Sistema di conduzione dell’impulso elettrico nel cuore e innervazione del miocardio

Rappresentazione schematica del sistema di conduzione cardiaco

Rappresentazione schematica del sistema di conduzione cardiaco

Sistema di conduzione dell’impulso cardiaco

L’impulso elettrico che innesca la contrazione cardiaca proviene dal nodo SA (seno-atriale), un gruppo di cellule pacemaker specializzate lunghe 1-2 cm, localizzate in alto nell’atrio destro, fra la vena cava superiore e l’appendice atriale destra. L’impulso quindi si Continua a leggere

Come leggere un elettrocardiogramma in modo semplice

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLOIl tracciato elettrocardiografico rilevato con un elettrocardiogramma (ECG) è caratterizzato da diversi tratti denominati onde positive e negative, che si ripetono ad ogni ciclo cardiaco ed indicano la specifica attività del Continua a leggere

Differenza tra bradicardia e bradiaritmia

MEDICINA ONLINE CUORE HEART VALVOLE CARDIACHE INSUFFICIENZA STENOSI PROLASSO LEMBI AORTICA POLMONARE MITRALICA TRICUSPIDE PAPILLARI SANGUE CIRCOLAZIONE SISTEMICA AORTA ARTERIA VENA SISTOLa bradicardia o brachicardia è una condizione in cui la frequenza cardiaca è ridotta rispetto al normale, fino a scendere al di sotto del valore di 60 battiti Continua a leggere

Sistema di conduzione elettrico del cuore

MEDICINA ONLINE CONDUZIONE SITEMA ELETTRICA IMPULSO CARDIACO CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG NODO SENO ATRIALE FASCI INTERNODALI ATRIO VENTRICOLARE CELLULE PURKINJE Electrical_conduction_system_of_the_heart_it.jpg

Il sistema di conduzione elettrica del cuore è un tessuto che crea e conduce un impulso elettrico dagli atri a tutto il corpo ventricolare del cuore, creando così la contrazione adatta a perfondere col sangue tutto Continua a leggere

Flutter atriale: cause, terapie, cosa fare, cura, ablazione e sintomi

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE ECG FIBRILLATORECon “flutter atriale” si intende una “aritmia ectopica sopraventricolare” cioè una:

  • aritmia (alterazione del ritmo cardiaco sinusale)
  • ectopica (che origina da un sito diverso dal normale pacemaker fisiologico, il nodo del seno atriale)
  • sopraventricolare (cioè ad origine atriale)

con contrazione degli atri estremamente rapida: la frequenza atriale in corso di flutter può arrivare anche a superare i 300 impulsi al minuto. Gli impulsi sono irregolari e compaiono all’improvviso, quasi sempre senza alcun sintomo premonitore. Generalmente si instaura un blocco nella conduzione atrioventricolare, per cui la frequenza percepita è normalmente di circa 150 battiti al minuto. A causa del rallentamento della conduzione dell’impulso attraverso il nodo atrioventricolare, non tutte le attività elettriche del flutter si trasmettono dagli atri ai ventricoli. Generalmente il rapporto tra l’attività elettrica degli atri e quella dei ventricoli è 2:1 (cioè due attività atriali ed una ventricolare), talvolta 3:1 o 3:2, molto raramente 1:1 (di solito quando la frequenza del flutter è stata portata, attraverso la somministrazione di farmaci, sotto i 200 battiti al minuto).

Rispetto alla fibrillazione atriale, le modificazioni del ritmo sono meno marcate. Infatti, se durante una fibrillazione atriale la frequenza del battito cardiaco atriale può raggiungere i 400 battiti al minuto, durante un flutter atriale la frequenza del battito cardiaco atriale si innalza solitamente tra i 200 ed i 200 battiti al minuto.

