Con “sindrome megacisti-microcolon-ipoperistalsi intestinale” (MMIHS) ci si riferiscead una malattia congenita rara, con età d’esordio neonatale, caratterizzata Continua a leggere
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Tenesmo rettale: emorroidi, notturno, stipsi, significato, esami
Con “tenesmo rettale” si indica uno spasmo generalmente molto doloroso dell’ano che si accompagna ad una sensazione di bisogno impellente di defecare e che nella maggior parte dei casi compare Continua a leggere
Sindrome da defecazione ostruita: sintomi, cause e terapie
Col termine ‘sindrome da ostruita defecazione’ si definisce una patologia nella quale è impossibile svuotare completamente l’ ampolla rettale mediante la defecazione in presenza di stimolo.
Sintomi
I sintomi che caratterizzano questa sindrome non sono sempre espressi chiaramente dal paziente in occasione della prima visita ed in genere il paziente riferisce di essere affetto da emorroidi o stipsi, è compito quindi dello specialista indagare adeguatamente mediante un’ accurata anamnesi ed individuare i seguenti sintomi caratteristici:
- eccessiva spinta per evacuare
- dolore alla defecazione
- tempo eccessivo trascorso in bagno tentando di scaricarsi
- senso di fastidio e peso perineale in stazione eretta
- sensazione di evacuazione incompleta
- tenesmo
- defecazione frammentata
- necessità di stimolare digitalmente il retto o la vagina per permettere un’ evacuazione adeguata
- uso ed abuso di lassativi e clisteri.
Leggi anche:
- Fecaloma: tappo di feci durissime, cause, sintomi e rimedi
- Fecaloma ed ostruzione intestinale: quando chiamare il medico
- Feci dure, stitichezza e dolore defecazione: cause e cure
- Come ammorbidire le feci dure in modo naturale e con i farmaci
- Manovre ed altri accorgimenti per facilitare l’evacuazione
Cause
Le cause possono essere distinte in funzionali e meccaniche.
Le funzionali comprendono:
- stipsi da rallentato transito intestinale dove il maggior ostacolo all’ evacuazione è costituito da feci piccole e dure
- deficit della sensibilità o della motilità rettale primitivi o secondari all’ assunzione di farmaci
- la cosiddetta dissinergia pelvirettale ovvero un rilasciamento assente o insufficiente o una contrattura paradossa del sistema muscolare responsabile della defecazione
Le meccaniche invece sono associate a:
- presenza di prolasso rettale interno eventualmente associato a rettocele
- prolasso pelvici complessi dove la deformazione rettale è secondaria al prolasso di organi adiacenti quali ad esempio l’ intestino tenue (enterocele), il sigma (sigmoidocele) o l’ apparato genitourinario. In queste situazioni, paradossalmente, il prolasso degli organi adiacenti può favorire l’ evacuazione e ridurre i sintomi.
Nei pazienti affetti da defecazione ostruita frequentemente è possibile apprezzare un prolasso rettale interno e un rettocele alla visita proctologica. In questi casi è giustificato un approfondimento diagnostico in previsione di una eventuale terapia chirurgica.
E’ opportuno eseguire una colonscopia preliminare per escludere malattie infiammatorie intestinali o neoplastiche. La terapia conservativa (dieta, regolarizzazione intestinale mediante lassativi e clisteri, ginnastica e rieducazione del pavimento pelvico, biofeedback) in molti pazienti permette di migliorare significativamente i sintomi. Nei restanti casi, ove è presente una alterazione morfologica tipo prolasso interno o rettocele può essere considerata una terapia chirurgica. La rigorosa selezione dei pazienti da sottoporre a chirurgia è fondamentale per ottenere buoni risultati.
E’ indispensabile infatti che la sintomatologia sia tale da motivare il paziente verso una soluzione chirurgica dopo il fallimento delle terapie conservative sopra elencate. Nei casi ove esiste una presenza di sintomi tali da definire la sindrome ed un alterazione morfologica rettale è proponibile l’ intervento di STARR ovvero resezione rettale transanale con stapler ideata da Antonio Longo. In presenza di alterazioni extrarettali associate è opportuna invece una valutazione multidisciplinare preliminare in collaborazione con urologo e ginecologo per valutare l’ eventuale indicazione a correzioni associate. La valutazione oggettiva e quantitativa dei sintomi viene posta correttamente utilizzando i cosiddetti score, ovvero l’ attribuzione di un punteggio in presenza di sintomi variabile in base alla loro gravita’ per utilizzare dati confrontabili da diversi osservatori, il più utilizzato è il cosiddetto score di Longo specifico per l’Ods.
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L’iter diagnostico deve poi comprendere i seguenti accertamenti:
- La defecografia o meglio cisto colpo defecografia è l’ esame fondamentale e permette di valutare la morfologia e la funzione del retto e degli organi adiacenti durante l’ atto defecatorio, mediante l’ esecuzione di video ed immagini radiologiche dopo aver somministrato del mezzo di contrasto. Il quadro morfologico tuttavia non sempre è coerente con i sintomi riferiti, la valutazione deve quindi sempre essere complessiva.
