Holter cardiaco (ECG dinamico) 24 ore: lettura risultati, valori, costo

MEDICINA ONLINE HOLTER CARDIACO ECG DINAMICO 24 ORE 24H ELETTROCARDIOGRAMMA CUORE COSTO RISULTATI VALORI NORMALI REFERTO INTERPRETAZIONE ARITMIE PALPITAZIONI INFARTO SCOMPENSO SANGUE PRESSIONE PORTATILE.jpgL’Holter cardiaco o elettrocardiogramma dinamico completo secondo Holter o ECG 24h, spesso chiamato semplicemente “Holter” è un esame diagnostico non Continua a leggere

Differenza tra fibrillazione atriale e fibrillazione ventricolare

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE ECG FIBRILLATORECon “fibrillazione atriale” in medicina si intende una aritmia cardiaca, cioè una alterazione del ritmo cardiaco normale (ritmo sinusale), che origina dagli atri del cuore. È una complessa patologia elettrica degli atri che presenta costantemente tre caratteristiche principali:

  • l’attivazione elettrica rapida ed apparentemente caotica del tessuto atriale, che provoca il caratteristico sintomo di cuore “palpitante” ed è riscontrabile con un comune elettrocardiogramma (ECG);
  • la diminuita efficienza dell’attività di pompa del cuore (diminuzione della gittata cardiaca);
  • se la fibrillazione atriale si prolunga nel tempo determina l’aumento del rischio tromboembolico, causato dal rallentamento del flusso ematico nel cuore che porta ad aumentato rischio di coagulazione. L’eventuale formazione di embolo può portare a ictus cerebrale o infarto del miocardio.

La fibrillazione atriale è il risultato di un gran numero di disordini cardiaci ed extracardiaci: da malattie strutturali, come le valvulopatie e le cardiomiopatie, all’ipertensione arteriosa, a malattie genetiche ereditarie, a ernia iatale, patologie della tiroide, ai distiroidismi, fino ai casi in cui non è possibile determinare la causa, detti idiopatici.

Con “fibrillazione ventricolare” (FV o VF) in medicina si intende una gravissima aritmia che si caratterizza per un ritmo cardiaco rapidissimo, caotico e disorganizzato che origina dai ventricoli. La rapidità e la disorganizzazione dell’impulso elettrico rendono il cuore incapace di espellere il sangue all’interno del circolo arterioso, portando ad un arresto cardiaco. I tessuti corporei e cerebrali, durante un arresto cardiaco, non sono più perfusi da sangue ed ossigeno: questo comporta una veloce perdita di coscienza e delle capacità respiratorie. Un arresto cardiaco è una urgenza medica: se non si interviene immediatamente con la rianimazione cardiopolmonare e con un defibrillatore, nel giro di pochissimi minuti provoca danni permanenti al cervello e – successivamente – il decesso del paziente. L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di morte nel mondo industrializzato, dove la maggior parte delle volte è secondario ad infarto miocardico acuto.

Da quanto detto entrambi i tipi di fibrillazione sono aritmie – una ad origine dagli atri, l’altra ad origine dai ventricoli, entrambe ben visibili con un elettrocardiogramma – tuttavia la differenza è sostanziale: mentre la fibrillazione atriale, pur di lunga durata, può rappresentare un problema di aumentato rischio di formazione di emboli, è la fibrillazione ventricolare ad essere estremamente più grave dal momento che in essa la capacità del cuore di pompare sangue è totalmente inefficiente (mentre nella fibrillazione atriale è – pur se in parte – conservata). La fibrillazione ventricolare porta di fatto ad un arresto cardiaco che è una urgenza medica: il mancato ritorno ad un ritmo sinusale (tramite cardioversione con defibrillatore, massaggio cardiaco o pugno precordiale) porta al decesso del paziente.

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Flutter atriale: cause, terapie, cosa fare, cura, ablazione e sintomi

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE ECG FIBRILLATORECon “flutter atriale” si intende una “aritmia ectopica sopraventricolare” cioè una:

  • aritmia (alterazione del ritmo cardiaco sinusale)
  • ectopica (che origina da un sito diverso dal normale pacemaker fisiologico, il nodo del seno atriale)
  • sopraventricolare (cioè ad origine atriale)

con contrazione degli atri estremamente rapida: la frequenza atriale in corso di flutter può arrivare anche a superare i 300 impulsi al minuto. Gli impulsi sono irregolari e compaiono all’improvviso, quasi sempre senza alcun sintomo premonitore. Generalmente si instaura un blocco nella conduzione atrioventricolare, per cui la frequenza percepita è normalmente di circa 150 battiti al minuto. A causa del rallentamento della conduzione dell’impulso attraverso il nodo atrioventricolare, non tutte le attività elettriche del flutter si trasmettono dagli atri ai ventricoli. Generalmente il rapporto tra l’attività elettrica degli atri e quella dei ventricoli è 2:1 (cioè due attività atriali ed una ventricolare), talvolta 3:1 o 3:2, molto raramente 1:1 (di solito quando la frequenza del flutter è stata portata, attraverso la somministrazione di farmaci, sotto i 200 battiti al minuto).

Rispetto alla fibrillazione atriale, le modificazioni del ritmo sono meno marcate. Infatti, se durante una fibrillazione atriale la frequenza del battito cardiaco atriale può raggiungere i 400 battiti al minuto, durante un flutter atriale la frequenza del battito cardiaco atriale si innalza solitamente tra i 200 ed i 200 battiti al minuto.