Una frequenza inferiore si traduce in un numero inferiore di impulsi di contrazione. Pertanto, ciò che cambia rispetto ad una fibrillazione atriale è anche il maggior tempo concesso al muscolo del cuore (il miocardio) per “ricaricarsi” e tornare recettivo ad un nuovo stimolo (tempo di refrattarietà). Questo lasso di tempo permette al battito di risultare meno disordinato.
Un’altra importante differenza tra flutter e fibrillazione, riguarda l’impatto che hanno sul ventricolo. Durante queste due forme aritmiche, parte degli impulsi viene bloccata a livello del nodo atrioventricolare, che ferma parte degli impulsi diretti verso il ventricolo. Questo blocco è assai maggiore nel flutter atriale, tanto che la contrazione ventricolare può essere anche ¼ di quella atriale. Il medico, infatti, definisce il flutter con le dizioni di 2:1, 3:1 o 4:1, per indicare che può passare per il blocco atrioventricolare uno stimolo, rispettivamente, ogni 2, ogni 3 o ogni 4. Le conseguenze del blocco atrioventricolare riguardano la gittata cardiaca, che sarà più o meno influenzata in base al numero degli stimoli che raggiungono il ventricolo. Può apparire complicato comprendere questo dettaglio, ma è assai importante dal punto di vista sintomatologico: infatti, maggiore è la frequenza ventricolare, più evidenti sono i sintomi. In altre parole, la frequenza ventricolare può variare notevolmente, da 180 battiti per minuto a meno di 100. Il fatto che la frequenza ventricolare possa rientrare nell’intervallo di normalità, non deve stupire: spesso accade che il flutter passi inosservato proprio per questo motivo.

Tipi di flutter atriale

A seconda della modalità di comparsa, si possono distinguere due tipi di flutter atriale:

  • flutter atriale parossistico: il flutter compare bruscamente e repentinamente, in forma isolata. La frequenza del battito è molto alta; le contrazioni atriali superano il blocco atriventricolare con notevole efficacia, di 2:1 e, in alcuni rari casi, anche di 1:1. La frequenza ventricolare, quindi, può raggiungere anche i 120-180 battiti per minuto. La forma parossistica caratterizza le manifestazioni isolate, che si verificano in un individuo sano. Dura qualche ora, al massimo qualche giorno, molto spesso si esaurisce da sola. Ciò esclude l’uso di farmaci o di altri interventi terapici;
  • flutter atriale permanente: la sua comparsa è più graduale ed ha frequenza è più bassa rispetto alla forma parossistica. Le contrazioni superano il blocco del nodo atrioventricolare con un’efficienza di 3:1, 4:1 e anche 5:1. Quindi, la frequenza ventricolare è più bassa rispetto alla forma parossistica e può non superare, in alcuni casi, i 100 battiti per minuto. La forma permanente può durare anni e passare inosservata, nonostante sia sinonimo, nella maggior parte dei casi, di un patologia associata. Serve una terapia specifica e una terapia generale: la prima per agire contro la patologia associata; la seconda per agire contro il flutter.

Fisiopatologia

Il meccanismo elettrofisiologico alla base del flutter è un rientro dello stimolo elettrico all’interno dell’atrio (rientro intra-atriale) che può interessare tutto l’atrio o una parte di esso. Il disturbo artitmico si trasmette fino al ventricolo, da ciò ne deriva che è alterata anche la gittata cardiaca e di conseguenza anche la circolazione sanguigna polmonare e sistemica.

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Cause di flutter atriale

Il flutter atriale può svilupparsi in un cuore sano, in forma generalmente isolata, spesso legate a:

  • stress,
  • ansia,
  • alcuni tipi di farmaci,
  • abuso di caffè,
  • abuso di droghe,
  • fumo di sigarette.

Può presentarsi anche in cuori con anomalie degli atri (per es. dilatazione) o alterazioni del sistema di conduzione. Come avviene per la fibrillazione atriale, l’insorgenza può essere dovuta a varie patologie e condizioni, come:

  • cardiopatia reumatica;
  • cardiopatia valvolare (o valvulopatia);
  • infarto del miocardio;
  • coronaropatie;
  • pericarditi;
  • ipertensione;
  • ipertiroidismo;
  • obesità;
  • reflusso gastroesofageo;
  • malattie respiratorie;
  • squilibri elettrolitici.

Sintomi di flutter atriale

Generalmente il paziente non ha sintomi premonitori. Il flutter compare improvvisamente e la persona avverte irregolarità nel ritmo (nel caso di blocco variabile 2:1 e 3:1) oppure frequenza accelerata. È da notarsi che spesso molti pazienti non avvertono alcuna alterazione del ritmo (flutter atriale asintomatico). Possono riscontrarsi disturbi legati ad ischemia cardiaca (tipo angina pectoris, infarto miocardico acuto..) e/o sintomi di uno scompenso cardiaco. I sintomi più diffusi di flutter atriale sono:

  • palpitazione;
  • senso di vertigine;
  • disorientamento (specie negli anziani);
  • malessere generale;
  • dispnea;
  • sincope;
  • dolore toracico;
  • mancanza di forze (astenia).