- Anche la risonanza magnetica viene utilizzata nello studio dei disturbi delle defecazione, senza pero’ avero sostituito la defecografia che rimane l’ esame di scelta.
- Nei casi ove si evidente o presunto un difetto di continenza fecale, la manometria anorettale e l’ ecografia transanale sono utilizzate per determinare l’ aspetto e la funzione del sistema sfinteriale.
Completato l’iter diagnostico, esistono una serie di criteri di esclusione da rispettare prima di proporre l’ intervento. Sono considerate controindicazioni assolute le seguenti patologie:
- infezione anorettali in atto;
- patologie severe anorettali in corso;
- proctite da malattia infiammatoria o da raggi;
- enterocele stabile (condizione nella quale alcune anse ileali sono posizionate nello scavo pelvio adiacenti al retto);
- diarrea cronica.
Sono invece controindicazioni relative, le seguenti patologie.
- presenza di corpi estranei adiacenti al retto (materiale protesico utilizzato in chirurgia uroginecologica) ;
- precedente chirurgia transanale maggiore (ad esempio anastomosi colorettali);
- patologie psichiatriche.
Terapie
Durante il colloquio preoperatorio col paziente deve essere sottolineato come la correzione del difetto anatomico, non sempre si accompagna ad una corrispondente correzione della funzione, sottolineando al paziente che la garanzia di efficacia dell’intervento, pur ottenibile nella stragrande maggioranza dei casi, non può essere fornita. E’ anche indispensabile sottolineare che si tratta di un intervento complesso di chirurgia maggiore che, come ogni procedura, anche in mani esperte può essere gravato da complicanze che in rari casi possono essere serie. A discrezione dell’operatore, l’intervento può essere eseguito mediante l’ utilizzo di due suturatici meccaniche (intervento di STARR), oppure utilizzando una nuova suturatrice ricaricabile che permette, quando indicato e necessario di asportare eventualmente una maggior quantità di tessuto malato (intervento di TRANSTAR). Entrambi gli interventi, ideati e proposti da un chirurgo italiano, Antonio Longo, prevedono un iter formativo complesso per i chirurghi ed un training continuo affinché la procedura venga eseguita correttamente cosi’ da ottenere migliori risultati e poche complicanze. L’intervento viene eseguito in anestesia generale o locoregionale, richiede uno o più giorni di degenza ed un periodo postoperatorio caratterizzato da una cosiddetta fase di adattamento durante la quale frequentemente si presenta il fenomeno della ‘urgency’ ovvero lo stimolo ad evacuare che deve essere seguito da una scarica alvina in tempi rapidi, anche più volte al giorno. Questo periodo transitorio in genere dura alcuni mesi fino a quando si stabilizza permettendo una evacuazione fisiologica. L’utilizzo della nuova suturatrice permette di modulare con precisione il tessuto che deve essere rimosso rendendo l’ intervento modificabile in base alla situazione del singolo paziente.
I migliori prodotti per la salute dell’apparato digerente
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Differenza tra disfagia ostruttiva ed occlusione intestinale
Con il termine “disfagia” (in inglese “dysphagia“) si intende la difficoltà del corretto transito del cibo nelle vie digestive superiori subito dopo averlo ingerito, quindi anche le difficoltà a deglutire rientrano nel campo delle disfagie.
La disfagia può essere di tipo ostruttivo o di tipo motorio (discinesie) in base alla sua eziologia, cioè la causa che l’ha determinata. La disfagia è ostruttiva quando il lume delle vie digestive superiori – specie l’esofago – si riduce per compressione o per ostruzione, come nel caso di presenza di corpi estranei, stenosi, tumori che comprimono dall’esterno o che occludono dall’interno, diverticoli, infiammazioni, ingrossamento della tiroide e spondilite cervicale.
Una disfagia ostruttiva può essere classificata anche in base alla sede dove si verifica l’ostruzione che determina difficoltà nel passaggio di cibo:
- Disfagia orofaringea: quando la difficoltà di transito riguarda deglutizione e passaggio del cibo dall’orofaringe all’esofago (l’orofaringe è la porzione della faringe che mette in comunicazione cavità orale, laringe ed esofago);
- Disfagia esofagea: quando la difficoltà di transito riguarda il passaggio attraverso l’esofago in direzione dello stomaco.
Questa lunga introduzione serve a farvi capire come una disfagia ostruttiva sia determinata da ostruzione (interna o da compressione esterna) che provoca difficoltà nel transito del cibo a livello delle alte vie digestive (orofaringe ed esofago). Nel caso di una occlusione intestinale meccanica (anche chiamata “ileo meccanico”) si verifica parimenti una ostruzione, ma questa volta alle basse vie digerenti, che provoca l’arresto della progressione del contenuto dell’intestino, liquido, solido o gassoso.