Una frequenza inferiore si traduce in un numero inferiore di impulsi di contrazione. Pertanto, ciò che cambia rispetto ad una fibrillazione atriale è anche il maggior tempo concesso al muscolo del cuore (il miocardio) per “ricaricarsi” e tornare recettivo ad un nuovo stimolo (tempo di refrattarietà). Questo lasso di tempo permette al battito di risultare meno disordinato.
Un’altra importante differenza tra flutter e fibrillazione, riguarda l’impatto che hanno sul ventricolo. Durante queste due forme aritmiche, parte degli impulsi viene bloccata a livello del nodo atrioventricolare, che ferma parte degli impulsi diretti verso il ventricolo. Questo blocco è assai maggiore nel flutter atriale, tanto che la contrazione ventricolare può essere anche ¼ di quella atriale. Il medico, infatti, definisce il flutter con le dizioni di 2:1, 3:1 o 4:1, per indicare che può passare per il blocco atrioventricolare uno stimolo, rispettivamente, ogni 2, ogni 3 o ogni 4. Le conseguenze del blocco atrioventricolare riguardano la gittata cardiaca, che sarà più o meno influenzata in base al numero degli stimoli che raggiungono il ventricolo. Può apparire complicato comprendere questo dettaglio, ma è assai importante dal punto di vista sintomatologico: infatti, maggiore è la frequenza ventricolare, più evidenti sono i sintomi. In altre parole, la frequenza ventricolare può variare notevolmente, da 180 battiti per minuto a meno di 100. Il fatto che la frequenza ventricolare possa rientrare nell’intervallo di normalità, non deve stupire: spesso accade che il flutter passi inosservato proprio per questo motivo.

Tipi di flutter atriale

A seconda della modalità di comparsa, si possono distinguere due tipi di flutter atriale:

  • flutter atriale parossistico: il flutter compare bruscamente e repentinamente, in forma isolata. La frequenza del battito è molto alta; le contrazioni atriali superano il blocco atriventricolare con notevole efficacia, di 2:1 e, in alcuni rari casi, anche di 1:1. La frequenza ventricolare, quindi, può raggiungere anche i 120-180 battiti per minuto. La forma parossistica caratterizza le manifestazioni isolate, che si verificano in un individuo sano. Dura qualche ora, al massimo qualche giorno, molto spesso si esaurisce da sola. Ciò esclude l’uso di farmaci o di altri interventi terapici;
  • flutter atriale permanente: la sua comparsa è più graduale ed ha frequenza è più bassa rispetto alla forma parossistica. Le contrazioni superano il blocco del nodo atrioventricolare con un’efficienza di 3:1, 4:1 e anche 5:1. Quindi, la frequenza ventricolare è più bassa rispetto alla forma parossistica e può non superare, in alcuni casi, i 100 battiti per minuto. La forma permanente può durare anni e passare inosservata, nonostante sia sinonimo, nella maggior parte dei casi, di un patologia associata. Serve una terapia specifica e una terapia generale: la prima per agire contro la patologia associata; la seconda per agire contro il flutter.

Fisiopatologia

Il meccanismo elettrofisiologico alla base del flutter è un rientro dello stimolo elettrico all’interno dell’atrio (rientro intra-atriale) che può interessare tutto l’atrio o una parte di esso. Il disturbo artitmico si trasmette fino al ventricolo, da ciò ne deriva che è alterata anche la gittata cardiaca e di conseguenza anche la circolazione sanguigna polmonare e sistemica.

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Cause di flutter atriale

Il flutter atriale può svilupparsi in un cuore sano, in forma generalmente isolata, spesso legate a:

  • stress,
  • ansia,
  • alcuni tipi di farmaci,
  • abuso di caffè,
  • abuso di droghe,
  • fumo di sigarette.

Può presentarsi anche in cuori con anomalie degli atri (per es. dilatazione) o alterazioni del sistema di conduzione. Come avviene per la fibrillazione atriale, l’insorgenza può essere dovuta a varie patologie e condizioni, come:

  • cardiopatia reumatica;
  • cardiopatia valvolare (o valvulopatia);
  • infarto del miocardio;
  • coronaropatie;
  • pericarditi;
  • ipertensione;
  • ipertiroidismo;
  • obesità;
  • reflusso gastroesofageo;
  • malattie respiratorie;
  • squilibri elettrolitici.

Sintomi di flutter atriale

Generalmente il paziente non ha sintomi premonitori. Il flutter compare improvvisamente e la persona avverte irregolarità nel ritmo (nel caso di blocco variabile 2:1 e 3:1) oppure frequenza accelerata. È da notarsi che spesso molti pazienti non avvertono alcuna alterazione del ritmo (flutter atriale asintomatico). Possono riscontrarsi disturbi legati ad ischemia cardiaca (tipo angina pectoris, infarto miocardico acuto..) e/o sintomi di uno scompenso cardiaco. I sintomi più diffusi di flutter atriale sono:

  • palpitazione;
  • senso di vertigine;
  • disorientamento (specie negli anziani);
  • malessere generale;
  • dispnea;
  • sincope;
  • dolore toracico;
  • mancanza di forze (astenia).

Rischi e complicanze del flutter atriale

Il flutter atriale, seppur meno della fibrillazione atriale è considerato un ritmo emboligeno, ovvero, una condizione che determina rallentamento del flusso ematico, aumento della coagulazione sanguigna ed aumentato rischio di formazione di trombi nell’atrio sinistro che possono spostarsi nel circolo sanguigno e causare ictus cerebrale ed infarto del miocardio. Le altre complicanze della presenza di flutter atriale sono principalmente un blocco A-V 1:1 ed il passaggio a fibrillazione atriale o a fibrillazione ventricolare. Da non sottovalutare infine che, un flutter causa una minore efficienza cardiaca, che si riflette in una diminuzione della gittata cardiaca: ciò fornisce in modo alterato il corretto nutrimento a tutti i tessuti del corpo, a partire dal cuore stesso e dal cervello. Ciò può causare, specie nei soggetti anziani, un mancamento che porta a cadute che possono determinare fratture di femore ed altri traumi potenzialmente gravi.

