Differenza tra anamnesi ed esame obiettivo: spiegazione semplice

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Cos’è l’anamnesi?

Con “anamnesi” in medicina si intende la raccolta – se possibile dalla voce diretta del paziente – di tutte quelle informazioni, notizie e sensazioni che possono aiutare il medico a indirizzarsi verso una diagnosi di una certa patologia o verso un gruppo specifico di esami diagnostici, scremando tutte le possibilità meno probabili e gli esami che probabilmente possono essere di scarsa utilità per raggiungere la diagnosi. L’anamnesi è generalmente la prima parte della visita, seguita poi dall’esame obiettivo e – se necessario – dagli esami strumentali. L’anamnesi è importante per il medico soprattutto la prima volta che incontra un paziente, dal momento che egli – per il professionista – è, dal punto di vista clinico, un perfetto sconosciuto. Nell’anamnesi il paziente dice al medico tutte le sue informazioni anagrafiche e generali (nome, età, tipo di lavoro svolto…), quali sono i suoi sintomi (ad esempio mal di testa, stanchezza, dolori, vertigini, sonnolenza…) e – su richiesta del medico – racconta la storia clinica propria e della propria famiglia, ad esempio durante l’anamnesi il medico può chiedere quali malattie ha avuto il paziente in passato, quali operazioni chirurgiche ha subìto, quali malattie hanno avuto i suoi genitori. Se il paziente non può rispondere alle domande del medico (ad esempio neonati o soggetti in coma), oppure le sue risposte non sono attendibili (ad esempio malati di Alzheimer o di schizofrenia), allora risponderanno alle domande i familiari del paziente, se possibile. In alcuni casi non è possibile eseguire l’anamnesi (ad esempio soggetto sconosciuto che giunge in coma da solo al pronto soccorso).

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Cos’è l’esame obiettivo?

L’esame obiettivo è generalmente la seconda parte della visita, preceduta dall’anamnesi e – se necessario – seguita dagli esami strumentali. Nell’esame obiettivo il medico esegue una serie di azioni e manovre necessarie per verificare la presenza o assenza, nel paziente, dei segni di una data patologia. E’ chiamato segno, qualsiasi elemento psichico anomalo che venga rilevato da un osservatore esterno e che, in quanto oggettivopuò essere misurato con precisione (al contrario del sintomo, che – essendo soggettivo – è molto più difficile da misurare). Mentre i sintomi venivano elencati dal paziente al medico durante l’anamnesi, i segni vengono individuati dal medico durante l’esame obiettivo, grazie ad alcune manovre, che sono:

  • ispezione: il medico guarda il corpo del paziente (interamente o una sua parte specifica),
  • palpazione: con le proprie mani, il medico palpa il corpo,
  • percussione: tramite le dita, il medico percuote il corpo,
  • auscultazione: tramite un fonendoscopio, il medico ascolta i suoni che arrivano dal corpo.

Esempi di segni rilevati dal medico durante l’esame obiettivo, sono: ingrossamento del collo (ad esempio per patologie alla tiroide o dei linfonodi), tagli ed abrasioni, cambi di colore della pelle (ad esempio ittero o arrossamento), rinorrea (“naso che cola”), cicatrici. In alcuni casi l’assenza di un dato segno specifico può addirittura essere sufficiente per escludere una o più patologie. Alcuni segni possono essere rilevati con precisione solamente mediante strumenti particolari e/o provocazione da parte del medico, ad esempio con ausili come il martelletto neurologico di Dejerine (strumento per l’evocazione, la valutazione e lo studio dei riflessi muscolo-tendinei). E’ importante sottolineare il fato che mentre il sintomo – in quanto descrizione soggettiva del paziente – può essere “inventato” o “ingigantito” o “sminuito” dal paziente (in “buona o cattiva fede”), al contrario il segno no, perché è visibile, palpabile, percuotibile e/o ascoltabile. Per certi versi si può dire che mentre nell’anamnesi deve essere bravo il paziente a descrivere, nell’esame obiettivo deve essere bravo il medico ad osservare.

Dopo anamnesi ed esame obiettivo

Qualora sintomi e segni non fossero sufficienti a raggiungere una diagnosi certa, cosa che si verifica il più delle volte, il medico si può servire di vari esami, come quelli di laboratorio (esame delle feci, esame delle urine, spermiogramma, emocromo, biopsie…), di diagnostica per immagini (radiografie, TC, risonanza magnetica, ecografia, endoscopia, PET…), o altri esami ancora come ad esempio la misurazione della pressione arteriosa, l’elettrocardiogramma, la polisonnografia, l’elettroencefalogramma, l’elettromiografia o la spirometria. Grazie a tali esami, il dubbio diagnostico avanzato dal medico durante l’anamnesi e l’esame obiettivo, può essere confermato o smentito.

E’ più importante l’anamnesi o l’esame obiettivo?

E’ una domanda che ha poco senso, dal momento che sia i dati generali, le patologie ed i sintomi raccolti durante l’anamnesi che i segni raccolti durante l’esame obiettivo sono entrambi ugualmente importanti per la diagnosi, tranne nei rari casi in cui un dato sintomo o un dato segno siano talmente specifici e caratteristici da “bastare” per elaborare una diagnosi. Ad esempio un se all’anamnesi il punto di McBurney è positivo ed il segno di Blumberg è positivo, questo dato indirizza il medico verso la diagnosi di appendicite con possibile peritonite ben più di sintomi generici come inappetenza e dolore all’addome.

In sintesi

Nell’anamnesi il medico raccoglie i dati generali del paziente, la sua storia clinica, le patologie sue e della sua famiglia ed i sintomi che prova, che sono soggettivi (potrebbero addirittura essere inventati dal paziente, o ingigantiti o sottostimati). Nell’esame obiettivo il medico osserva, palpa, percuote e/o ausculta il corpo del paziente, alla ricerca dei segni (che sono oggettivi) i quali possano indicare la presenza di una malattia. Nell’anamnesi, il medico “chiede” ed il paziente “risponde” e descrive sé stesso e la sua situazione. Nell’esame obiettivo, il medico “agisce” sul corpo del paziente con azioni e manovre specifiche.

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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine

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