Come osserva l’etologo statunitense John Alcock (attualmente professore presso la School of Life Sciences presso l’Arizona State University, USA), noi esseri umani siamo talmente abituati a vedere ed a percepire “da esseri umani”, da credere che gli animali vedano e percepiscano come noi. Invece nel regno animale c’è una grande varietà di sistemi percettivi e di conseguenza cambia – a volte molto – il “mondo soggettivo” in cui gli animali vivono. Ciascun animale – e la cosa vale anche per l’uomo – è dotato di sensibilità selettiva, cioè ha organi di senso che captano determinati stimoli ambientali e non altri, stimoli specifici necessari alla nostra sopravvivenza e socialità. Ad esempio, i nostri occhi vedono le radiazioni elettromagnetiche della luce visibile, ma non gli ultravioletti e gli infrarossi. Le api, al contrario di noi, vedono la luce ultravioletta e i serpenti a sonagli vedono gli infrarossi. Noi non udiamo gli ultrasuoni (suoni al di sopra della frequenza limite di 20 kHz) ma i pipistrelli e alcune farfalle notturne sì. Noi non siamo in grado di percepire i campi magnetici terrestri, come invece fanno molti uccelli migratori e le api, che si orientano anche grazie ad essi.
Adattamento evolutivo
La sensibilità ad un determinato tipo di stimoli ha significato funzionale ed è il risultato di un lungo adattamento evolutivo degli organi di senso alla vita in un determinato ambiente, necessario alla sopravvivenza dell’esemplare e dell’intera specie. Ad esempio, gli ultravioletti aiutano le api a stabilire la posizione del sole, che per loro è un fondamentale punto di riferimento, anche quando il cielo è coperto. I serpenti a sonagli, grazie agli infrarossi, riescono a localizzare possibili prede dal calore corporeo. La sensibilità agli ultrasuoni consente ai pipistrelli di individuare ostacoli e prede al buio e ad alcune farfalle notturne di evitare i pipistrelli, che abitualmente le cacciano. Differenze anche più significative si incontrano quando si passa a considerare l’uso che gli animali fanno degli stimoli captati dall’ambiente. Abituati alla nostra esperienza percettiva, siamo portati a credere che ci sia un unico modo di utilizzare gli stimoli captati: servirsene per conoscere la realtà circostante, per capire come stanno le cose nel mondo. Non è così. Un animale può adoperare proficuamente stimoli ambientali e percepire, senza per questo conoscere il mondo intorno a sé e senza “ragionarci su” inteso nel senso “umano” del termine. Com’è possibile?
Pipistrelli e farfalle notturne
Possiamo renderci conto di come sia possibile percepire senza conoscere esaminando il caso delle farfalle notturne che cercano di sfuggire agli attacchi dei pipistrelli. È stato il ricercatore K.D. Roeder ad interessarsi alle evoluzioni aeree delle farfalle inseguite dai pipistrelli e a studiare con una serie di esperimenti i sistemi percettivi che consentono alle farfalle di intercettare l’aggressore e di attuare volta volta manovre di fuga adeguate. Nelle sere d’estate sui prati, accendendo una lampada, possiamo vedere gli inseguimenti e le fughe di questi due animali, che normalmente si svolgono al buio e che ci forniscono importanti informazioni dei meccanismi automatici di attacco da parte del predatore e soprattutto dei meccanismi automatici di difesa da parte della preda.
I pipistrelli per muoversi al buio e per trovare le prede utilizzano una specie di sistema sonar: lanciano grida di orientamento ultrasonici (di frequenza tra i 20 kHz e i 100 kHz) ed ascoltano gli echi che ritornano dagli oggetti circostanti. Utilizzano queste frequenze al di sopra dell’udibile, perché così il loro scandagliare non è disturbato da rumori di fondo: la maggior parte dei suoni in natura è infatti ben al di sotto dei 20 kHz (ed infatti sono ben facilmente ascoltabili dall’uomo). Il sonar dei pipistrelli arriva al massimo a una trentina di metri, perché gli ultrasuoni lanciati vengono assorbiti dall’aria e si “spengono” rapidamente oltre i 30 metri dal punto di emissione. Dato il raggio d’azione del sonar del pipistrello, la farfalla ha intorno a sé una “zona rischio” del raggio di una trentina di metri: da questa distanza in giù un pipistrello può intercettarla e diviene un aggressore pericoloso. Vediamo ora cosa avviene quando predatore e preda sono vicini tra loro.
Allineamento
Quando un pipistrello entra nella zona rischio (meno di 30 metri), ma subito cambia direzione e si allontana (oltre i 30 metri), la farfalla non fa nulla se non rimanere in uno stato di generico allarme che decresce all’aumentare della distanza tra sé ed il predatore. Quando invece un pipistrello entra nella zona rischio (meno di 30 metri) e continua ad avvicinarsi, la farfalla esegue in modo automatico una curiosa quanto efficace manovra di volo elusiva: la “manovra di allineamento“: la farfalla in pratica si mette sulla stessa traiettoria del pipistrello e vola davanti a lui mantenendosi in linea nelle tre dimensioni, né a destra, né a sinistra, né sopra, né sotto. In questo modo la farfalla confonde il pipistrello ed aumenta le probabilità di non essere da lui individuata. Volando davanti in linea la farfalla espone al sonar del pipistrello una superficie corporea minore, perciò può sperare che la sua presenza non venga rilevata, anche perché i pipistrelli non volano a lungo in linea retta, ma tendono a cambiare spesso direzione quindi se l’allineamento funziona dopo poco il pipistrello – ingannato dall’allineamento – non rileva la farfalla e cambia rotta, mentre la farfalla continua nella stessa direzione e si allontana. E se l’allineamento non funziona?