Rischi e complicanze del flutter atriale

Il flutter atriale, seppur meno della fibrillazione atriale è considerato un ritmo emboligeno, ovvero, una condizione che determina rallentamento del flusso ematico, aumento della coagulazione sanguigna ed aumentato rischio di formazione di trombi nell’atrio sinistro che possono spostarsi nel circolo sanguigno e causare ictus cerebrale ed infarto del miocardio. Le altre complicanze della presenza di flutter atriale sono principalmente un blocco A-V 1:1 ed il passaggio a fibrillazione atriale o a fibrillazione ventricolare. Da non sottovalutare infine che, un flutter causa una minore efficienza cardiaca, che si riflette in una diminuzione della gittata cardiaca: ciò fornisce in modo alterato il corretto nutrimento a tutti i tessuti del corpo, a partire dal cuore stesso e dal cervello. Ciò può causare, specie nei soggetti anziani, un mancamento che porta a cadute che possono determinare fratture di femore ed altri traumi potenzialmente gravi.

Diagnosi di flutter atriale

Il sospetto di flutter si instaura anche semplicemente grazie al polso radiale o carotideo del paziente, ma per chiarire l’esatta entità del flutter atriale serve un’accurata visita cardiologica, che si avvale dei risultati di:

  • elettrocardiogramma (ECG);
  • ecoccolordoppler cardiaco;
  • radiografia del torace.

Nell’ECG in particolare, il flutter appare evidente: le onde che si visualizzano sono a dente di sega e si nota la continua attività elettrica (più onde P per ogni complesso QRST), ancora più chiara in II, III o V derivazione. Normalmente la frequenza ventricolare si stabilizza (nei casi blocco A-V fisso) tra i 145-150 (se blocco A-V 2:1) oppure 95-100 (se blocco A-V 3:1), oppure circa 75 (se blocco A-V 4:1).

Uno strumento molto utile per la diagnosi è infine l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter. Si tratta di un normale ECG, con la differenza, assai vantaggiosa, che il monitoraggio si protrae per 24-48 ore, senza impedire al paziente di svolgere le normali attività di vita quotidiana. È utile qualora gli episodi di flutter atriale siano sporadici e non prevedibili: ciò può portare il paziente a fare un normale ECG quando il ritmo non è più in flutter. Con l’Holter invece si riesce ad individuare un qualsiasi episodio di aritmia durante l’intero periodo di monitoraggio.

Cura del flutter atriale

La terapia del flutter va scelta caso per caso in base alla causa che la determina.
Come intervento immediato è utile la cardioversione sincronica con corrente diretta a bassa energia, sempre minori di 50 joule; come terapia farmacologica si usano generalmente farmaci betabloccanti e calcioantagonisti per rallentare l’alta frequenza. In individui con forme isolate e cuore sano, generalmente è sufficiente il controllo dell’ansia, la limitazione del peso corporeo o la diminuzione delle sigarette fumate, per determinare un rischio minore di aritmia.

Cura del flutter atriale permanente ed ablazione transcatetere

Se il flutter atriale è di tipo permanente, molto spesso significa che all’origine del disturbo c’è una cardiopatia o una patologia di altra natura. Risolvere tale condizione, con un approccio terapeutico scelto caso per caso, è il passo fondamentale per aiutare il ripristino del normale ritmo cardiaco. La terapia, invece, mirata a curare il flutter atriale, fa da supporto e mantenimento. Essa è la seguente:

  • Somministrazione di farmaci:
    • Digitale.
    • Antiaritmici: derivati della chinidina, dofetilide, ibutilide, flecainide, propafenone e amiodarone.
    • Anticoagulanti. Le forme permanenti possono creare situazione di trombo-embolia. Si usano in presenza di particolari cardiopatie, le valvulopatie mitraliche, che potrebbero generare trombi o emboli.
    • Beta-bloccanti calcio-antagonisti. Rallentano il ritmo cardiaco, agendo a livello del nodo atrioventricolare. Si somministrano a coloro che sono tolleranti alla digitale.
  • Trattamento elettrico:
    • Cardioversione. Non è più indicata, quando il paziente è affetto da una cardiopatia che altera la struttura del cuore, come per esempio le valvulopatie.
    • Ablazione a radiofrequenza transcatetere. Si fa uso di un catetere che, una volta condotto fino al cuore, è in grado di infondere una scarica a radiofrequenza colpendo proprio l’area di miocardio che genera il flutter atriale. La zona colpita viene distrutta e questo dovrebbe riordinare il numero degli impulsi di contrazione da parte del nodo seno atriale. È un tecnica invasiva.