Diagnosi di flutter atriale

Il sospetto di flutter si instaura anche semplicemente grazie al polso radiale o carotideo del paziente, ma per chiarire l’esatta entità del flutter atriale serve un’accurata visita cardiologica, che si avvale dei risultati di:

  • elettrocardiogramma (ECG);
  • ecoccolordoppler cardiaco;
  • radiografia del torace.

Nell’ECG in particolare, il flutter appare evidente: le onde che si visualizzano sono a dente di sega e si nota la continua attività elettrica (più onde P per ogni complesso QRST), ancora più chiara in II, III o V derivazione. Normalmente la frequenza ventricolare si stabilizza (nei casi blocco A-V fisso) tra i 145-150 (se blocco A-V 2:1) oppure 95-100 (se blocco A-V 3:1), oppure circa 75 (se blocco A-V 4:1).

Uno strumento molto utile per la diagnosi è infine l’elettrocardiogramma dinamico secondo Holter. Si tratta di un normale ECG, con la differenza, assai vantaggiosa, che il monitoraggio si protrae per 24-48 ore, senza impedire al paziente di svolgere le normali attività di vita quotidiana. È utile qualora gli episodi di flutter atriale siano sporadici e non prevedibili: ciò può portare il paziente a fare un normale ECG quando il ritmo non è più in flutter. Con l’Holter invece si riesce ad individuare un qualsiasi episodio di aritmia durante l’intero periodo di monitoraggio.

Cura del flutter atriale

La terapia del flutter va scelta caso per caso in base alla causa che la determina.
Come intervento immediato è utile la cardioversione sincronica con corrente diretta a bassa energia, sempre minori di 50 joule; come terapia farmacologica si usano generalmente farmaci betabloccanti e calcioantagonisti per rallentare l’alta frequenza. In individui con forme isolate e cuore sano, generalmente è sufficiente il controllo dell’ansia, la limitazione del peso corporeo o la diminuzione delle sigarette fumate, per determinare un rischio minore di aritmia.

Cura del flutter atriale permanente ed ablazione transcatetere

Se il flutter atriale è di tipo permanente, molto spesso significa che all’origine del disturbo c’è una cardiopatia o una patologia di altra natura. Risolvere tale condizione, con un approccio terapeutico scelto caso per caso, è il passo fondamentale per aiutare il ripristino del normale ritmo cardiaco. La terapia, invece, mirata a curare il flutter atriale, fa da supporto e mantenimento. Essa è la seguente:

  • Somministrazione di farmaci:
    • Digitale.
    • Antiaritmici: derivati della chinidina, dofetilide, ibutilide, flecainide, propafenone e amiodarone.
    • Anticoagulanti. Le forme permanenti possono creare situazione di trombo-embolia. Si usano in presenza di particolari cardiopatie, le valvulopatie mitraliche, che potrebbero generare trombi o emboli.
    • Beta-bloccanti calcio-antagonisti. Rallentano il ritmo cardiaco, agendo a livello del nodo atrioventricolare. Si somministrano a coloro che sono tolleranti alla digitale.
  • Trattamento elettrico:
    • Cardioversione. Non è più indicata, quando il paziente è affetto da una cardiopatia che altera la struttura del cuore, come per esempio le valvulopatie.
    • Ablazione a radiofrequenza transcatetere. Si fa uso di un catetere che, una volta condotto fino al cuore, è in grado di infondere una scarica a radiofrequenza colpendo proprio l’area di miocardio che genera il flutter atriale. La zona colpita viene distrutta e questo dovrebbe riordinare il numero degli impulsi di contrazione da parte del nodo seno atriale. È un tecnica invasiva.

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Differenza tra tachicardia e fibrillazione atriale e ventricolare

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE ECG FIBRILLATOREIl cuore è un muscolo che ha come compito fondamentale quello di far circolare il sangue in tutto il corpo e per raggiungere tale obiettivo si contrae in maniera adeguata grazie ad un circuito elettrico, detto sistema eccito-conduzione, che attiva e regola la contrazione cardiaca. Tale contrazione è regolata, dal punto di vista temporale:

  • nella frequenza (cioè nel numero di contrazioni al minuto);
  • nel ritmo (cioè nella pari distanza temporale tra un battito ed il successivo, rispetto a tutti gli altri battiti, che si traduce nella regolarità delle contrazioni).

Normalmente la frequenza cardiaca varia tra i 60 e i 100 battiti al minuto e le contrazioni si susseguono in modo regolare e ritmico (ad esempio distanziate sempre da un secondo una dall’altro nel caso di una frequenza di 60 battiti al minuto), con solo leggere variazioni fisiologiche legate alla respirazione (i battiti tendono a rallentare durante una espirazione profonda). Alterazioni fisiologiche o ritardi/blocchi dell’impulso elettrico che si verificano in varie patologie, vanno ad alterare uno od entrambi questi fattori, determinando appunto aritmia. L’aritmia cardiaca è quindi un disturbo:

  • della frequenza cardiaca aumentata (tachicardia) in cui la frequenza supera i 100 battiti al minuto a riposo;
  • della frequenza cardiaca diminuita (bradicardia) in cui la frequenza è inferiore ai 60 battiti al minuto a riposo.
  • del ritmo cardiaco, in cui i battiti non sono ritmici (ad esempio: fibrillazione atriale o ventricolare).

