Dipendenza da pornografia sintetica: terapie e rieducazione al desiderio

La recente e repentina crescita delle capacità di modelli di intelligenza artificiale (IA) ha permesso un sempre crescente aumento della creazione della pornografia sintetica (o “pornografia artificiale” o “pornografia digitale“) cioè di contenuti erotici e pornografici generati tramite modelli di intelligenza artificiale, capaci di creare immagini e video estremamente realistici a partire da volti o corpi reali. Un utente può facilmente, a casa propria e con strumenti anche gratuiti, reperire foto di persone famose o anche di persone conosciute (ad esempio amiche, parenti, conoscenti, ex partner, minori…) e, grazie all’IA, generare da esse una sorta di corpo fantoccio con le sembianze della persona desiderata. Tale corpo fantoccio può essere successivamente usato come “base” per generare foto e video dal contenuto pornografico, utili all’utente per la masturbazione. La pornografia sintetica produce stimoli sessuali illimitati, personalizzati e iperrealistici, capaci di alterare profondamente i circuiti della ricompensa e favorire comportamenti compulsivi nei giovani, in misura maggiore rispetto alla pornografia “tradizionale”. La sessualità reale viene sostituita da un’intimità virtuale che favorisce isolamento, distorsioni affettive e disfunzioni sessuali oltre a determinare, nei casi più gravi, ad alterato funzionamento in campo sociale, professionale e relazionale. La dipendenza da pornografia sintetica è, di fatto una super-forma di dipendenza sessuale.

Approcci terapeutici: psicoterapia, farmacologia e riabilitazione del desiderio

Il trattamento della dipendenza da pornografia sintetica generata da intelligenza artificiale rappresenta una sfida clinica nuova, poiché combina elementi di addiction digitale, distorsione cognitiva e disregolazione emotiva. L’obiettivo terapeutico non si limita alla riduzione del comportamento compulsivo, ma si estende alla ricostruzione dell’identità sessuale e relazionale compromessa dal rapporto con lo stimolo artificiale. Non potendo, come nelle dipendenze da sostanze illegali, puntare all’eliminazione totale di quello da cui si dipende (non si può eliminare completamente l’attività sessuale dalla vita di un individuo!), l’obiettivo sarà quello di ri-regolare gradatamente la sensibilità sessuale (sensibilità dopaminergica) del paziente fino a livelli che siano il più possibili vicini a quelli definibili di normalità.
Dal punto di vista neurobiologico, il recupero della sensibilità dopaminergica e della funzione esecutiva necessita di periodi prolungati di astinenza da stimoli digitali, associati a un graduale reinserimento di esperienze relazionali autentiche. L’obiettivo clinico non è solo interrompere il comportamento compulsivo, ma ricostruire un rapporto sano con la sessualità, liberandola dal dominio dell’algoritmo e restituendole una dimensione di reciprocità e contatto umano. E’ un obiettivo che si raggiunge – non vi nascondo – con un lungo percorso, non irto di difficoltà e possibili ricadute.
Sul piano psicoterapico, l’approccio più studiato e applicato è quello cognitivo-comportamentale (CBT), adattato al contesto delle dipendenze comportamentali. Tale modello interviene sui meccanismi di rinforzo e sulle distorsioni cognitive legate all’uso dell’immagine digitale. Il terapeuta aiuta il paziente a riconoscere i trigger che innescano l’impulso di fruizione, a sostituire le condotte automatiche con risposte alternative e a sviluppare strategie di coping per la gestione della noia, della solitudine e dell’ansia sociale. Nei soggetti più giovani, il percorso psicoterapico richiede anche un lavoro psicoeducativo volto a ristabilire una percezione realistica della sessualità e a riparare l’associazione patologica tra gratificazione e artificio tecnologico.
Accanto alla CBT, stanno emergendo interventi basati sulla mindfulness e sulla terapia metacognitiva, che mirano a ristabilire la consapevolezza corporea e il controllo attentivo. La mindfulness riduce l’automatismo dell’eccitazione indotta dallo stimolo visivo, consentendo al soggetto di disidentificarsi dal contenuto e di osservare il desiderio come evento mentale transitorio. La terapia metacognitiva, invece, lavora sul sistema delle credenze riguardanti il controllo del pensiero e sulla tendenza alla ruminazione ossessiva, frequente nei soggetti con compulsione sessuale digitale.
La terapia interpersonale e di gruppo si è dimostrata utile nei casi in cui la dipendenza è accompagnata da isolamento e perdita della capacità empatica. Confrontarsi con altri pazienti che condividono esperienze simili riduce il senso di vergogna e normalizza il percorso di recupero. Inoltre, la terapia di gruppo consente di osservare in tempo reale i meccanismi di proiezione e idealizzazione che alimentano la dipendenza, permettendo una rielaborazione collettiva dei modelli relazionali disfunzionali.

Terapie farmacologiche

Sul versante farmacologico, le evidenze ancora limitate suggeriscono un ruolo potenziale degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) nei casi in cui la dipendenza sia accompagnata da impulsività sessuale, sintomi ossessivo-compulsivi o comorbilità ansioso-depressiva. La modulazione serotoninergica riduce l’intensità dell’impulso e migliora la capacità di controllo inibitorio. Nei casi caratterizzati da craving marcato o da componente compulsiva grave, alcuni autori propongono l’impiego di stabilizzatori dell’umore o agonisti parziali dopaminergici, con l’obiettivo di riequilibrare la risposta dopaminergica del circuito della ricompensa.
È importante sottolineare che la farmacoterapia, da sola, non è sufficiente a interrompere il comportamento dipendente. Deve essere integrata in un percorso psicoterapico strutturato, con monitoraggio continuo del rischio di ricaduta e interventi motivazionali personalizzati. L’efficacia del trattamento aumenta significativamente quando il paziente riconosce la natura artificiale dello stimolo e sviluppa un nuovo sistema di gratificazione fondato su esperienze corporee e relazioni reali. Infine, è auspicabile che la ricerca futura identifichi marcatori neurobiologici utili per monitorare l’efficacia del trattamento. Studi di neuroimaging funzionale potrebbero chiarire l’evoluzione della risposta dopaminergica e corticale durante la terapia, contribuendo a sviluppare protocolli personalizzati e a definire strategie di prevenzione precoce.

Rieducazione al desiderio

Un aspetto cruciale della riabilitazione è la rieducazione del desiderio. Il percorso terapeutico deve accompagnare il soggetto verso un recupero graduale della sensualità naturale, del contatto fisico e della reciprocità affettiva. In questa fase, la terapia sessuologica può fornire strumenti utili per esplorare la sessualità reale in modo progressivo e non performativo, restituendo all’esperienza erotica la dimensione empatica che l’ambiente digitale aveva annullato. La combinazione di psicoterapia cognitiva, supporto farmacologico mirato e riabilitazione relazionale rappresenta oggi il modello più promettente per affrontare una dipendenza che non nasce dalla sostanza, ma dall’immagine e dall’illusione del controllo sul desiderio.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
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