Con “occlusione intestinale” (anche chiamato “blocco intestinale” o “ileo meccanico“; in inglese “intestinal obstruction” o “intestinal blockage” o “intestinal occlusion” o “bowel obstruction” o “mechanical ileus“) si intende una condizione patologica grave e potenzialmente mortale caratterizzata dall’arresto parziale o totale della progressione del contenuto intestinale, sia esso liquido, solido o gassoso, causato da una ostruzione fisica che si oppone al passaggio del materiale in transito, ad esempio un fecaloma, una massa di parassiti od un tumore. Possono essere colpiti sia l’intestino tenue che quello crasso. Un’occlusione intestinale è definita “totale” quando l’ostruzione impedisce totalmente il passaggio del materiale che transita nell’intestino in direzione dell’ano. L’ostruzione intestinale, tuttavia, può anche essere “subtotale“: ciò si verifica quando l’ostruzione è parziale e permette un certo livello di transito. In questo caso si parla di “subocclusione intestinale” e si manifesta con episodi subacuti e/o ricorrenti.
Terapia
La terapia di una occlusione intestinale ha l’obiettivo principale di eliminare – se possibile – la causa a monte che ostacola il transito intestinale. Alcune cause di occlusione intestinale possono risolversi spontaneamente, ma altre richiedono un trattamento chirurgico: la condizione può essere quindi trattata in modo conservativo o con un intervento chirurgico. Alcune aderenze ad esempio, si “allentano” e l’ostruzione si risolve. Il paziente viene esaminato più volte al giorno e vengono eseguite più radiografie per assicurarsi che non stia peggiorando clinicamente. Nella gestione delle ostruzioni dell’intestino tenue, un aforisma chirurgico comunemente citato è: “non lasciare mai che il sole sorga o tramonti sull’ostruzione dell’intestino tenue” perché circa il 5,5% delle ostruzioni dell’intestino tenue è in ultima analisi fatali se il trattamento viene ritardato. I miglioramenti nell’imaging radiologico delle ostruzioni dell’intestino tenue consentono una distinzione sicura tra ostruzioni semplici, che possono essere trattate in modo conservativo, e ostruzioni che sono emergenze chirurgiche (volvolo, ostruzioni ad ansa chiusa, intestino ischemico, ernie incarcerate, ecc.).
Terapia conservativa
Nella gestione conservativa, ad esempio in caso di aderenze, solitamente vengono somministrati fluidi per via endovenosa per la correzione della disidratazione e delle anomalie elettrolitiche, viene inserito un tubo nasogastrico (attraverso il naso in direzione dello stomaco) per decomprimere l’intestino e vengono somministrati antidolorifici. Gli antidolorifici oppioidi possono essere utilizzati per i pazienti con dolore intenso. Gli antiemetici possono essere somministrati se il paziente sta vomitando. La produzione di urina viene monitorata con un catetere nella vescica. La maggior parte dei pazienti migliora con cure conservative in 2-5 giorni. Quando l’ostruzione è il cancro, la chirurgia è l’unico trattamento. Quelli con resezione intestinale o lisi delle aderenze di solito rimangono in ospedale qualche giorno in più finché non possono mangiare e camminare. L’ostruzione dell’intestino tenue causata dalla malattia di Crohn, la carcinomatosi peritoneale, la peritonite sclerosante, l’enterite da radiazioni e l’ostruzione intestinale postpartum sono tipicamente trattate in modo conservativo, cioè senza intervento chirurgico. Nell’ostruzione dell’intestino crasso, gli stent metallici autoespandibili posizionati per via endoscopica possono essere utilizzati per alleviare temporaneamente l’ostruzione in attesa dell’intervento chirurgico o come palliativo.
Terapia chirurgica
Nel caso di occlusione intestinale, in alcuni casi il trattamento sarà chirurgico con chirurgia a cielo aperto (laparotomia) o in laparoscopia o mediante colonscopia. Nell’ostruzione dell’intestino tenue circa il 25% dei casi richiede un intervento chirurgico. Il trattamento deve eliminare fisicamente la causa del blocco e – se possibile – intervenire su eventuali complicanze. Nel caso di occlusione intestinale curato con chirurgia, è comunque opportuna una adeguata terapia infusionale necessaria per evitare gli squilibri idroelettrolitici ed una copertura antibiotica a largo spettro per controllare il rischio di infezioni. Farmacologicamente si riesce a bilanciare gli effetti fisiopatologici negativi indotti dallo stato occlusivo, ma per breve tempo e quindi nei casi in cui esso regredisce spontaneamente o viene comunque risolto in modo incruento. Negli altri casi, quelli in cui la malattia evolve, la terapia medica comunque si mostra utile, perché consente di preparare adeguatamente il paziente all’intervento. Per lo stesso scopo è necessario ricorrere anche al posizionamento dei drenaggi evacuativi: sondino naso-gastrico e/o una sonda rettale. La chirurgia rimane l’opzione che ha più possibilità di risoluzione del blocco in modo efficace. Il chirurgo dovrà – una volta accertato quale parte di quale organo è coinvolto e quale sia la causa che determina ostruttiva – rimuovere l’ostacolo, ripristinare la canalizzazione e correggere eventuali complicanze che possono essere risolte tramite chirurgia. In seguito ad ogni operazione chirurgica è legata la possibilità che si formino aderenze o briglie cicatriziali, che possono paradossalmente peggiorare la situazione sul lungo periodo: non di rado, può accadere che un paziente operato per occlusione intestinale vada incontro ad uno o più ulteriori fatti occlusivi per i quali è necessario un nuovo intervento atto ad eliminare aderenze formate in seguito al primo intervento.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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