La riduzione più o meno grave della capacità sensoriale può spesso presentarsi nella senescenza, con conseguente difficoltà – da parte dell’anziano – nel riconoscimento della realtà esterna (persone, oggetti, ambiente) associandosi alla riduzione della capacità di ritenzione degli stimoli per declino della memoria, creano un progressivo difettoso orientamento nello spazio e nel tempo che favorisce l’insorgenza di stati confusionali.
In una evoluzione patologica questi soggetti si ritrovano persi in una dimensione senza spazio né tempo in cui diventa sempre più difficile distinguere il passato dal presente, il sogno o la fantasia dalla realtà.
Nell’anziano il sé stesso si può espandere senza confini o collassare per il peso del vuoto circostante.
“Confusione” è un termine generico che denota una incapacità della persona di riuscire a pensare con l’usuale velocità, chiarezza e coerenza (Adams, 1985).
Gli elementi caratterizzanti lo “stato confusionale” sono:
- il disorientamento,
- la compromissione della capacità attentiva,
- l’impossibilità di registrare correttamente gli avvenimenti,
- l’incapacità di reagire adeguatamente e finalisticamente ad una data situazione,
- la ridotta capacità di percezione con illusioni visive ed uditive,
- una generale diminuzione di ogni attività mentale e funzione cognitiva.
Il substrato psicopatologico della confusione è essenzialmente una compromissione della vigilanza e dell’attenzione. Al contrario di quello che avviene nella giovinezza, nell’età adulta e nell’anziano sano, le cose e gli eventi del mondo esterno vengono passivamente ricevuti dall’anziano con stato confusionale senza che il soggetto eserciti una attività discriminante e quindi ordinatrice dell’esperienza. Tutti gli stimoli sono uguali, “scivolano addosso”, nessuno di essi viene filtrato e quindi allontanato dal campo percettivo creando un caos invincibile; oppure gran parte degli stimoli vengono non-considerati, ne saranno percepiti solo alcuni, che isolati dal reale contesto, non faranno che aumentare la confusione. Un segno clinico iniziale è l’inversione del ritmo sonno-veglia con insorgenza di ansia ed irrequietezza all’imbrunire che si trasforma in eccitamento motorio nel corso della notte; col ritorno alla luce il vecchio si
placa e trascorre la giornata in dormi-veglia.
Afferma Bumke (1929) che lo stato di angoscia che accompagna nell’anziano le idee di rovina o colpa provoca di notte stati di:
“confusione delirante… frugano la loro casa chiudono continuamente le porte per proteggersi dai ladri rovistano irrequietamente tutti i cassetti vuotano le loro tasche osservano con una lampada sotto il letto… tutti questi stati confusionali intervengono del resto con una certa costanza nel pomeriggio e notte mentre al mattino sono di malumore ma lucidi”.
Sono situazioni queste talora transitorie – emergono periodi anche lunghi di lucidità con critica adeguata delle proprie percezioni e dei propri pensieri – talora accessionali, di cui non sempre è evidente una causa scatenante.
L’insonnia notturna è generalmente seguita da uno stato di sonnolenza diurno durante il quale l’anziano sonnecchia non sempre raggiungendo uno stato di sonno profondo. Si verificano così, con facilità, periodi anche lunghi in cui la vera veglia è diretta dall’affaccendamento notturno, il resto del tempo trascorre in uno stato sognante dove il susseguirsi di sogno e veglia diventa gradualmente indifferenziato: i contenuti dei discorsi diventano vaghi o assurdi perché connessi a tematiche di sogno o non contingenti, gli elementi reali possono assumere un aspetto terrifico perché non più controllabili (“Un gatto enorme si avvicinava minaccioso… tante persone comparivano d’improvviso nella mia stanza…”). La percezione del reale ne è ulteriormente danneggiata: l’ombreggiatura delle pieghe del lenzuolo diventa una moltitudine di animaletti fastidiosi, la musica suonata nella stanza accanto si trasforma in rumori di creature diaboliche, le ombre sulle pareti si muovono come fantasmi. Una tale situazione, solo apparentemente drammatica, viene generalmente interpretata da parenti e medici come un segno prognostico infausto indice di demenza. In realtà è spesso unicamente un evento temporaneo scatenato da molteplici fattori (una banale febbre, l’allettamento per problemi ortopedici, disidratazione. riduzione dell’apporto calorico ed altre) ma potenzialmente dannoso se non trattato precocemente ed adeguatamente con ripristino, in primo luogo, del normale ciclo sonno-veglia e quindi con l’eliminazione degli agenti scatenanti. TI non intervento o, ancor peggio, l’eccesso di intervento – ospedalizzazione, terapie eccessive, ricerche traumatiche – minando progressivamente il precario equilibrio dell’anziano possono spingere verso una evoluzione irreversibile ed auto amplificante si.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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