Tali alterazioni sono riscontrabili semplicemente grazie al polso radiale o un elettrocardiogramma (ECG). E’ importante ricordare che non tutte le aritmie sono determinate da patologie. Un aumento fisiologico della frequenza cardiaca si verifica ad esempio compiendo un grosso sforzo o durante la gravidanza, mentre è abbastanza frequente riscontrare una bradicardia fisiologica in atleti e sportivi particolarmente allenati.

Con “fibrillazione atriale” in medicina si intende una aritmia cardiaca, cioè una alterazione del ritmo cardiaco normale (ritmo sinusale), che origina dagli atri del cuore. È una complessa patologia elettrica degli atri che presenta costantemente tre caratteristiche principali:

  • l’attivazione elettrica rapida ed apparentemente caotica del tessuto atriale, che provoca il caratteristico sintomo di cuore “palpitante” ed è riscontrabile con un comune elettrocardiogramma (ECG);
  • la diminuita efficienza dell’attività di pompa del cuore (diminuzione della gittata cardiaca);
  • se la fibrillazione atriale si prolunga nel tempo determina l’aumento del rischio tromboembolico, causato dal rallentamento del flusso ematico nel cuore che porta ad aumentato rischio di coagulazione. L’eventuale formazione di embolo può portare a ictus cerebrale o infarto del miocardio.

La fibrillazione atriale è il risultato di un gran numero di disordini cardiaci ed extracardiaci: da malattie strutturali, come le valvulopatie e le cardiomiopatie, all’ipertensione arteriosa, a malattie genetiche ereditarie, a ernia iatale, patologie della tiroide, ai distiroidismi, fino ai casi in cui non è possibile determinare la causa, detti idiopatici.

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Con “fibrillazione ventricolare” (FV o VF) in medicina si intende una gravissima aritmia che si caratterizza per un ritmo cardiaco rapidissimo, caotico e disorganizzato che origina dai ventricoli. La rapidità e la disorganizzazione dell’impulso elettrico rendono il cuore incapace di espellere il sangue all’interno del circolo arterioso, portando ad un arresto cardiaco. I tessuti corporei e cerebrali, durante un arresto cardiaco, non sono più perfusi da sangue ed ossigeno: questo comporta una veloce perdita di coscienza e delle capacità respiratorie. Un arresto cardiaco è una urgenza medica: se non si interviene immediatamente con la rianimazione cardiopolmonare e con un defibrillatore, nel giro di pochissimi minuti provoca danni permanenti al cervello e – successivamente – il decesso del paziente. L’arresto cardiaco improvviso è una delle principali cause di morte nel mondo industrializzato, dove la maggior parte delle volte è secondario ad infarto miocardico acuto.

Da quanto detto entrambi i tipi di fibrillazione sono aritmie – una ad origine dagli atri, l’altra ad origine dai ventricoli, entrambe ben visibili con un elettrocardiogramma – tuttavia la differenza è sostanziale: mentre la fibrillazione atriale, pur di lunga durata, può rappresentare un problema di aumentato rischio di formazione di emboli, è la fibrillazione ventricolare ad essere estremamente più grave dal momento che in essa la capacità del cuore di pompare sangue è totalmente inefficiente (mentre nella fibrillazione atriale è – pur se in parte – conservata). La fibrillazione ventricolare porta di fatto ad un arresto cardiaco che è una urgenza medica: il mancato ritorno ad un ritmo sinusale (tramite cardioversione con defibrillatore, massaggio cardiaco o pugno precordiale) porta al decesso del paziente.

Dovrebbe ora essere anche chiara la differenza tra “aritmia” ed i tue tipi di fibrillazione: questi ultimi sono un tipo particolare di aritmia. Tutte le fibrillazioni (atriali e ventricolari) sono aritmie, ma non tutte le aritmie sono fibrillazioni.

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Ritmo sinusale ECG: normofrequente, tachicardico, valori, ai limiti della norma

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Un tracciato ECG che mostra un ritmo sinusale tachicardico

Ritmo sinusale” è tipicamente presente nei referti degli elettrocardiogrammi. Un esempio è “Tracciato caratterizzato dalla presenza di ritmo sinusale”. Questo non deve assolutamente spaventare il paziente, anzi è un buon segno. Vediamo perché.

Ritmo sinusale: cos’è?

Con “ritmo sinusale” in medicina ci riferisce al fisiologico ritmo con cui si contrae il muscolo cardiaco. Il termine “sinusale” deriva dal nodo del seno atriale, cioè una parte del cuore sede del pacemaker fisiologico, quella parte che determina l’origine dell’impulso cardiaco che – propagandosi lungo il cuore – regola la frequenza e la ritmicità delle contrazioni di atrio e ventricolo cardiaco. L’alterazione del nodo senoatriale è la causa dell’insorgenza di vari tipi di aritmie cardiache, caratterizzate dalla scomparsa del ritmo sinusale, chiaramente rilevabile con un elettrocardiogramma (ECG). Per approfondire, leggi anche: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Quando il ritmo non è sinusale?

Il ritmo NON è sinusale in alcuni tipi di aritmia cardiaca, ad esempio nella fibrillazione atriale o quella ventricolare, condizioni che possono mettere a rischio la vita del paziente sia indirettamente (ad esempio l’aumentata coagulabilità del sangue in una fibrillazione atriale cronica espone il paziente ad aumento di rischio di embolia e quindi di infarto del miocardio ed ictus cerebrale) che direttamente (arresto cardiaco nella fibrillazione ventricolare).

Ritmo sinusale: quando è normale e quando non lo è?

Un ritmo sinusale viene considerato “normale” quando ha una frequenza di compresa tra i 60 e i 100 battiti al minuto. Sono possibili due tipi di alterazioni della frequenza:

  • tachicardia: ritmo sinusale con frequenza sopra i 100 battiti al minuto;
  • bradicardia: ritmo sinusale con frequenza sotto i 60 battiti al minuto.

