Quando un osso subisce una frattura, in condizioni fisiologiche inizia un processo biologico di riparazione che con il tempo porta alla formazione del “callo osseo”. Il callo osseo è un tessuto di riparazione che viene creato grazie al processo di callogenesi che solitamente si manifesta dopo tre settimane dall’evento traumatico che ha portato alla frattura. Il callo osseo salda i frammenti dell’osso fratturato e si modifica progressivamente modulandosi in risposta alle forze meccaniche esercitate su di esso, diventando sempre più resistente. Nelle settimane o nei mesi seguenti, il callo osseo ricostituisce l’integrità e le normali caratteristiche biomeccaniche del segmento scheletrico lesionato, tuttavia – se il processo di calcificazione subisce un condizionamento o un’interruzione tale da non consentire un consolidamento – è possibile che la frattura non guarisca correttamente. In tale evenienza si ha la formazione di un callo di tipo fibroso che comporta dolore e limitazione funzionale (pseudoartrosi) e, spesso, rende necessario intervenire chirurgicamente. In alcuni casi si può parlare di “ritardo di consolidazione” quando l’osso inizia a formare callo ma impiega più tempo del normale per ultimare la guarigione. La guarigione dell’osso può essere ostacolata da alcuni fattori di rischio preesistenti come ad esempio patologie metaboliche o fumo di sigaretta.
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Quali fattori possono condizionare la guarigione ossea?
L’osso guarisce quando la frattura è stabile e ha una vascolarizzazione sufficiente per cui possa formarsi callo osseo. Una corretta alimentazione gioca un ruolo importante nella guarigione dell’osso.
- Stabilità, allineamento, contatto reciproco delle parti, immobilità: la regola più importante è quella che quando un osso si rompe le parti rotte devono essere riallineate e a contatto e non devono muoversi fino a quando non guariscono in quanto anche piccoli movimenti durante la formazione del callo osseo possono disturbare la guarigione e creare una pseudoartrosi. Alcune fratture possono essere stabilizzate semplicemente con un gesso altre richiedono un trattamento chirurgico con una riduzione e la stabilizzazione attraverso mezzi di sintesi come placche, viti, chiodi o fissatori esterni.
- Vascolarizzazione: l’apporto di sangue è fondamentale per la guarigione di una frattura poiché attraverso il sangue vengono trasportati tutti i fattori che sono indispensabili per la formazione del callo osseo
- Nutrizione: avere una alimentazione adeguata è importante per facilitare la guarigione ossea attraverso una dieta sana ed equilibrata che comprende calcio, proteine, vitamina C e D sta alla base di una corretta guarigione dell’osso, integratori alimentari che vanno oltre i requisiti giornalieri non sono necessari (la rara eccezione è rivolta a pazienti gravemente malnutriti con patologie metaboliche o con danni multiorgano, in questo caso il medico potrà consigliare le linee guida dietetiche migliori e eventualmente aggiungere integratori alimentari).
Fasi della osteogenesi ripartiva delle fratture
In sintesi, le fasi che portano alla guarigione di una frattura, sono:
- fase di formazione e di organizzazione dell’ematoma (= travaso emorragico);
- fase di proliferazione e differenziazione tissutale in senso osteogenetico (le cellule ematiche sopraggiunte a livello del focolaio di frattura si differenziano in osteociti);
- fase di maturazione (cioè indurimento, calcificazione de callo) e successivamente fase di rimodellamento (cioè rimaneggiamento del callo che tende a fare scomparire quelli che sono i segni di frattura veri e propri).
Cause di pseudoartrosi
L’osso non guarisce e va in pseudoartrosi quando manca di stabilità sufficiente o il flusso di sangue è ridotto, situazioni che a volte possono coesistere. Un trauma ad alta energia come ad esempio un incidente stradale, può causare una lesione grave che oltre a rompere l’osso determina una compromissione della vascolarizzazione a causa della lesione dei tessuti molli circostanti.
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Fattori di rischio
Diversi sono i fattori di rischio che aumentano la probabilità che una frattura vada incontro a pseudoartrosi:
- utilizzo di tabacco o nicotina inibisce la guarigione di una frattura e aumenta la probabilita’ di formazione della pseudoartrosi
- età avanzata
- anemia grave
- diabete
- livelli bassi di vitamina D
- ipotiroidismo
- scarsa o cattiva alimentazione
- utilizzo di famaci come acido acetil-salicilico, ibuprofene e cortisone (il medico deve essere a conoscenza dei farmaci assunti dai pazienti che hanno riportato una frattura per valutare la possibilità di sospendere la terapia durante il periodo di guarigione della frattura)
- infezioni
- fratture esposte (quando l’osso è fuoriuscito dalla pelle)
Compromissione della vascolarizzazione
- Alcune ossa, come ad esempio quelle del piede, hanno una stabilitá intrinseca ed un eccellente apporto di sangue, in questi casi possono guarire anche con un trattamento non chirurgico e una minima stabilità.
- In alcune ossa come ad esempio la testa del femore o lo scafoide del polso, la frattura causa una interruzione della vascolarizzazione e di conseguenza il rischio di pseudoartrosi è elevato.
- Alcune ossa come ad esempio la tibia hanno un apporto di sangue moderato; traumi ad alta energia possono compromettere lo stato cutaneo e favorire la pseudoartrosi della frattura in questo distretto.