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Extrasistole: a riposo, ansia, sono pericolose, cure e gravidanza

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE ECG FIBRILLATORE.jpgCon “extrasistole” in medicina si intende un battito cardiaco prematuro, che avviene prima del previsto andando così ad alterare la fisiologica successione regolare dei battiti cardiaci tipici del “ritmo sinusale” (cioè il ritmo cardiaco normale). L’impulso cardiaco normale nasce dal nodo seno-atriale (il pacemaker naturale del cuore), invece, nelle extrasistoli, l’impulso origina da sedi diverse dette sedi ectopiche e tale diversa origine dà avvio al battito prematuro. Tali contrazioni anomale, o extrasistoli, sono separate dalla successiva contrazione regolare da una pausa più lunga del normale.In mancanza di una conferma elettrocardiografica che permetta una diagnosi differenziale, un episodio di extrasistolia prolungata può essere scambiato per fibrillazione atriale (in questo caso il ritmo cessa di essere sinusale), anche se generalmente la seconda tende a durare più a lungo.

Raramente le extrasistoli possono dare l’innesco ad aritmie sostenute: un’extrasistole atriale può dare inizio a una tachicardia parossistica sopraventricolare, a un flutter, a una fibrillazione atriale o a una tachicardia giunzionale; un’extrasistole ventricolare può scatenare una tachicardia da rientro AV o una tachicardia ventricolare. In rari casi, cioè quando sono presenti in numero estremamente elevato (molte migliaia al giorno), le extrasistoli potrebbero determinare lo sviluppo di una cardiomiopatia dilatativa. In tali casi, la riduzione o l’eliminazione delle extrasistole (ad esempio tramite ablazione radioelettrica) determina solitamente la progressiva regressione della cardiomiopatia, nelle fasi iniziali della patologia.

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Tipi di extrasistole

Le extrasistoli possono essere:

  • isolate: quando l’extrasistole compare in maniera sporadica, con un singolo battito prematuro inserito in un ritmo normale;
  • non isolate: l’extrasistole compare più volte.

Esempi di extrasistoli non isolate, sono:

  • extrasistoli bigemine: compaiono dopo ogni battito sinusale;
  • extrasistoli trigemine: compaiono ogni due battiti sinusali.

Le extrasistoli possono presentarsi anche sotto forma di “scariche”:

  • coppia di extrasistoli;
  • tripletta di extrasistoli;
  • più extrasistoli (extrasistoli “a salve”).

In genere, a una extrasistole fa seguito una pausa che può essere:

  • compensatoria: se la somma del periodo dell’extrasistole più la pausa è uguale a due cicli sinusali);
  • non compensatoria: se la somma del periodo dell’extrasistole più la pausa è minore a due cicli sinusali.

Le extrasistoli che originano dall’atrio hanno di solito una pausa non compensatoria, quelle ad origine ventricolare hanno invece una pausa compensatoria. L’extrasistole viene detta “extrasistole interpolata” se non vi è pausa, se cioè l’extrasistole si inserisce semplicemente fra due battiti sinusali successivi.

In base alla sede di origine, le extrasistoli vengono comunemente distinte  in extrasistoli atriali, giunzionali e ventricolari.