Ovviamente tachicardia e bradicardia non sono da soli indice di malattia. E’ ad esempio assolutamente normale, anche per un soggetto sano, avere tachicardia transitoria quando esegue grossi sforzi tipici o quando ha una forte emozione improvvisa. Anche la bradicardia può essere normale, ad esempio durante il sonno o quando siamo estremamente rilassati, ad esempio durante lo yoga, inoltre è abbastanza frequente in atleti professionisti. In altri casi però queste alterazioni della frequenza cardiaca – specie se NON sono transitorie – possono essere campanelli d’allarme di una patologia o possono essi stessi causare una patologia, ad esempio una bradicardia severa può non permettere al cuore di pompare adeguate quantità di sangue in circolo.

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Tachicardia sinusale e patologie

Il ritmo sinusale aumenta e diventa tachicardico in conseguenza di varie condizioni e patologie, come:

  • shock,
  • ischemia miocardica,
  • anemia grave,
  • ipertensione arteriosa,
  • embolia polmonare,
  • insufficienza cardiaca.

Queste patologie sono potenzialmente gravi e mortali, e rendono necessario l’uso di specifiche terapie farmacologiche. Il ritmo sinusale aumentato può essere determinato anche da:

  • alcuni farmaci,
  • alcol,
  • fumo di sigaretta,
  • abuso di caffè, tè e bevande contenenti caffeina,
  • alcuni integratori alimentari eccitanti (ginseng, ginko biloba, guaranà…).

I sintomi che tipicamente indicano una tachicardia sinusale sono le palpitazioni, a volte associate ad ansia e dispnea, se ad esse si associa dolore e senza di costrizione al petto, è importante contattare assistenza medica al più presto. Per risolvere uno stato tachicardico cronico si ricorre a farmaci beta-bloccanti, antiaritmici e calcio-antagonisti.

Bradicardia sinusale

Esistono svariate patologie che possono determinare bradicardia sinusale, ad esempio:

  • ipotiroidismo,
  • ipotermia,
  • infarto del miocardio,
  • anoressia nervosa,
  • aumento della pressione intracranica,
  • sindrome di Roemheld.

Assieme alla bradicardia sinusale, possono altri sintomi quali, ad esempio, vertigini, giramento di testa, dolore al petto, dispnea, edema e cianosi. Inoltre, l’abbassamento del ritmo sinusale provoca pallore in viso e le estremità, come mani e piedi, risultano freddi. Nei più gravi casi di bradicardia sinusale si ha edema polmonare, cianosi, riduzione dello stato di coscienza e shock. Lo stato di shock arriva in seguito al peggioramento della circolazione periferica. In genere, non è necessario intervenire con una terapia farmacologica se il ritmo sinusale è naturalmente basso. In presenza, invece, di ipotiroidismo si devono assumere degli ormoni per sostenere le mancanze della tiroide. Invece, se la bradicardia sinusale deriva da uno stato di ipotermia è necessario riscaldare gradualmente il corpo.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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Differenza tra cardioversione spontanea, elettrica e farmacologica

MEDICINA ONLINE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE SPONTANEA ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCA RIANIMAZIONE FIBRILLATORE.jpgCon cardioversione si intende è una particolare procedura che si esegue in campo medico quando un soggetto ha una aritmia, cioè una alterazione del ritmo cardiaco normale (ritmo sinusale), al fine di ripristinarlo evitando pericolose complicazioni che possono portare anche a decesso del paziente. La cardioversione può essere:

  • spontanea: quando l’aritmia si interrompe spontaneamente, entro poche ore dall’insorgenza;
  • non spontanea: quando l’aritmia NON si interrompe spontaneamente, in questo caso il personale sanitario deve intervenire al più presto per ripristinare il ritmo sinusale.

La cardioversione può essere effettuata in tre modi:

  • cardioversione meccanica: è una tecnica di defibrillazione meccanica manuale, caratterizzata dalla somministrazione di un pugno (pugno precordiale) sullo sterno all’altezza del cuore;
  • cardioversione farmacologica: vengono somministrati farmaci che hanno l’obiettivo di ripristinare il ritmo sinusale;
  • cardioversione elettrica: si tenta di ripristinare il ritmo normale tramite l’erogazione di impulsi elettrici, che vengono somministrati tramite defibrillatore esterno o interno (ICD), a tal proposito leggi: Differenza tra pacemaker e defibrillatore ICDI dubbi su pacemaker e ICD: carica, impulsi, cellulare, banca ed aereo

Cardioversione con pugno precordiale

L’operatore somministra il pugno precordiale sullo sterno all’altezza del cuore, ritirando immediatamente la mano (non lasciandola posata sul torace del paziente). L’energia meccanica impressa dal pugno dovrebbe convertirsi in energia elettrica sufficiente per una cardioversione. Questa manovra va effettuata in caso di arresto cardiaco ove non sia disponibile un defibrillatore, cioè in situazioni di emergenza estrema. In rari casi ha effettivamente permesso di convertire la fibrillazione ventricolare o la tachicardia ventricolare in un ritmo cardiaco efficace, ma più frequentemente non ha alcuna efficacia o addirittura può causare una conversione opposta, provocando in ultimo un’asistolia che aggrava ulteriormente la situazione.

Cardioversione tramite farmaci

Questo procedimento comporta una relativa latenza di effetto, cioè prevede che tra la somministrazione del farmaco e la scomparsa dell’aritmia intercorra un certo periodo di tempo. Pertanto viene riservato alle aritmie ben tollerate, o per la benignità dell’aritmia stessa, o per le buone condizioni fisiche del paziente. Il farmaco, scelto in funzione del meccanismo che sostiene l’aritmia, può essere somministrato per via orale o per iniezione endovenosa, secondo dosaggi prestabiliti.

