La prima cosa che bisogna conoscere è la sigla con la quale vengono designati i dispositivi: il pacemaker viene chiamato PM, il defibrillatore ICD un l’acronimo inglese (Implantable cardioverter-defibrillator – defibrillatore cardiaco impiantabile). Entrambi possono essere mocamerali (con un solo elettrocatetere); bicamerali (con due elettrocateteri); biventricolari (con tre elettrocateteri), e in questo caso servono per cercare di resincronizzare l’attività elettrica del cuore (CRT – Cardiac resynchronization therapy ).
Qual’è la differenza tra un pacemaker e un defibrillatore?
Il pacemaker è uno strumento elettronico capace di monitorare il battito del nostro cuore e di erogare un impulso elettrico se rileva una frequenza bassa o molto bassa. In pratica serve per risolvere quei blocchi cardiaci che causano una bradicardia patologica (ritmo cardiaco molto lento, causa di vertigini o svenimenti).
Il defibrillatore ICD, oltre ad essere un pacemaker a tutti gli effetti, e quindi con la capacità di regolare i ritmi lenti del cuore, può riconoscere una aritmia cardiaca a ritmi elevati ed iniziare una terapia elettrica per risolverla prima che diventi pericolosa per il paziente.
La modalità ATP (Anti Tachi Pacing) spesso riesce a risolvere la tachicardia ventricolare senza che il paziente lo avverta. Nei casi di aritmia ventricolare più pericolosi, il defibrillatore eroga uno shock (una scarica elettrica) che azzera l’attività del cuore e consente il ripristino del ritmo naturale. In questo caso il paziente avverte un colpo, una scossa più o meno forte al centro del petto o una sensazione simile.
Semplificando: il pacemaker ripristina un ritmo cardiaco normale quando esso è troppo lento, il defibrillatore lo ripristina quando è troppo lento e quando è molto alterato (come nel caso di tachicardia ventricolare, cioè arresto cardiaco potenzialmente mortale).
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