Avvelenamento da cobalto: fonti, cardiomiopatia, cancerogenesi, fisiopatologia

MEDICINA ONLINE EMILIO ALESSIO LOIACONO MEDICO FARMACISTA FARMACIA FARMACO PILLOLA COMPRESSA PASTICCA MEDICAMENTO INTEGRATORE ALIMENTARE PRINCIPIO ATTIVO VITAMINE (2)L’avvelenamento da cobalto” (anche detto “intossicazione da cobalto”; in inglese “cobalt poisoning“, “cobalt intoxication“) è una rara malattia potenzialmente grave dovuta all’esposizione accidentale o volontaria, acuta o (più spesso) cronica, al cobalto. Il cobalto è un elemento essenziale per la salute degli animali in piccole quantità come componente della vitamina B12 (o “cobalamina”). Un livello di cobalto nel sangue (cobaltemia) < 1,8 μg/L indica una quantità normale di esposizione al cobalto. Una concentrazione di cobalto nel sangue ≥ 1,8 μg/L indica un’elevata esposizione al cobalto e il rischio di intossicazione da cobalto. La potenziale esposizione al cobalto può avvenire per via orale, respiratoria e cutanea.

Fonti

Il cobalto (Co) è un elemento magnetico grigio, duttile, con numero atomico di 27 e peso atomico di 58,9 Da. Nell’ambiente, il cobalto si trova in combinazione con altri elementi come rame, nichel, manganese, arsenico, zolfo e ossigeno. Il cobalto è un elemento naturale nella crosta terrestre, ma è contenuto in quantità relativamente basse. A causa delle sue proprietà ferromagnetiche, dell’alto punto di fusione (1495,05 C°) e dell’alto punto di ebollizione (2927 C°), il cobalto è ampiamente utilizzato nell’industria per produrre metalli duri e superleghe. Ad esempio, la lega Alnico è una miscela di ferro, alluminio, nichel e cobalto utilizzata per le sue proprietà magnetiche permanenti (ad esempio nei pickup delle chitarre elettriche, in contrapposizione ai magneti ceramici). Una fonte comune di esposizione cronica al cobalto è la produzione del carburo di tungsteno, utilizzato per la sua durezza, resistenza al calore e resistenza. Storicamente, il cloruro di cobalto (CoCl2) è stato utilizzato in medicina come trattamento per l’anemia grazie alla sua capacità di promuovere l’eritropoiesi, tuttavia, a causa dei suoi effetti negativi sulla disfunzione tiroidea e sullo sviluppo del gozzo, l’uso del cobalto nel trattamento dell’anemia è caduto in disgrazia. Un composto del cobalto biochimicamente importante è la cianocobalamina (vitamina B12) che contiene uno ione Co3+. La vitamina B12 è un nutriente essenziale naturalmente presente negli alimenti di origine animale, come latticini, uova, pesce, pollame e carne. Le carenze di vitamina B12 possono portare ad anemia perniciosa e neuropatia periferica. Il precursore idrossicobalamina è utilizzato come antidoto per l’avvelenamento da cianuro e può avere un ruolo nel trattamento dello shock vasoplegico. Il cobalto si trova anche in:

  • porcellana;
  • cemento;
  • gomma;
  • superleghe;
  • catalizzatori;
  • galvanica;
  • trattamenti obsoleti per l’anemia;
  • produzione di acciaio widia;
  • batterie;
  • prodotti chimici;
  • punte da trapano, lame per seghe e altre macchine utensili;
  • coloranti e pigmenti (blu cobalto);
  • magneti;
  • alcuni tipi di protesi d’anca;
  • integratori alimentari;
  • alcuni cibi (in particolare: fegato, reni, ostriche, vongole, pesce, latte, soia e birra);
  • pneumatici.