Cardioversione elettrica

Soprattutto nei casi in cui l’aritmia è pericolosa per la vita (ad esempio nella fibrillazione ventricolare che si verifica nell’arresto cardiaco) perché produce una grave compromissione emodinamica, alla cardioversione farmacologica si preferisce quella elettrica, estremamente rapida ed efficace in molti casi per interrompere il malfunzionamento cardiaco, che se protratto porterebbe al decesso del paziente. Il ripristino del normale ritmo sinusale è determinato dall’applicazione di uno stimolo elettrico, che ha un effetto virtualmente immediato. Come già prima accennato, gli impulsi elettrici vengono somministrati in due modi, tramite:

  • defibrillatore esterno: viene somministrata una scarica elettrica singola molto intensa, che può essere somministrata nuovamente se il ritmo sinusale non è stato ripristinato. In questo caso si parla di cardioversione con shock, quella che siamo abituati a vedere nei film quando c’è una urgenza medica;
  • defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD): è un dispositivo elettrico utilizzato nei pazienti a più alto rischio di morte cardiaca improvvisa, ad esempio chi soffre cronicamente di aritmie o nei pazienti con Wolff-Parkinson-White. L’ICD viene impiantato chirurgicamente sottocute nella regione pettorale, preferibilmente a sinistra, posizionando gli elettrodi negli atri e nei ventricoli per via transvenosa.L’uso si fonda sulla generazione di piccoli impulsi elettrici ripetitivi in grado non solo di eseguire una defibrillazione efficace nel 95% dei casi, ma anche di fornire una stimolazione cardiaca bicamerale fisiologica e di monitorare a distanza l’attività ritmica del cuore discriminando tra aritmie sopraventricolari e aritmie ventricolari.

Cardioversione con shock ed anestesia

Nella pratica comune, la scarica elettrica somministrata con defibrillatore esterno, può venire applicata in modo sincronizzato con l’attività ventricolare del paziente, come ad esempio per la fibrillazione atriale persistente: in questo caso, visto che il paziente è cosciente e la scarica elettrica è estremamente fastidiosa, la procedura viene eseguita solo dopo aver effettuato una anestesia generale. Nei casi di emergenza invece, ad esempio in caso di fibrillazione ventricolare (arresto cardiaco) il paziente è già incosciente e la scarica viene somministrata in modo non sincronizzato e senza dover effettuare alcuna anestesia: in tal caso si parla di defibrillazione.

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Wolff-Parkinson-White: nei bambini, rischi, sport, morte improvvisa

MEDICINA ONLINE KIDS PLAY FOOTBALL CALCIO SOCCER ALLENAMENTO PALLONE SPORT DOPING ADOLESCENTE MIGLIORE PUBERTA SVILUPPO ETA EVOLUTIVA CONSIGLIO SQUADRA SALUTE FORZA MEDICO DELLO SPORT VISITA AGONISTICOLa Sindrome di Wolff Parkinson White (WPW, in lingua inglese “Wolff–Parkinson–White Syndrome”) è una patologia caratterizzata da anomala conduzione dell’impulso elettrico cardiaco e determinata dalla presenza di uno o più fasci atrio-ventricolari accessori, che possono dare origine ad episodi di tachicardia sporadica. La malattia, ad eziologia ancora non del tutto chiara, colpisce una persona su 450; nel 70% dei casi interessa i maschi, specie in giovane età, e può presentarsi sia in forma sporadica che famigliare ed essere silente dal punto di vista sintomatico. I neonati da genitori con la sindrome di WPW possono essere a maggior rischio di sviluppare la malattia come pure i neonati con altri difetti cardiaci congeniti.

Leggi anche: Come si muove l’impulso elettrico cardiaco nel cuore?

Sport e Wolff-Parkinson-White

Con la Sindrome di Wolff-Parkinson-White sia il bambino che l’adulto possono praticare sport, come ad esempio calcio e nuoto, ma è importante che si eseguano sempre i controlli medici. Importante valutazione si ha, oltre all’elettrocardiogramma standard e all’elettrocardiogramma sotto sforzo, anche  attraverso il SETE, cioè lo studio elettrofisiologico trans-esofageo, che trova una vantaggiosa applicazione in cardiologia dello sport

I rischi del Wolff-Parkinson-White

I soggetti con WPW, rispetto alla popolazione sana, hanno un maggior rischio di fibrillazione atriale, di aritmie ventricolari rapide e di arresto cardiaco, oltre ad una probabilità più elevata di morte cardiaca improvvisa.

Wolff-Parkinson-White e morte improvvisa

La sindrome di Wolff-Parkinson-White espone il soggetto ad un rischio maggiore di morte cardiaca improvvisa, rispetto alla popolazione sana. Se la presenza di sintomi nei pazienti con preeccitazioni ventricolari è un elemento predittivo di eventi avversi e impone quindi una terapia adeguata, come quella ablativa, non significa che l’assenza di sintomi identifichi necessariamente soggetti scevri da eventi avversi. In altre parole i soggetti sintomatici hanno un rischio più elevato di morte cardiaca improvvisa rispetto a quelli asintomatici, ma questi ultimi hanno comunque un rischio maggiore rispetto alla popolazione sana: secondo uno studio del prof. Carlo Pappone presso il Maria Cecilia Hospital di Cotignola e pubblicato su Circulation, anche i pazienti asintomatici sono infatti a rischio di sviluppare aritmie maligne.

