permettendo di ottenere delle immagini diagnostiche.
In contrapposizione alla costosa PET è ora disponibile la meno costosa SPECT (Single Photon Emission Computed Tomography) la tomografia per emissione con fotoni singoli. Una apparecchiatura PET costa circa 10 volte più di una SPECT (0.5-1 ml euro) e non richiede la contemporanea presenza di un ciclotone; per questa ragione le prime sono molto meno presenti sul territorio Esistono differenze tra le tecnologie di acquisizione SPECT e PET. La diagnostica si esegue sempre con radiazioni gamma, però i metodi e le apparecchiature sono diverse a seconda del tipo di emissione. Nella SPECT, dopo iniezione di sostanze radioattive, un apparecchio in grado di rilevare le radiazioni gamma ruota attorno al paziente acquisendo immagini che vengono elaborate al computer. La SPECT è spesso impiegata per la diagnosi di malattie cerebrali e del sistema neuroendocrino.
Nella SPECT – basata su una tecnologia più semplice – si registrano solo le radiazioni dirette perpendicolarmente al rivelatore, nella PET due rivelatori colpiti contemporaneamente da fotoni con direzione obliqua rispetto all’asse del cilindro possono ugualmente registrare la radiazione. Questo complesso di condizioni rende la PET più veloce della SPECT e con una maggior risoluzione. La velocità di esecuzione è un requisito essenziale perché i radioisotopi usati in PET hanno generalmente emivita più breve di quelli usati in SPECT.
Analogamente alla PET, la SPECT (diversamente da TAC, ecografia e risonanza magnetica) permette di ottenere delle informazioni funzionali sull’intero corpo del paziente o su uno specifico organo. La radiazione interna è ottenuta per mezzo di un farmaco marcato con un isotopo radioattivo (tipicamente il tecnezio) che può essere iniettato, ingerito, o inalato. L’isotopo radioattivo decade mediante emissione dei raggi gamma che, in seguito alla rivelazione, forniscono un’immagine di ciò che avviene all’interno del corpo del paziente.
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Tomografia ad emissione di positroni (PET): a cosa serve, è pericolosa?
La Tomografia ad emissione di positroni (anche chiamata “PET” acronimo dall’inglese “Positron Emission Tomography”) è una metodica di diagnostica per immagini che consente di individuare precocemente i tumori e di valutarne la dimensione e la localizzazione. L’esame si basa sulla somministrazione di radiofarmaci, caratterizzati dall’emissione di particelle chiamate positroni. Le indagini di Medicina Nucleare, come la PET, prevedono la somministrazione di una piccola quantità di una sostanza radioattiva (radiofarmaco), al fine di indagare le caratteristiche funzionali degli organi e degli apparati nei quali il radiofarmaco si localizza. La procedura inizia con l’iniezione di un radiofarmaco formato da un radio-isotopo tracciante con emivita breve, legato chimicamente a una molecola attiva a livello metabolico (vettore), ad esempio il fluorodesossiglucosio (18F-FDG). Dopo essere stato somministrato per via endovenosa, il radiofarmaco si distribuisce in particolari modi nel corpo del paziente permettendo di ottenere delle immagini diagnostiche.
Differenza tra PET, TAC e risonanza magnetica
A differenza della Tomografia computerizzata (TAC o TC) e della Risonanza magnetica nucleare (RM), che forniscono informazioni di tipo morfologico, la PET dà informazioni di tipo fisiologico permettendo di ottenere mappe dei processi funzionali all’interno del corpo e non solo mappe anatomiche.
PET: a che serve?
- lo studio delle patologie neoplastiche;
- la diagnosi differenziale delle demenze e studi di neuroimaging funzionale;
- lo studio delle malattie di interesse reumatologico e infettivologico;
- la ricerca di miocardio ibernato e studi di perfusione cardiaca.
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Uso della PET in neurologia
La PET cerebrale con FDG permette di valutare il metabolismo glicidico a livello cerebrale ed è utilizzata nella diagnosi delle demenze e nella valutazione del deterioramento cognitivo lieve (MCI Mild Cognitive Impairment). Di solito in clinica si utilizzano tomografi PET/CT, ma sono disponibili in commercio anche tomografi PET abbinati ad una Risonanza Magnetica (PET/RM o PET/MRI). Ove non sia disponibile un tomografo PET è possibile ottenere dati del medesimo significato mediante la più vecchia SPECT cerebrale perfusionale (ma meno accurati, per via della più bassa risoluzione spaziale e di contrasto di questa metodica). Flusso ematico e metabolismo neuronale infatti sono strettamente correlati, in quanto i neuroni non possiedono riserve energetiche, quindi un aumento del metabolismo locale può essere ottenuto solo mediante un aumento del flusso di sangue alla regione interessata. Altri traccianti meno utilizzati (specie in campo di ricerca) consentono poi di valutare direttamente il flusso ematico cerebrale (acqua marcata con ossigeno 15, anidride carbonica, monossido di carbonio e butanolo sono marcabili con carbonio 11 o ossigeno 15) e l’estrazione cerebrale di ossigeno (Ossigeno 15 biatomico). Mediante ulteriori radiofarmaci è possibile anche eseguire l’imaging della neurotrasmissione (In particolare del sistema dopaminergico. Tale argomento è ampiamente trattato nella relativa voce) o mirato alla ricerca di depositi e placche di beta amiloide nel sospetto di Malattia di Alzheimer.