Nella popolazione generale, attualmente, è probabile che la fonte più comune di cobalto sia sotto forma di integratori alimentari assunti in modo sconsiderato. L’esposizione professionale alla polvere metallica di cobalto è più comune nella  fabbricazione del carburo di tungsteno. L’avvelenamento da cobalto può verificarsi a causa dell’usura di alcune protesi d’anca metallo su metallo in cobalto/cromo. A volte le particelle metalliche di cobalto vengono rilasciate quando la sfera di metallo sfrega contro la tazza di metallo dell’anca, quando si cammina. Queste particelle metalliche  possono essere rilasciate nell’articolazione dell’anca e talvolta nel flusso sanguigno, causando tossicità da cobalto. Nella metà degli anni ’60 del secolo scorso il cobalto veniva utilizzato come stabilizzante nella schiuma della birra: ha causato una condizione chiamata “cardiomiopatia del bevitore di birra” o “cuore del bevitore di birra

Cardiomiopatia del bevitore di birra

Nell’agosto del 1965, una persona si presentò in un ospedale di Quebec City con sintomi suggestivi di cardiomiopatia alcolica. Nel corso dei successivi otto mesi, nella stessa area si verificarono altri cinquanta casi con risultati simili, venti dei quali mortali, denominati cardiomiopatia del bevitore di birra” o “cuore del bevitore di birra. È stato notato che tutti questi soggetti erano forti bevitori che bevevano soprattutto birra e preferivano la marca Dow; trenta di questi bevevano più di 6 litri di birra al giorno. Studi epidemiologici hanno scoperto che la birra Dow aveva aggiunto solfato di cobalto alla birra per stabilizzare la schiuma dal luglio 1965 e che la concentrazione aggiunta nel birrificio di Quebec City era dieci volte quella della stessa birra prodotta a Montreal dove non erano stati segnalati casi. Un documento del 1972 rilevava che diverse dozzine di casi simili furono identificati anche a Omaha (Nebraska), a Minneapolis (Minnesota) ed in Belgio. Nella coorte di pazienti con cardiomiopatia del bevitore di birra, è stato determinato che i pazienti assumevano in media da 6 a 8 mg di CoSO4 al giorno per settimane o mesi. Questi pazienti hanno sviluppato una grave tossicità, con diversi decessi. Al contrario, i bambini trattati per l’anemia hanno ricevuto 40 mg di CoCl2 al giorno per tre mesi e non hanno sviluppato tossicità. Ciò suggerisce altri fattori che contribuiscono allo sviluppo della tossicità del cobalto.

Cancerogenesi

Secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), il cobalto metallico con carburo di tungsteno è “probabilmente cancerogeno per l’uomo” (agente IARC gruppo 2A), mentre il cobalto metallico senza carburo di tungsteno è “possibilmente cancerogeno per l’uomo” (agente IARC gruppo 2B).  Il cobalto potrebbe aumentare il rischio soprattutto di sarcomi dei tessuti molli e di cancro ai polmoni.

Cobalto nelle piante

Non solo gli animali e gli esseri umani possono essere interessati da intossicazione da cobalto ambientale, ma anche i vegetali. Per le piante, l’assorbimento e la distribuzione del cobalto sono del tutto specie-specifici. In alcune specie di piante, l’eccessivo accumulo di cobalto può portare ad una carenza di ferro. Ciò a sua volta porta ad una scarsa crescita della pianta e alla perdita di foglie che, nel complesso, riducono la quantità di ossigeno prodotta dalle piante durante la fotosintesi. In ultima analisi, l’eccesso di cobalto può portare alla morte della pianta. Uno di questi esempi è stato osservato in un esperimento sugli effetti di una maggiore concentrazione di cobalto sulle piante di pomodoro: con l’aumento del dosaggio di cobalto nel terreno circostante le piante, nell’esperimento si notò che aumentò anche il tasso di necrosi delle foglie della pianta di pomodoro col risultato che la pianta era incapace di produrre frutti e la morte della pianta.