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Farmaci antiaritmici: meccanismo d’azione ed effetti collaterali

MEDICINA ONLINE CUORE ELETTROCARDIOGRAMMA SINUSALE DEFIBRILLATORE CARDIOVERSIONE ELETTRICA CON SHOCK FARMACOLOGICA FARMACI URGENZA EMERGENZA MASSAGGIO CARDIACO ARRESTO RESPIRAZIONE BOCCAfarmaci antiaritmici sono farmaci utilizzati per prevenire o per correggere le aritmie, cioè quelle condizioni in cui è alterato il normale ritmo cardiaco.

Fisiopatologia

Le fasi del potenziale d’azione: Fase 0: depolarizzazione rapida, Fase 1: della ripolarizzazione precoce Fase 2: di plateau Fase 3: ripolarizzazione finale Fase 4: ripristino

 

Il ritmo cardiaco è dovuto a due processi: alla formazione di un impulso, normalmente dal nodo del seno, e alla sua conduzione attraverso il sistema di conduzione cardiaco. Le aritmie sono dunque dovute ad un’anomala formazione dell’impulso, ad un’anomala conduzione dell’impulso, o ad una combinazione di queste.
I farmaci antiaritmici, agendo a vari livelli del processo di formazione e conduzione dell’impulso, tendono alla normalizzazione del ritmo cardiaco.

Classificazione di Vaughan Williams

Le cinque classi principali della classificazione Vaughan Williams degli agenti antiaritmici sono:

  • Classe I: gli agenti interferiscono con il canale di sodio (Na+);
  • Classe II:gli agenti sono agenti anti-simpatici del sistema nervoso. La maggior parte degli agenti di questa classe sono beta-bloccanti;
  • Classe III: agenti agiscono sull’efflusso di potassio (K+);
  • Classe IV:agenti agiscono sui canali di calcio e il nodo AV;
  • Altri agenti: agiscono su meccanismi eterogenei.

Per quanto riguarda la gestione della fibrillazione atriale, le classi I e III sono utilizzate nel controllo ritmico come agenti cardioversi medici, mentre le classi II e IV sono utilizzate come agenti di controllo della frequenza cardiaca.

Classificazione “Sicilian Gambit”

Anche se la classificazione di Vaughan Williams è la più conosciuta, essa è in realtà poco corretta, in quanto tiene poco conto della differenza del meccanismo delle aritmie, non identificando un corretto e migliore approccio, a questo si cerca di ovviare con la classificazione “Sicilian gambit”. Essa presenta i farmaci su due assi. Sull’asse Y ogni farmaco è elencato nell’ordine della classificazione di Singh-Vaughan Williams. Nell’asse X, i canali, i recettori, le pompe e gli effetti clinici sono elencati per ogni farmaco, con i risultati elencati in una griglia. Non è dunque una vera classificazione in quanto non aggrega i farmaci in categorie.

Meccanismo d’azione

A seconda della tipologia, gli antiaritmici esercitano un’azione bloccante sui 3 canali principali sodio (la prima classe), calcio e potassio o dei recettori beta-adrenergici. I farmaci anti-aritmici sono in grado di:

  • Influenzare il cronotropismo (battiti per minuto), rallentando il ritmo cardiaco.
  • Influenzare il dromotropismo (velocità di conduzione dell’impulso lungo il tessuto specifico), rallentando la velocità di conduzione dell’impulso dagli atri ai ventricoli e permettendo così il corretto svuotamento delle camere atriali.
  • Influenzare il batmotropismo (eccitabilità delle cellule miocardiche), diminuendo la soglia di attivazione delle cellule.

Classe IA

L’effetto dei farmaci della classe IA sul potenziale d’azione

 

 

 

I farmaci appartenenti a questa classe riducono la velocità di innalzamento della fase 0 (dovuta all’apertura dei canali per il sodio), prolungano la durata del potenziale d’azione cardiaco e si dissociano dai canali per il sodio con cinetiche intermedie. I canali del sodio sono i responsabili dell’eccitazione rapida delle cellule miocardiche: bloccando questi canali si rendono le cellule più refrattarie, ponendo un notevole limite alla genesi di impulsi troppo rapidi o ectopici.

In questa categoria rientrano:

  • Chinidina, utilizzata quasi esclusivamente nelle aritmie sopraventricolari, riesce ad interrompere flutter e fibrillazione atriale, il suo utilizzo alla fine del XX secolo è stato ridotto a seguito di ricerche cliniche.
  • Procainamide, aritmie sopraventricolari e ventricolari ha un effetto simile alla chinidina ma viene utilizzata quando alla prima si osserva resistenza.
  • Disopiramide, spesso utilizzata in combinazione con la mexiletina, previene recidive nel caso di tachicardie ventricolari

Effetti collaterali:

  • Chinidina (vomito, dolore addominale, diarrea, anoressia)
  • Procainamide (rash, mialgia, fenomeno di Raynaud)
  • Disopiramide (ritenzione urinaria, stipsi, glaucoma).

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Classe IB

L’effetto dei farmaci della classe IB sul potenziale d’azione

 

 

 

Benché siano in grado di legare il canale per il sodio, non influenzano significativamente il potenziale d’azione grazie alle rapidissime cinetiche di dissociazione. Sono farmaci relativamente sicuri che sono utilizzati soprattutto nelle emergenze (infarto del miocardio, prevenzione di eventi aritmici gravi).

I farmaci che rientrano in questa categoria sono:

  • Aprindina, utilizzata in passato nelle aritmie extrasistoliche ventricolari e nella sindrome di Wolff-Parkinson-White. Ora caduta in disuso.
  • Lidocaina, in caso di aritmie ventricolari e soprattutto in caso delle forme ricorrenti;
  • Mexiletina, utilizzato in tachiaritmie acute e croniche si ottengono efficaci risultati se somministrata in combinazione con propafenone o amiodarone. Per gli effetti indesiderati si deve interrompere il trattamento in quasi il 40% dei casi.
  • Fenitoina, utilizzata in caso di aritmie atriali e ventricolari da intossicazione di farmaci.
  • Tocainide.