Volo erratico
Se l’allineamento si rivela inefficace e il pipistrello intercetta la farfalla, il predatore si avvicinerà sempre più alla preda e – non appena il pipistrello arriva a meno di due metri e mezzo circa, la farfalla passa dall’allineamento al “volo erratico“: cioè vola in modo irregolare, “a casaccio”, gira in cerchio o cade in picchiata come se si tuffasse. Il tuffo in genere dà buoni risultati: se la farfalla riesce a raggiungere un cespuglio o il suolo, il pipistrello – ricevendo l’eco di una superficie ampia – avrà una informazione non più di una preda, ma di un grosso ostacolo che è meglio evitare, quindi cambierà direzione e l’inseguimento avrà probabilmente termine. Dal punto di vista ultrasonico, una grande superficie rappresenta la mimetizzazione perfetta e la salvezza per la farfalla, a patto di riuscire a raggiungerla prima di essere agguantata dal pipistrello. Il volo erratico è una strategia estrema, un tentare il tutto per tutto, cosa appropriata quando un pipistrello è a meno di due metri e mezzo, perché a quel punto la situazione è disperata. Come fanno le farfalle notturne ad avvertire la presenza dei pipistrelli con tanta prontezza e precisione ed a regolare di conseguenza i comportamenti di fuga?
Meccanismo automatico di sopravvivenza
Valutando il “balletto” di pipistrello e farfalla in base all’esperienza umana, dall’esterno può sembrare che la preda si renda conto di ciò che accade e regoli di conseguenza le proprie azioni. Verrebbe da dire:
“la farfalla si accorge della presenza del pipistrello, valuta il rischio e, a seconda della gravità della situazione, decide di seguire la strategia dell’allineamento o quella disperata del volo erratico”
In realtà la farfalla non riconosce – almeno non nel senso che abitualmente diamo alla parola riconoscere – il pipistrello: non ha nozione del pericolo, non pensa, non prende iniziative, non ha inventiva, né tanto meno coscienza di ciò che le accade. L’intera attività di fuga, così ben congegnata e così ben condotta, è frutto di un meccanismo, di un complesso di dispositivi automatici, programmati dall’evoluzione. Le specie di farfalle notturne che riescono a sottrarsi ai pipistrelli dispongono di speciali “orecchie” poste in basso ai lati del torace: sono organi acustici che rilevano esclusivamente ultrasuoni (le farfalle sono infatti sorde a tutto ciò che noi udiamo, cioè quello che è sopra i 20 Hz e sotto i 20kHz) e inviano segnali al cervello solo in alcuni casi come appunto qualora gli ultrasuoni siano intermittenti, come quelli emessi dai pipistrelli. La sensibilità di questi organi è regolata poi dall’evoluzione in modo tale che cominciano a rispondere quando gli ultrasuoni raggiungono un’intensità che è all’incirca quella dei segnali provenienti da un pipistrello a una trentina di metri. “Orecchie” del genere sono sensori altamente specializzati, in grado di fornire informazioni già molto selezionate in funzione della difesa dai pipistrelli: se mandano segnali al cervello, è perché un pipistrello è entrato in zona rischio, cioè c’è un “allarme pipistrello” in zona di attacco (meno di 30 metri). Per regolare i propri comportamenti le farfalle notturne hanno bisogno però di informazioni più dettagliate: devono distinguere tra un pipistrello in allontanamento, che non richiede manovre di fuga, e un pipistrello in avvicinamento, che richiede manovre, e in questo secondo caso tra un pipistrello abbastanza lontano, per il quale basta l’allineamento, e un pipistrello così vicino che l’unica è il volo erratico.
Diagramma di flusso
Le discriminazioni tra le varie situazioni di presenza del pipistrello avvengono a livello centrale, nel cervello. Tutto comunque si svolge meccanicamente, per azione di dispositivi preordinati. La farfalla dispone di un repertorio fatto di tre comportamenti principali, tutti e tre stereotipati e già programmati:
- lo stato di allerta;
- l’allineamento;
- il volo erratico.
A seconda delle caratteristiche degli impulsi che arrivano dalle “orecchie”, il cervello dell’animale dà il via in pochi millesimi di secondo ad un pattern comportamentale o all’altro, pattern del tutto meccanici innescati da un vero e proprio diagramma di flusso:
- impulsi che decrescono provocano allerta, ma senza manovre di fuga: la farfalla rimane in guardia ma non fa nulla;
- impulsi crescenti al di sotto di una certa soglia indicano pipistrello in avvicinamento entro 30 metri: scatenano la sequenza comportamentale dell’allineamento;
- impulsi crescenti molto forti (circa 2 metri e mezzo) indicano rischio estremo: la farfalla tenta la manovra erratica.
Sono basati su automatismi non solo le risposte alla vicinanza con il predatore, ma anche il modo in cui la farfalla realizza il volo erratico e il modo in cui attua l’allineamento, che pure necessita di un fine aggiustamento della propria traiettoria in relazione a quella del pipistrello. Sembra che alla base del volo erratico ci sia semplicemente il fatto che ultrasuoni di intensità troppo alta inibiscano i meccanismi di controllo motorio della farfalla, che perde la coordinazione o si blocca. Nel caso dell’ allineamento intervengono riflessi motori basati sulle differenze di stimolazione tra le due “orecchie” e sul fatto che l’andamento della stimolazione acustica nel tempo, per effetto del battito delle ali, è diverso a seconda che il pipistrello sia sopra o sotto.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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