  • Extrasistoli atriali: all’ECG questi impulsi anomali appaiono come onde P premature, con morfologia differente rispetto alle onde P sinusali. Gli impulsi possono arrivare ai ventricoli attraverso le normali vie di conduzione (in tal caso alla P anomala segue un regolare complesso QRS), oppure possono bloccarsi nel nodo AV che si trova ancora in periodo refrattario (extrasistole atriale non condotta). Oppure possono giungere ai ventricoli in un momento in cui il nodo AV è uscito dal periodo refrattario, ma una delle due branche si trova ancora in fase refrattaria; in tal caso lo stimolo raggiungerà i ventricoli attraverso l’altra branca, per cui si verifica un complesso ventricolare con morfologia tipo blocco di branca. Questo tipo di conduzione viene definito “aberranza”, per cui si parla di extrasistole atriale condotta con aberranza.
  • Extrasistoli giunzionali: l’impulso origina nel fascio di His e va ai ventricoli dando luogo a un complesso QRS di morfologia regolare. Può verificarsi la retroattivazione degli atri, o lo stimolo può estinguersi, “scontrandosi” con quello sinusale nel nodo seno-atriale.
  • Extrasistoli ventricolari: in questo tipo di contrazioni premature (sovente abbreviate in CVP o Contrazione Ventricolare Prematura) l’impulso origina nei ventricoli, a valle della biforcazione del fascio di His. All’ECG si rilevano complessi QRS larghi, non preceduti dall’onda P e pertanto chiaramente distinguibili da quelli sinusali. Anche in questo caso può verificarsi o non verificarsi la retroattivazione degli atri.

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In quali condizioni si verifica?

Questo disturbo del ritmo cardiaco può osservarsi sporadicamente in soggetti sani di qualsiasi età, anche nei bambini. In soggetti sani, la maggior probabilità di singoli eventi autoconclusivi di extrasistole compaiono in caso di:

  • ansia;
  • stress;
  • astenia (stanchezza);
  • sforzi fisici intensi;
  • mancanza prolungata di sonno;
  • consumo di elevate quantità di sigarette;
  • uso di stupefacenti;
  • abuso di caffè e tè.

In soggetti assolutamente sani le extrasistoli possono comparire frequentemente dopo un pasto abbondante (extrasistole post-prandiale), e possono essere legate a distensione del fondo gastrico o alla presenza di un’ernia iatale.

Extrasistoli in gravidanza: c’è pericolo per il feto?

Anche donne che non hanno mai avuto episodi di extrasistole, possono “subirne” uno o più di uno durante la gravidanza: ciò è un fatto piuttosto comune dal momento che la gravidanza apporta una serie di cambiamenti fisiologici importanti, e tali cambiamenti potrebbero influenzare anche il lavoro cardiovascolare, e provocare appunto la classica extrasistole. Inoltre l’ansia e stress, assolutamente “normali” durante la gravidanza, possono aumentare la possibilità di aritmie. Le future mamme devono stare tranquille, perché episodi sporadici di extrasistole non sono pericolosi per il feto. Diverso è il discorso nel caso le aritmie durino a lungo e si ripresentino più volte nell’arco della giornata: in quel caso è conveniente avvertire il proprio ginecologo e consultare un cardiologo per una visita più approfondita che escluda patologie.

In quali patologie si verifica?

Quello che abbiamo appena chiarito non deve però farci sottovalutare la presenza di extrasistoli, specie se compaiono più volte e durano a lungo: anche se raramente, le extrasistoli possono infatti essere campanello di allarme di varie patologie:

  • malattie cardiache,
  • disturbi elettroliticoi(ad es. carenza di potassio),
  • alterazioni ormonali,
  • malattie della tiroide (ipotiroidismo),
  • intossicazione da digitale,
  • patologie della colecisti.

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Quando preoccuparsi?

Come già anticipato, una extrasistole sporadica non ci deve far troppo preoccupare. Diverso è il discorso nel caso di episodi di extrasistolie prolungate e spesso recidivanti: in questo caso la condizione abbisogna di ulteriori chiarimenti, specie se associata ad altri sintomi come ad esempio:

  • dolore al petto,
  • costrizione toracica,
  • improvvisa mancanza di forza,
  • perdita di coscienza.

La condizione potrebbe essere tanto più pericolosa quanto siano presenti:

  • altre condizioni o patologie di interesse cardiologico;
  • casi in famiglia di malattie cardiache (aritmie, infarto del miocardio…);
  • sovrappeso od obesità;
  • episodi frequenti e prolungati di extrasistolia, soprattutto se compaiono senza nessuna apparente causa (ad esempio senza sforzi, senza ansia, senza consumo eccessivo di caffè).

Sintomi di extrasistole

L’extrasistole può non provocare alcun sintomo nel paziente che si sente bene e può non accorgersi mai delle contrazioni anomale del suo ritmo cardiaco, specie se è solo una ed il soggetto in quel momento è distratto da qualche attività. Più spesso invece determina una sensazione spiacevole, descritta come un “battito più forte di altri” alla regione precordiale, un “tuffo al cuore”, una sensazione di apparente arresto/ripresa del battito che crea una profonda ansia – specie se si avverte per la prima volta – ed una generale sensazione di instabilità corporea in questi casi, infatti, il paziente – specie l’anziano – tende a cercare un appoggio.