Sintomi di pseudoartrosi
La pseudoartrosi solitamente è dolorosa e quando si verifica, insorge dopo un periodo di benessere a seguito del trattamento della frattura, quindi inizia il dolore a distanza di mesi dalla frattura e può essere persistente per mesi o anni, oppure può iniziare quando si utilizza il braccio o la gamba rotta o può essere presente anche a riposo.
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Diagnosi di pseudoartrosi
Per diagnosticare una pseudoartrosi il medico ortopedico si avvale degli esami radiografici e a seconda del distretto interessato potrebbero essere richieste semplici radiografie o esami più particolari come la TAC o la RMN. Attraverso queste indagini il medico stabilisce l’avanzamento della guarigione o la presenza di una pseudoartrosi. Solitamente si parla di pseudoartosi quando dagli esami clinici e radiografici il medico ortopedico riscontra:
- dolore persistente da più di 6 mesi nel sito di frattura
- la mancata formazione del callo osseo nei tempi biologici adeguati e durante i controlli nei mesi successivi
- un riassorbimento dei monconi della frattura o uno spazio tra questi
Nel caso in cui si diagnostichi una pseudoartrosi il medico potrà chiedere alcuni esami del sangue per scoprire se esiste una carenza vitaminica o di calcio, una patologia metabolica come diabete e ipotiroidismo o se è in atto un’infezione.
Trattamento della pseudoartrosi
Il trattamento può essere chirurgico o non chirurgico il vostro ortopedico discuterà con voi le possibilità terapeutiche che meglio si adattano al vostro caso esponendovi i rischi ed i benefici della scelta per risolvere il caso di pseudoartrosi.
1) Trattamento non chirurgico. L’utilizzo di uno stimolatore osseo come la magneto terapia o i CEMP (campi elettromagnetici pulsati) viene applicato sulla pelle nella zona di pseudoartrosi, questo piccolo dispositivo eroga onde elettromagnetiche a ultrasuoni o impulsi che stimolano la guarigione dell’osso. Il dispositivo va applicato giornalmente da 20 minuti a diverse ore in base alle disposizioni del vostro ortopedico o fisiatra.
2) Trattamento chirurgico. La chirurgia è necessaria quando i metodi tradizionali di trattamento falliscono. Potrebbe essere necessario un nuovo trattamento chirurgico se il primo trattamento non ha portato a guarigione la frattura. Le opzioni chirurgiche prevedono nuova sintesi della frattura, innesto osseo autologo o da donatore di organi (allograft) o sostituti dell’osso e sintesi interna e/o esterna.
- Innesto osseo autologo: durante questa procedura il chirurgo ortopedico preleva dell’osso in un altro distretto come ad esempio dal bacino, e lo pone nel sito di pseudoartrosi dopo aver tolto il tessuto di guarigione patologico dalla frattura. L’osso utilizzato ha la funzione di supporto funzionale e biologico ovvero serve a rinforzare la stabilità della sintesi e ad apportare cellule e fattori di guarigione nel sito della frattura. Il sito maggiormente utilizzato per il prelievo di tessuto osseo è il bacino, in questo caso il chirurgo fa un’incisione sul bordo della cresta iliaca e da lì preleverà il tessuto osseo sufficiente per trattare la pseudartrosi.
- Allograft (innesto da donatore di organi): un allotrapianto (Allograft) evita di prelevare osso dal paziente e diminuisce quindi la durata dell’intervento ed il dolore post operatorio. Esso fornisce un’impalcatura quindi un supporto funzionale alla stabilità della frattura ma non da nessun apporto biologico in quanto è osso non vitale, motivo per cui viene utilizato spesso in associazione con osso prelevato dal bacino del paziente. Con il tempo l’allograft verrà o riassorbito o sostituito da osso vitale.
- Sostituti dell’osso: come per gli allograft i sostituti dell’osso hanno il vantaggio di ridurre i tempi chirurgici e ridurre il dolore post operatorio da soli non forniscono supporto funzionale nè biologico essi sono trattati con alcune sostanze che attivano e favoriscono la formazione dell’osso .
Molto frequentemente la stabilità della frattura in pseudoartrosi non è data dagli innesti ossei ma questi vanno associati ad una stabilizzazione attraverso sintesi con fissatori interni come placche e viti o chiodi oppure fissatori esterni:
- Fissazione interna: se si verifica una pseudoartrosi dopo un intervento di sintesi interna la scelta chirurgica potrebbe essere una nuova sintesi interna per aumentare la stabilità. Il chirurgo può scegliere di sostituire un chiodo endomidollare con uno di diametro maggiore per aumentare la stabilità della frattura e favorire il sanguinamento nel sito di pseudoartrosi oppure cambiare una placca per aumentare la stabilità utilizzando anche innesti ossei per favorire la guarigione.
- Fissatore esterno è una impalcatura esterna che si fissa all’osso attraverso dei perni rigidi Fiches che vengono avvitati nell’osso stesso lontano dalla frattura e su questi perni esternamente si costruisce l’impalcatura che serve a stabilizzare la frattura. La fissazione esterna può essere utilizzata anche nel caso di una pseudoartrosi infetta dopo rimozione di un dispositivo di fissazione interna.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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