Con “trapianto di cuore” (o “trapianto cardiaco”) in medicina e chirurgia si intende l’intervento cardiochirurgico che serve a sostituire un cuore seriamente danneggiato da una patologia, con un altro sano, proveniente da un donatore morto recentemente. Per il successo dell’operazione, il donatore del cuore deve necessariamente essere compatibile con il ricevente relativamente a gruppo sanguigno e dimensioni del cuore. Il trapianto si può rendere necessario in caso di:
- insufficienza cardiaca allo stadio terminale;
- coronaropatia grave;
- aritmie gravi;
- cardiomiopatia ipertrofica gravi;
- malattia cardiaca congenita grave;
- conseguenze cardiache di una malattia polmonare richiedente trapianto di polmone.
In tutti questi casi il trapianto di cuore deve essere l’ultima possibilità di terapia, da mettere in atto solo quando tutte le altre opzioni non hanno dato risultati migliorativi in termini di gravità e sopravvivenza.
Sopravvivenza
Di solito la morte entro il primo anno dopo il trapianto è il risultato di rigetto o di infezioni; dopo il primo anno, nella maggior parte dei casi la morte è dovuta a vasculopatia dell’allotrapianto cardiaco o a malattia linfoproliferativa. Negli ultimi decenni il trapianto cardiaco è divenuto la scelta terapeutica salvavita per i pazienti con scompenso cardiaco congestizio allo stadio terminale. Con il progresso delle tecniche chirurgiche e della terapia immunosoppressiva, le percentuali di sopravvivenza a l e a 5 anni sono rispettivamente del 90% e del 75% circa. Queste percentuali sono ben superiori alla percentuale di sopravvivenza ad l anno dei pazienti affetti da scompenso cardiaco avanzato, che può essere del 50%. Sfortunatamente, molti pazienti idonei al trapianto cardiaco muoiono prima dell’intervento a causa del numero limitato di donatori di cuore disponibili ogni anno. Lo sviluppo e l’applicazione diffusa di dispositivi di assistenza ventricolare sinistra ha permesso a molti di questi pazienti che sarebbero deceduti in attesa del trapianto di sopravvivere fin quando non si trova un donatore. Oggi, in molti centri per il trapianto cardiaco, più del 50% dei pazienti sottoposti a trapianto ha già subito l’impianto di un dispositivo di assistenza ventricolare sinistra.
Indicazioni
Le indicazioni principali al trapianto cardiaco sono il prolungamento della sopravvivenza e il miglioramento della qualità della vita. Può essere difficile determinare quali pazienti siano adatti o meno al trapianto cardiaco perché molti potrebbero presentare un miglioramento clinico ed emodinamico con l’intensificazione della terapia medica.
In linea generale, la capacità funzionale come valutata alla prova da sforzo con misurazione del consumo massimo di ossigeno al picco dell’esercizio è il migliore fattore predittivo
per stabilire quali pazienti debbano essere selezionati per il trapianto cardiaco. Quei soggetti con una capacità di esercizio gravemente compromessa (per esempio consumo di ossigeno al picco inferiore a 10-12 ml/rnin/kg, con il limite inferiore di normalità pari a 20 ml/min/kg) hanno una maggiore pro-
babilità di ottenere un beneficio dal trapianto in termini di sopravvivenza.
Criteri di esclusione
I criteri di esclusione comprendono:
- l’ipertensione vascolare polmonare irreversibile (non rispondente ai farmaci),
- le neoplasie,
- le infezioni in fase attiva,
- il diabete mellito con danno degli organi bersaglio,
- epatopatia o nefropatia in fase avanzata.
Sebbene l’età avanzata sia associata a percentuali di mortalità a l anno e chirurgica superiori, nella maggior parte dei centri di trapianto non è più previsto un limite di età per il trapianto cardiaco; invece, i pazienti vengono messi in lista di attesa per il trapianto in base alla valutazione globale della
loro condizione fisiologica e potenziale per la sopravvivenza a lungo termine dopo il trapianto.
Procedura
La procedura viene eseguita tramite sternotomia mediana. Le pareti posteriori degli atri destro e sinistro con le loro connessioni venose sono lasciate in loco e usate per suturare il cuore del donatore. L’aorta e l’arteria polmonare sono anastomizzate direttamente ai grossi vasi del ricevente.
Dopo l’intervento
La terapia immunosoppressiva viene iniziata immediatamente dopo l’intervento e continuata per tutta la vita del paziente. Sebbene siano disponibili nuovi farmaci immunosoppressivi, la maggior parte dei regimi terapeutici comprendono ancora combinazioni di ciclosporina, azatioprina e prednisone.
Complicanze e follow up
Durante il primo anno i rischi più frequenti sono l’infezione e il rigetto del cuore del donatore, inoltre l’iperlipidemia e l’ipertensione sono problemi medici frequenti che possono richiedere un trattamento. La complicanza principale a lungo termine è lo sviluppo di una vasculopatia coronarica nel cuore trapiantato. Contrariamente all’ aterosclerosi dell’ arteria coronaria, che tende ad essere un processo focale che colpisce principalmente i vasi prossimali, questa malattia è caratterizzata da
proliferazione miointimale diffusa che interessa soprattutto i segmenti distali e mediali delle coronarie. Sebbene la causa di questa malattia non sia completamente conosciuta, si ritiene che la vasculopatia coronarica sia secondaria a una risposta immuno-mediata diretta contro i vasi del donatore.
Il monitoraggio di questa complicanza può essere difficile perché l’angina non viene provocata nel cuore denervato e la sensibilità della prova da sforzo standard è bassa per poter individuare questa patologia. L’angiografia coronarica viene eseguita dopo il trapianto e in seguito ogni anno, per monito rare stenosi coronariche significative. Sfortunatamente, la natura diffusa della vasculopatia rende l’angiografia coronarica meno accurata per l’individuazione di questa malattia. L’ecografia intracoronarica, con misurazioni dello spessore intimale e della dimensione del lume della coronaria è una tecnica nuova che sembra essere più sensibile rispetto all’ angiografia coronarica per l’individua-
zione di questa complicanza. Le opzioni terapeutiche sono limitate, ma la gestione aggressiva dell’ipercolesterolemia e l’impiego dei calcio antagonisti, in particolare il diltiazem, sono stati associati a un rallentamento della progressione della malattia e a una percentuale di sopravvivenza maggiore. Il ritrapianto viene riservato ai pazienti affetti da coronaropatia dei tre vasi con ridotta funzionalità del
ventricolo sinistro e sintomi di scompenso cardiaco congestizio.
Rigetto
Circa il 50-80% dei pazienti va incontro ad almeno 1 episodio di rigetto (mediamente 2 o 3 episodi); la maggior parte dei pazienti è asintomatica, ma circa il 5% sviluppa insufficienza del ventricolo sinistro o aritmie atriali. L’incidenza di rigetto acuto raggiunge il picco a 1 mese, diminuisce nei 5 mesi successivi e si stabilizza entro 1 anno. I fattori che aumentano il rischio di rigetto del trapianto cardiaco, sono:
- giovane età;
- destinatario donna;
- donatore donna;
- donatore afroamericano;
- incompatibilità di antigeni leucocitari umani;
- infezione da cytomegalovirus.
Per approfondire:
- Primo trapianto di cuore da donatore cadavere in Europa
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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