Leggi anche: Ritmo sinusale ECG: normofrequente, tachicardico, valori, ai limiti della norma

Diagnosi di extrasistole

L’esame del polso permette di apprezzare, intercalate alle pulsazioni normali, pulsazioni di scarsa ampiezza, anticipate, seguite da una pausa più o meno lunga e quindi da una pulsazione più energica. Per lo studio delle extrasistoli è tuttavia indispensabile l’esame elettrocardiografico, che consente di stabilirne con esattezza la sede d’origine, la posizione nel ciclo cardiaco, il modo di raggrupparsi, se cioè sono isolate “a salve” o se si inseriscono regolarmente nel ciclo cardiaco, dando luogo ad un ritmo bigemino o trigemino. Grazie al tracciato dell’elettrocardiogramma si può quindi capire cause ed impostare conseguenti terapie delle extrasistoli.

Alterazioni elettrocardiografiche nell’extrasistolia

L’ECG permette di rilevare un complesso QRS prematuro. In base alle sue caratteristiche, si può distinguere l’origine dell’extrasistole.

  • Se il QRS prematuro è preceduto da un’onda P, l’extrasistole è sicuramente atriale. Se non è preceduto da onda P, si può determinare l’origine dell’extrasistole dalla larghezza del QRS.
  • Se il complesso QRS è stretto, l’extrasistole è atriale. Se è largo, ma ugualmente preceduto da un’onda P anomala, l’extrasistole è atriale ma verosimilmente ha trovato una delle branche del fascio di His ancora in periodo refrattario ed è stata condotta ai ventricoli con aberranza (“blocco di branca funzionale”).
  • Se vi sono più complessi QRS prematuri, e tutti presentano la stessa morfologia e lo stesso ritardo, si parla di extrasistoli monomorfe, hanno un solo focus d’origine ectopica e possono manifestarsi in soggetti sani o possono essere sintomo di una cardiopatia sottostante; al contrario, se i complessi QRS hanno morfologia differente, si parla di extrasistoli polimorfe, possiedono diversi centri ectopici ed hanno quasi sempre genesi organica, molte volte indicano la presenza di un danno miocardico.
  • Se si riscontrano extrasistoli isolate, monomorfe, in un paziente con un’obiettività cardiovascolare normale, le extrasistoli non hanno alcun significato e il paziente non ha bisogno di ulteriori indagini.

Terapia delle extrasistoli

Le extrasistoli sporadiche in soggetti sani, sono solitamente autoconclusive e non necessitano di alcuna cura. Le extrasistoli tendono a scomparire in seguito a generiche cure sedative contro l’ansia, associate a misure igieniche e dietetiche, maggior riposo, pasti regolari e leggeri e un adeguato movimento fisico. La terapia nei casi più gravi, recidivanti ed invalidanti fa uso di farmaci quali la chinidina, la procainamide, l’ajmalina.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Ritmo sinusale ECG: normofrequente, tachicardico, valori, ai limiti della norma

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Un tracciato ECG che mostra un ritmo sinusale tachicardico

Ritmo sinusale” è tipicamente presente nei referti degli elettrocardiogrammi. Un esempio è “Tracciato caratterizzato dalla presenza di ritmo sinusale”. Questo non deve assolutamente spaventare il paziente, anzi è un buon segno. Vediamo perché.

Ritmo sinusale: cos’è?

Con “ritmo sinusale” in medicina ci riferisce al fisiologico ritmo con cui si contrae il muscolo cardiaco. Il termine “sinusale” deriva dal nodo del seno atriale, cioè una parte del cuore sede del pacemaker fisiologico, quella parte che determina l’origine dell’impulso cardiaco che – propagandosi lungo il cuore – regola la frequenza e la ritmicità delle contrazioni di atrio e ventricolo cardiaco. L’alterazione del nodo senoatriale è la causa dell’insorgenza di vari tipi di aritmie cardiache, caratterizzate dalla scomparsa del ritmo sinusale, chiaramente rilevabile con un elettrocardiogramma (ECG). Per approfondire, leggi anche: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Quando il ritmo non è sinusale?