Fisiopatologia

Analogamente ad altri metalli di transizione, la tossicità del cobalto colpisce più sistemi di organi. Nella tossicità acuta, l’esposizione eccessiva al cobalto ha effetti  a vari livelli, in particolare sui tessuti endocrini, cardiovascolari, metabolici, nervosi centrali e periferici, gastrointestinali ed ematologici. Le esposizioni inalatorie croniche provocano malattie del sistema polmonare, tra cui l’asma professionale e la malattia da metalli duri. Il cobalto bivalente (Co2+ o cobaltoso) è molto simile ai comuni cationi intracellulari, come Ca2+ e Mg2+. Il cobalto inibisce vari enzimi responsabili della sintesi proteica e della sintesi dell’RNA come l’α-chetoglutarato deidrogenasi, l’acido α-lipoico e l’acido diidrolipoico. Questa è la probabile fisiopatologia sottostante che porta alla cardiomiopatia tipicamente osservabile nell’intossicazione da cobalto. CoCl2 inibisce la tirosina iodinasi, che porta a una diminuzione dell’ormone tiroideo (T3, T4) e all’ipotiroidismo. Esistono molteplici teorie sulla promozione dell’eritropoiesi da parte del CoCl2. Gli ioni cobalto possono legarsi alla transferrina con conseguente alterazione del trasporto di ossigeno alle cellule renali attraverso l’induzione del fattore 1 alfa ipossico inducibile e probabile aumento della disponibilità di ferro per l’eritropoiesi. Ciò porta allo sviluppo di reticolocitosi e policitemia. Infine, il cobalto può partecipare al ciclo redox, portando ad un eccesso di radicali liberi che portano a danni ai tessuti, in particolare a quelli polmonari. La dermatite da cobalto è probabilmente una reazione di ipersensibilità di tipo IV simile a quella che si osserva nelle dermatiti da contatto con nichel. Per approfondire: Differenza tra le reazioni di ipersensibilità di tipo I, II, III, IV e V

Istopatologia

I risultati istologici della cardiomiopatia da cobalto hanno caratteristiche simili alle cardiomiopatie indotte da carenza di proteine e tiamina. Come già ricordato precedentemente, a metà degli anni ’60, i birrifici iniziarono ad aggiungere il cobalto alla birra come stabilizzante della schiuma. Successivamente, i forti bevitori di birra cominciarono a presentare la cardiomiopatia dei bevitori di birra. Le caratteristiche istologiche post mortem di tale cardiomiopatia includono vacuolizzazione e degenerazione cellulare. Risultati più caratteristici nella cardiomiopatia da cobalto includevano l’atrofia dei miociti e la perdita di miofibrille. In questa coorte di pazienti sono state riscontrate anche ulteriori anomalie istologiche della tiroide, comprese anomalie delle cellule follicolari e deplezione colloidale.
Nei pazienti con malattia polmonare da metalli duri (HMLD), i risultati del lavaggio broncoalveolare includono cellule giganti multinucleate e aumento delle cellule infiammatorie. Questi risultati corrispondono a quelli ottenuti nella polmonite interstiziale desquamativa a cellule giganti (GIP). Le serie di casi suggeriscono che la polmonite interstiziale desquamativa a cellule giganti è patognomonica per la malattia polmonare da metalli duri.
Il cobaltismo artroprostetico deriva probabilmente dallo sviluppo di metallosi e trunnionosi. La metallosi descrive il processo mediante il quale le particelle metalliche di un impianto si depositano nel tessuto circostante a causa di un’usura anomala. Il trunnionosi è il processo di erosione del metallo a livello del perno, che è l’area in cui l’impianto della testa del femore si collega al collo dell’artroplastica. Questi processi indicano il fallimento dell’impianto, esponendo i pazienti a un rischio più elevato di tossicità sistemica. I pazienti con cobaltismo artroprostetico presenteranno spesso lesioni asettiche associate a vasculite linfocitaria (ALVAL) o pseudotumore. I reperti istologici consistono nell’invasione linfocitaria che forma infiltrati perivascolari. Possono verificarsi anche evidenti alterazioni del colore del liquido sinoviale.

Tossicocinetica

La biodisponibilità tra le varie forme di cobalto varia ampiamente e la conoscenza sull’argomento deriva principalmente da studi sugli animali. Nell’uomo, la distribuzione del cobalto è influenzata dalle proteine plasmatiche, come l’albumina, e dalla transferrina, una proteina che normalmente lega il ferro. L’assorbimento è mediato dal trasportatore P2X7 ed è un substrato del trasportatore di metalli bivalenti 1 (DMT1).
L’eliminazione del cobalto avviene principalmente nelle urine, con una quota minore nelle feci. L’eliminazione urinaria aumenta nelle esposizioni acute. Negli studi sulle esposizioni professionali, i tassi di eliminazione generalmente sono correlati al modello di esposizione. In una settimana lavorativa standard, l’escrezione urinaria aumenta alla fine della settimana rispetto all’inizio della settimana. L’evidenza suggerisce che l’escrezione urinaria aumenta anche nel periodo immediatamente successivo alla cessazione dell’esposizione.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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