Cinetica dell’FDG a livello cerebrale
L’FDG è in grado di oltrepassare la barriera emato-encefalica utilizzando gli stessi trasportatori utilizzati dal glucosio fisiologico (GLUT) e di accumularsi nei neuroni ove viene fosforilato in posizione 6 dall’esochinasi e quindi intrappolato nella cellula in quanto non può così né uscire da essa né proseguire nella glicolisi per via dell’atomo di fluoro in posizione 2. Il primo di questi 2 processi è visibile nei primi 10-15 minuti come un incremento della captazione cerebrale in un’acquisizione dinamica (eseguita iniettando il radiofarmaco col paziente sul tomografo) mentre la reazione di fosforilazione avviene a 30-45 minuti dall’iniezione. Con questo tipo di acquisizione e mediante l’utilizzo di appositi modelli matematici è possibile misurare (metodica quantitativa) il metabolismo glicidico cerebrale; tuttavia tale metodica, per la sua complessità, è utilizzata solo a fini di ricerca.
Chi non può effettuare la PET?
Chiunque può essere sottoposto a queste indagini su indicazione da parte del medico curante. La richiesta dell’esame deve essere poi valutata dal medico specialista in Medicina Nucleare, il quale deve confermare o meno la corretta indicazione dell’esame.
PET: si può fare in gravidanza ed allattamento?
Le donne in gravidanza o che presentano ritardo nel ciclo mestruale devono segnalarlo prima dell’iniezione, a causa di possibili conseguenze sul feto. Se la gravidanza insorge anche a breve distanza di tempo dall’esecuzione dell’esame non esiste alcun problema per il feto. Durante il periodo di allattamento è consigliabile che le donne segnalino al medico questa circostanza per ricevere istruzioni sul periodo della necessaria interruzione dell’allattamento al seno, che varia a seconda del radiofarmaco utilizzato.
E’ necessaria una preparazione prima dell’esame?
Nella maggior parte dei casi è richiesto il digiuno. L’esatta modalità di preparazione viene comunicata al momento della prenotazione dell’esame. Normalmente non è necessario sospendere eventuali terapie farmacologiche in atto; qualora fosse necessario, le indicazioni sulla durata della sospensione sono fornite al momento della prenotazione.
Come funziona l’esame?
- Il radiofarmaco viene somministrato tramite un’iniezione in vena, generalmente nell’avambraccio.
- Il periodo di attesa tra la somministrazione del tracciante e l’esame è variabile in base al differente meccanismo di distribuzione e può variare fra 10 minuti e un’ora, nella maggior parte dei casi. Questo tempo deve essere trascorso in sale dedicate all’interno del reparto di Medicina Nucleare.
- L’esecuzione dell’esame avviene facendo distendere il paziente sul letto del tomografo PET/TC, la macchina che registra le radiazioni che escono dal paziente in seguito alla somministrazione e all’accumulo del radiofarmaco.
- Durante l’esame è necessario togliere gli oggetti metallici (collane, spille, monili) dal campo di rilevazione, che potrebbero interferire con la produzione dell’immagine. I tecnici del reparto avranno premura di controllare questi particolari.
- Al termine dell’esame il paziente può riprendere le normali attività ed abitudini. Qualche volta può essere utile bere più acqua del solito, per eliminare più rapidamente il farmaco somministrato. I composti radioattivi usati sono eliminati rapidamente dall’organismo, generalmente in poche ore. In alcuni casi, a seconda del radiofarmaco utilizzato, è consigliabile evitare la vicinanza con bimbi piccoli e donne in gravidanza per alcune ore. Sarà premura del personale del reparto fornire le informazioni necessarie.
La PET è dolorosa?
La PET non è dolorosa; l’unico disagio è il fastidio provocato dalla puntura dell’ago dell’iniezione, attraverso il quale viene somministrato il farmaco che si localizza nell’organo in esame.
La PET è rischiosa e pericolosa?
La PET non è pericolosa; la quantità di radioattività iniettata è esigua e la dose al paziente è paragonabile a quella di altri esami che utilizzano radiazioni, come per esempio la TAC. Le sostanze utilizzate non sono tossiche e generalmente non provocano effetti secondari; le manifestazioni allergiche sono estremamente rare.
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Diagnosi e diagnosi differenziale del morbo di Parkinson
Il morbo di Parkinson può essere diagnosticato partendo dalla storia clinica e da un esame neurologico. Non esiste attualmente un test che identifichi chiaramente la malattia, ma scansioni tomografiche cerebrali sono a volte utilizzate per escludere patologie che potrebbero dare luogo a sintomi simili. L’osservazione di corpi di Lewy nel mesencefalo, in sede di autopsia, è solitamente considerata la prova che il paziente soffriva della malattia di Parkinson. Le linee guida consigliano di valutare periodicamente la diagnosi, poiché la progressione della malattia può far cambiare opinione su di essa.