Il ritmo NON è sinusale in alcuni tipi di aritmia cardiaca, ad esempio nella fibrillazione atriale o quella ventricolare, condizioni che possono mettere a rischio la vita del paziente sia indirettamente (ad esempio l’aumentata coagulabilità del sangue in una fibrillazione atriale cronica espone il paziente ad aumento di rischio di embolia e quindi di infarto del miocardio ed ictus cerebrale) che direttamente (arresto cardiaco nella fibrillazione ventricolare).

Ritmo sinusale: quando è normale e quando non lo è?

Un ritmo sinusale viene considerato “normale” quando ha una frequenza di compresa tra i 60 e i 100 battiti al minuto. Sono possibili due tipi di alterazioni della frequenza:

  • tachicardia: ritmo sinusale con frequenza sopra i 100 battiti al minuto;
  • bradicardia: ritmo sinusale con frequenza sotto i 60 battiti al minuto.

Ovviamente tachicardia e bradicardia non sono da soli indice di malattia. E’ ad esempio assolutamente normale, anche per un soggetto sano, avere tachicardia transitoria quando esegue grossi sforzi tipici o quando ha una forte emozione improvvisa. Anche la bradicardia può essere normale, ad esempio durante il sonno o quando siamo estremamente rilassati, ad esempio durante lo yoga, inoltre è abbastanza frequente in atleti professionisti. In altri casi però queste alterazioni della frequenza cardiaca – specie se NON sono transitorie – possono essere campanelli d’allarme di una patologia o possono essi stessi causare una patologia, ad esempio una bradicardia severa può non permettere al cuore di pompare adeguate quantità di sangue in circolo.

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Tachicardia sinusale e patologie

Il ritmo sinusale aumenta e diventa tachicardico in conseguenza di varie condizioni e patologie, come:

  • shock,
  • ischemia miocardica,
  • anemia grave,
  • ipertensione arteriosa,
  • embolia polmonare,
  • insufficienza cardiaca.

Queste patologie sono potenzialmente gravi e mortali, e rendono necessario l’uso di specifiche terapie farmacologiche. Il ritmo sinusale aumentato può essere determinato anche da:

  • alcuni farmaci,
  • alcol,
  • fumo di sigaretta,
  • abuso di caffè, tè e bevande contenenti caffeina,
  • alcuni integratori alimentari eccitanti (ginseng, ginko biloba, guaranà…).

I sintomi che tipicamente indicano una tachicardia sinusale sono le palpitazioni, a volte associate ad ansia e dispnea, se ad esse si associa dolore e senza di costrizione al petto, è importante contattare assistenza medica al più presto. Per risolvere uno stato tachicardico cronico si ricorre a farmaci beta-bloccanti, antiaritmici e calcio-antagonisti.

Bradicardia sinusale

Esistono svariate patologie che possono determinare bradicardia sinusale, ad esempio:

  • ipotiroidismo,
  • ipotermia,
  • infarto del miocardio,
  • anoressia nervosa,
  • aumento della pressione intracranica,
  • sindrome di Roemheld.

Assieme alla bradicardia sinusale, possono altri sintomi quali, ad esempio, vertigini, giramento di testa, dolore al petto, dispnea, edema e cianosi. Inoltre, l’abbassamento del ritmo sinusale provoca pallore in viso e le estremità, come mani e piedi, risultano freddi. Nei più gravi casi di bradicardia sinusale si ha edema polmonare, cianosi, riduzione dello stato di coscienza e shock. Lo stato di shock arriva in seguito al peggioramento della circolazione periferica. In genere, non è necessario intervenire con una terapia farmacologica se il ritmo sinusale è naturalmente basso. In presenza, invece, di ipotiroidismo si devono assumere degli ormoni per sostenere le mancanze della tiroide. Invece, se la bradicardia sinusale deriva da uno stato di ipotermia è necessario riscaldare gradualmente il corpo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO.jpgLa contrazione perfettamente sincronizzata delle varie parti del cuore e la corretta frequenza cardiaca, sono determinate da un impulso elettrico che nasce in un dato punto del cuore e si propaga all’interno di esso in modo da contrarre atri e ventricoli in modo adeguato. Tale impulso nasce dal nodo del seno (o senoatriale), il pacemaker naturale del cuore, localizzato in prossimità dello sbocco della vena cava nell’atrio destro, una parte del corpo il cui malfunzionamento determina aritmia e – in alcuni casi – rende necessario l’impianto di un pacemaker artificiale.