Effetti collaterali:

  • Lidocaina (parestesia, vertigini, confusione, delirio);
  • Mexiletina (disartria, tremore, diplopia, nistagmo);
  • Fenitoina (vertigini, atassia, coma, nistagmo, più raramente malformazioni fetali congenite).

Classe IC

L’effetto dei farmaci della classe IC sul potenziale d’azione

 

 

 

I farmaci che rientrano in questa categoria sono caratterizzati da lente cinetiche di dissociazione e comprendono:

  • Flecainide, viene usata prevalentemente per flutter atriale e fibrillazione atriale. Viene utilizzata anche in età infantile e fetale.) il CAST (nome di una ricerca clinica) tuttavia ha evidenziato un aumento del tasso di mortalità dal 2,3 al 5,1 per infarto miocardico acuto non legato alle onde Q.
  • Encainide (non commercializzata in Italia): le indicazioni sono simili a quelle della flecainide.)
  • Moricizina, efficace quasi quanto la disopiramide contro aritmie anche letali, anche se si è riscontrato un aumento della mortalità in caso di aritmie ventricolari presenti dopo infarto miocardico acuto, soprattutto nei pazienti che assumevano diuretici.
  • Propafenone, utilizzato per la fibrillazione atriale parossistica e tachicardia sopraventricolare).

Effetti collaterali:

  • Flecainide (mostra talora effetti proaritmici);
  • Propafenone (broncospasmo, vertigini, disturbi al senso del gusto e alla visione);
  • Moricizina (nausea, vomito, diarrea).

Classe II

Bloccano i recettori beta-adrenergici. Tutti i farmaci hanno più o meno gli stessi effetti, ma quello che li differenzia è il tempo di impiego e gli effetti collaterali. Vengono suddivisi in beta1 e beta2, i primi hanno un effetto maggiore sul cuore i secondi invece hanno un maggiore effetto sui bronchi e vasi sanguigni. Si osserva un’emivita maggiore in quelli che vengono eliminati tramite l’azione dei reni. Vista l’azione simile, se uno non mostra effetti anche altri risulteranno inutili. Questi agenti sono particolarmente utili nel trattamento delle tachicardie supraventricolari. Diminuiscono la conduzione attraverso il nodo AV.

I farmaci che rientrano in questa categoria sono:

  • Acebutololo
  • Atenololo
  • Esmololo
  • Metoprololo
  • Propranololo
  • Timololo

Effetti collaterali: possono causare un peggioramento dell’asma o della broncopneumopatia cronica ostruttiva, fenomeno di Raynaud. Un brusca interruzione del trattamento può causare un peggioramento in caso di angina pectoris.

Classe III

 

L’azione della III classe dei farmaci antiaritmici sul potenziale d’azione

 

 

 

Bloccano i canali del potassio, hanno un effetto di allungamento sulla ripolarizzazione e refrettario sulle fibre di Purkinje, rendendo inagibile il circuito di rientro. Gli agenti della classe III hanno la caratteristica di prolungare l’intervallo QT dell’ECG e possono essere a loro volta proaritmici.

I farmaci che rientrano in questa categoria sono:

  • Amiodarone, più nuovo Dronedarone utilizzato per numerosi tipi di tachiaritmie, ha un effetto positivo pari o superiore rispetto agli altri farmaci simili
  • Azimilide, solitamente usato per interrompere fibrillazione o flutter atriale
  • Bunaftina.
  • Dofetilide, si è dimostrata che non altera l’incidenza di eventi mortali somministrata in seguito ad infarti.
  • Ibutilide, utilizzato in caso di interruzione di fibrillazione o flutter atriale
  • Nifekalant.
  • Sotalolo, utilizzato nella profilassi delle aritmie sopraventricolari di tipo parossistico.
  • Tedisamil.
  • Tosilato di bretilio, utilizzato nel reparto di terapia intensiva.

Effetti collaterali:

  • Amiodarone (dispnea, ipossiemia, tosse, febbre, effetti polmonari e gastrointestinali gravi non permettono l’utilizzo della somministrazione per molto tempo, anche se solo nel 18-37% dei casi il trattamento viene poi sospeso realmente).
  • Bretilio (ipotensione, nausea, vomito).

Classe IV

Bloccano i canali del calcio, agendo sulle fibre lente sia fisiologiche che patologiche. In particolare vengono utilizzati fenilalchilamine e benzotiazepine che hanno un effetto uso-dipendenza. Possono influenzare la contrattilità del cuore, quindi debbono essere impiegati con molta attenzione nell’insufficienza cardiaca cronica. I farmaci che rientrano in questa categoria sono:

  • Diltiazem,
  • Verapamil, controindicato in bambini con meno di 1 anno

Altri agenti

Nel sistema di classificazione di Vaughan Williams originale, non sono comprese alcune sostanze, che comunque vengono utilizzate in alcune patologie cardiologiche specifiche:

  • L’Adenosina viene usata per via endovenosa nel tentativo di interrompere alcune forme di tachicardie sopraventricolari.
  • La Digossina riduce la conduzione degli impulsi elettrici attraverso il nodo AV e per questo viene utilizzata ancora nel controllo della frequenza nella fibrillazione atriale.
  • Il Dronedarone.
  • Il Magnesio solfato viene somministrato, in genere, solo in aggiunta ad altri farmaci antiaritmici e qualora ne risultasse una carenza. Nel trattamento di alcune aritmie, tra cui le torsioni di punta, sono associati per un ripristino quanto più veloce del pool intracellulare di questo elemento, come succede anche per il potassio.
  • Potassio.

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