Usare il calore per trattare il diabete: al via tra Roma e Milano una sperimentazione su una nuova promettente cura che ‘ringiovanisce’ il duodeno, organo considerato nevralgico nello sviluppo di questa grave malattia metabolica. Sta per partire infatti presso la Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma e presso l’Humanitas Research Hospital di Rozzanouna sperimentazione clinica di fase II su una nuova cura – definitiva e non farmacologica – per il diabete: si tratta di usare il calore per rigenerare una mucosa intestinale ‘sana’ agendo su una parte dell’intestino, il duodeno appunto. Lo studio convolgerà in tutto oltre 100 pazienti in vari centri europei.
La tecnica, in chirurgia mininvasiva endoscopica con una apparecchiatura e un catetere che permettono di applicare con la massima precisione il calore alla mucosa del duodeno per brevissimo tempo, è stata finora testata su alcuni pazienti “dimostrandosi sicura e potenzialmente efficace”, spiega una nota. I nuovi test clinici serviranno a convalidarne l’efficacia anti-diabete.
Agendo sulla mucosa intestinale, il calore ripristina la normale composizione degli ormoni prodotti dall’intestino e migliora il controllo della glicemia e quindi il diabete. La tecnica si chiama ringiovanimento della mucosa duodenale (Dmr) ed è stata sviluppata dall’azienda statunitense Fractyl Laboratories Inc. La nuova fase di sperimentazione consiste in un trial multicentrico (Revita-2) che vede protagonista per l’Italia la Cattolica e la Fondazione Policlinico Gemelli di Roma e l’Humanitas Research Hospital di Rozzano, insieme a più di 15 altri centri ospedalieri europei di eccellenza in Belgio, Inghilterra e Germania.
I primi pazienti arruolati nel precedente studio, Revita-1, sono stati trattati a Gemelli da Guido Costamagna, direttore dell’Unità operativa complessa di di Endoscopia digestiva chirurgica e direttore dell’Istituto di Clinica chirurgica generale e Terapia chirurgica all’Università Cattolica. I risultati finora ottenuti in più di 100 pazienti trattati, sia nello studio di fattibilità (eseguito in Cile) sia nello studio Revita-1, hanno dimostrato che il trattamento ha un impatto sulla malattia di notevole entità e duraturo nel tempo.
“L’endoscopia sta vivendo una continua evoluzione: salla diagnostica fino al trattamento mini-invasivo di malattie benigne e maligne per le quali prima era previsto solo l’intervento chirurgico”, commenta Alessandro Repici, responsabile di Endoscopia digestiva e docente di Humanitas University. “E’ possibile ampliare sempre più l’ambito di applicazione – aggiunge – fino ad uscire da quello strettamente gastroenterologico e rappresentare una valida alternativa terapeutica per patologie come il diabete, il fegato grasso e l’obesità. Per questo siamo particolarmente contenti di prendere parte a questo studio, che rappresenta il primo caso di applicazione al di fuori delle patologie classiche”. Revita-2 sarà seguito nella seconda parte dell’anno dall’inizio di un’analoga sperimentazione negli Usa, per ottenere l’approvazione della Fda, l’organo regolatorio sui farmaci e le terapie negli Stati Uniti.
Il trattamento sarà messo a confronto con una terapia placebo per verificarne l’efficacia. Si cercano pazienti volontari tra 28 e 74 anni, affetti da diabete di tipo 2, in terapia con farmaci antidiabetici orali, ma non ancora sottoposti a insulina, con valori di emoglobina glicata (HbA1c) tra 7,5 e 10%. “Ci auguriamo risultati definitivi degli studi attualmente in corso entro un paio d’anni”, afferma Geltrude Mingrone, direttore dell’Unità operativa complessa Patologie dell’obesità del Gemelli e docente di Medicina interna e geriatria all’Università Cattolica. L’arruolamento è iniziato il 19 maggio ed è prevista la conclusione a fine giugno. “La fase sperimentale si concluderà – dice Costamagna – nell’arco di circa 2 anni; se i risultati si confermeranno positivi, questo innovativo trattamento potrà essere esteso a tutti quei pazienti affetti da diabete che non riescono a tenere sotto controllo la terapia con i farmaci e che costituiscono circa la metà del totale”. Il dispositivo ha già il marchio Ce, quindi è commercializzabile nell’Unione europea. Un’attività che inizierà dopo la conclusione dello studio.
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