L’impulso nato dal nodo del seno viene trasmesso alle strutture vicine attraverso il sistema di conduzione, che attraversa varie zone:

  1. Fascio interatriale: l’impulso viene trasmesso all’atrio sinistro consentendo una contrazione sincrona dei due atri.
  2. Fascio atriale anteriore, medio e posteriore: l’impulso viene trasmesso dal nodo senoatriale al nodo atrioventricolare (AV) localizzato tra atri e ventricoli.
  3. Nodo atrioventricolare: raccoglie l’impulso nervoso proveniente dagli atri e lo trasmette al fascio di His localizzato nel setto interventricolare.
  4. Branca dx e sn: conducono l’impulso, rispettivamente, a livello del ventricolo destro e sinistro permettendone la contrazione.
  5. Fibre del Purkinje: rappresentano il sistema di conduzione più distale ed è caratterizzato da fasci molto sottili e profondi localizzate a livello ventricolare.

Per approfondire, leggi anche: Viaggio dell’impulso cardiaco all’interno del cuore

MEDICINA ONLINE ELETTROCARDIOGRAMMA ECG ESAME ONDE ONDA P T U COMPLESSO QRS SEGMENTO ST TRATTO INTERVALLO RR INTERPRETAZIONE SIGNIFICATO CUORE IMPULSO ELETTRICO NODO SENO ATRIALE SETTO ATRIO VENTRICOLO

L’attività elettrica miocardica è quella che viene rilevata dagli elettrodi dell’elettrocardiogramma. Ad ogni deflessione presente sulla striscia dell’ECG corrisponde un’attività miocardica sottostante:

  1. Lo stimolo parte dal nodo seno-atriale, qui il vettore è il vettore della depolarizzazione atriale; poiché l’impulso viaggia verso il nodo atrio-ventricolare è chiaro che la direzione del vettore è la congiungente dei due nodi e il verso va dal nodo seno-atriale a quello atrio-ventricolare. Il vettore sarà quindi inclinato leggermente verso sinistra e diretto verso il basso. Proiettando il vettore sulla I derivazione otteniamo un’onda positiva, l’onda P (depolarizzazione degli atri).
  2. Arrivato al nodo atrio-ventricolare, l’impulso arriva al setto attraverso il fascio di His. La diffusione dell’impulso avviene, in questa parte del cuore, secondo la direzione endocardio-linea mediana. Nel setto si hanno due depolarizzazioni, una riguarda la parte sinistra, l’altra la parte destra; poiché per l’attività elettrica della parte sinistra è maggiore, le depolarizzazioni non si elidono, ma prevale quella sinistra. Il vettore ha direzione della linea endocardio-linea mediana e verso che va da sinistra verso destra. Proiettando il vettore così ottenuto sulla I derivazione otteniamo un’onda di segno negativo, l’onda Q (depolarizzazione del setto interventricolare).
  3. Lo stimolo è arrivato all’apice del cuore, qui il vettore dovuto alla parte sinistra ha lo stesso verso di quello di destra, conseguentemente si ha la massima estensione del vettore lungo la linea parallela al setto. In questo caso avremo quindi un vettore inclinato verso sinistra e diretto verso il basso con un modulo molto elevato, questo produce in I derivazione un’onda positiva molto ampia, l’onda R (depolarizzazione dell’apice del ventricolo sinistro).
  4. Lo stimolo ha raggiunto le pareti dei ventricoli, anche qui è la parte sinistra che prevale su quella destra, il verso tende quindi a sinistra, mentre il modulo è leggermente diminuito perché, appunto, la parte destra esercita una diminuzione del vettore. In questo caso, in I derivazione, avremo una maggiore escursione dell’onda R. Per apprezzare invece singolarmente questa fase, possiamo vedere che in III derivazione abbiamo una piccola onda negativa, l’onda S (depolarizzazione delle regioni basale e posteriore del ventricolo sinistro).
  5. Per ultimo ecco arrivare il vettore della ripolarizzazione dei ventricoli che ha un andamento simile a quello della depolarizzazione. Risulterà quindi in I derivazione una piccola onda positiva, l’onda T (ripolarizzazione dei ventricoli).

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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