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Criteri standard di diagnosi
Organizzazioni mediche hanno creato criteri per facilitare e standardizzare il processo diagnostico, soprattutto nelle fasi iniziali della malattia. I più conosciuti provengono dalla britannica Parkinson’s Disease Society Brain Bank e dalla statunitense National Institute of Neurological Disorders and Stroke. I criteri del primo istituto citato richiedono la presenza di lentezza nei movimenti (bradicinesia) più rigidità, tremore a riposo o instabilità posturale. Le altre possibili cause di questi sintomi devono essere escluse. Infine, tre o più delle seguenti caratteristiche sono necessarie durante l’insorgenza o l’evoluzione: esordio unilaterale, tremore a riposo, progressione nel tempo, asimmetria dei sintomi motori, risposta alla levodopa per almeno cinque anni, decorso clinico di almeno dieci anni e verificarsi di discinesie indotte dall’assunzione eccessiva di levodopa. La precisione di questi criteri diagnostici, valutati dopo l’autopsia, è del 75-90%, con gli specialisti in neurologia che hanno le percentuali di diagnosi corrette più elevate.
Diagnostica per immagini nel paziente con Parkinson
La tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (MRI) del cervello di persone con malattia di Parkinson appaiono di solito normali. Queste tecniche sono comunque utili per escludere altre malattie che possono essere cause secondarie del parkinsonismo, come i tumori vascolari, patologie dei gangli della base e idrocefalo. Una tecnica particolare di risonanza magnetica, l’imaging con tensore di diffusione, è stata trovata utile nel discriminare tra parkinsonismo tipico e atipico, anche se il suo esatto valore diagnostico è ancora oggetto di studio. Inoltre, sono utilizzate la risonanza magnetica funzionale e la spettroscopia a risonanza magnetica. Di recente introduzione vi è la sonografia transcranica, una nuova metodica che permette di studiare in modo non invasivo e a basso costo il parenchima dei nuclei della base e del mesencefalo. Tutto ciò con l’ausilio della finestra temporale.
La medicina nucleare permette uno studio accurato della patologia dal punto di vista anatomico e funzionale. Essa sfrutta l’uso di traccianti radioattivi iniettati nell’organismo, i quali vanno a depositarsi nei distretti corporei oggetto di studio, evidenziandone il metabolismo, e quindi in maniera diretta o indiretta, caratteristiche come la vitalità o l’attività. Essendo la malattia di Parkinson una patologia a carico del sistema dopaminergico, i traccianti sono diretti verso il trasportatore della dopamina e verso il trasportatore vescicolare delle monoamine di tipo 2 e verso l’enzima DOPA decarbossilasi. La posizione in cui i traccianti vanno a depositarsi viene rilevata tramite PET e SPECT. Esempi di radiotraccianti utilizzabili sono: lo ioflupane (123I) (nome commerciale DaTSCAN) e iometopane (Dopascan) per la SPECT, il fluorodesossiglucosio (18F-FDG) e la fluoroDOPA per la PET. Un modello sulla riduzione dell’attività dopaminergica nei gangli basali può aiutare nella diagnosi della malattia di Parkinson.
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Diagnosi differenziale
Altre cause che possono secondariamente produrre una sindrome parkinsoniana sono: la malattia di Alzheimer, l’ictus cerebrale e il parkinsonismo farmaco-indotto. Nella diagnosi devono essere escluse sindromi come la paralisi sopranucleare progressiva e l’atrofia sistemica multipla. Tassi di progressione veloci, precoce disfunzione cognitiva o instabilità posturale, tremore minimo o simmetrico all’esordio, possono indicare la presenza di una sindrome ulteriore, piuttosto che la malattia di Parkinson stessa. Le forme genetiche sono di solito classificate come “malattia di Parkinson”, anche se i termini di “malattia familiare di Parkinson” e “parkinsonismo familiare” sono utilizzati per i soggetti con malattia autosomica dominante o recessiva.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Le bottiglie di plastica cedono all’acqua elementi tossici
Le bottiglie di plastica che si trovano nei nostri supermercati possono cedere nell’acqua composti potenzialmente tossici derivanti dall’involucro in Pet (polietilene tereftalato). A sostenerlo è Silvano Monarca, docente del Dipartimento di Igiene e sanità pubblica dell’Università di Perugia, le cui ricerche hanno dimostrato che queste cessioni, pur rimanendo nei limiti consentiti dalla legge, sono rilevabili in quantitativi variabili nel tempo. Le ricerche dell’equipe umbra non sono le uniche ad aver messo in evidenza una migrazione nell’acqua di elementi potenzialmente pericolosi sulla salute: alcuni studi europei hanno infatti trovato in alcune acque in bottiglia la presenza di interferenti endocrini, sostanze che potrebbero modificare l’equilibrio ormonale.
Continua la lettura su https://www.corriere.it/inchieste/reportime/salute/acqua-bottiglia-sotto-esame-dubbi-comunita-scientifica/daae6166-135b-11e4-bb47-dc581d38d44f.shtml
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