Per approfondire:
- Differenza tra disfagia orofaringea ed esofagea: sintomi comuni e diversi
- Differenza tra disfagia ed odinofagia: cause comuni e diverse
- Differenza tra disfagia di tipo ostruttivo e di tipo motorio
- Differenze tra ileo meccanico ed ileo paralitico
- Differenza tra disfagia ai liquidi e ai solidi
- Differenza tra occlusione e subocclusione
- Disfagia nell’anziano: definizione, epidemiologia, cause e fattori di rischio
- Disfagia nell’anziano: sintomi, segni, diagnosi, esami, trattamento
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Fecaloma ed ostruzione intestinale: quando chiamare il medico
Il fecaloma, anche chiamato coprolita, è un ammasso di feci disidratate e dure che si può formare nell’intestino crasso o all’interno di un diverticolo per diverse cause. Il fecaloma può essere capace di ostruire del tutto il normale transito delle feci, provocando stipsi severa e complicanze anche gravi, che necessitano l’intervento tempestivo di personale sanitario.
Complicanze della presenza di fecaloma
Le maggiori complicanze si associano all’impaccamento fecale. Volvolo intestinale, megacolon ed ostruzione rettale si osservano in casi rari ma sono complicanze potenzialmente gravi. Con frequenza decisamente maggiore si possono osservare:
- ostruzione delle vie urinarie: in genere associata ad una compressione dell’uretere in corrispondenza della giunzione uretero vescicale oppure ad innalzamento della vescica, che a sua volta produce una forte angolazione dell’uretra e l’ostruzione.
- ulcera stercoraria: derivante dalla necrosi della mucosa per la pressione causata dalla presenza del fecaloma. Le ulcere sono generalmente confinate al retto e al sigma, meno frequentemente può essere colpito anche il colon trasverso.
- perforazione spontanea del colon: avviene quasi esclusivamente con i fecalomi di maggiori dimensioni. La prevenzione di questa complicanza consiste semplicemente nella somministrazione di agenti ammorbidenti delle feci, di mucillagini idrofile o di lassativi blandi.
In questi casi, e quando un fecaloma si verifica frequentemente, è necessario l’intervento del medico.
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Feci dalla bocca: il vomito fecaloide
Il vomito fecaloide è un tipo particolare di vomito caratterizzato dall’emissione di materiale scuro, solitamente tendente al marrone, maleodorante, simile alle feci, tipicamente associato all’occlusione intestinale. L’occlusione intestinale consiste nell’arresto della progressione delle materie fetali e di gas nell’interno del lume del canale digerente. Il materiale fecale contenuto nel vomito fecaloide in genere è molto più acquoso e morbido rispetto alle feci vere e proprie che sono normalmente più disidratate e solide.
Leggi anche: Frequenza defecazione: quante volte al giorno è normale andare di corpo?
Cause e fattori di rischio
Le cause di ostruzione intestinale, e quindi di vomito decaloide, sono molteplici. Le più frequenti sono:
- masse fecali indurite e accumulate nel crasso a causa di una stitichezza cronica ;
- grossi calcoli biliari pervenuti nell’intestino
- numerosi vermi intestinali, ad esempio ascaridi aggrovigliati, a “matassa”, nel tenue;
- stenosi cicatriziali consecutive a processi ulcerosi intestinali;
- presenza di voluminosi tumori intestinali;
- presenza di voluminosi tumori NON intestinali ma che comunque comprimono l’intestino;
- inginocchiamenti di qualche ansa intestinale;
- presenza di un corpo estraneo rimasto bloccato nell’intestino (ad esempio un sex toy rimasto bloccato a livello del retto-sigma);
- picacismo (ingestione continuata nel tempo di sostanze non nutritive, come avviene nella tricofagia);
- volvolo (torsione di un segmento dell’intestino);
- strozzamento per ernie esterne o interne.
In generale: qualsiasi ostruzione che non permetta la fuoriuscita delle feci parzialmente/totalmente formate attraverso l’ano, è potenzialmente causa di vomito fecaloide.
Per approfondire alcune delle possibili cause, vi consigliamo di leggere:
- Corpi estranei nel tratto digerente: rischi e cosa fare in bambini e adulti
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Segni e sintomi associati al vomito fecaloide
Il rigurgito di materiale fecale si associa spesso ad alcuni sintomi:
- “facies abdominalis” del paziente (colorito grigio-pallido, naso affilato ed occhi infossati);
- polso piccolo e frequente;
- dolore colico intermittente;
- meteorismo;
- inappetenza;
- malessere generale.
Se l’ostruzione interviene in modo rapido ed acuto e coinvolge anche il peritoneo, si possono avere anche:
- contrattura della parete addominale (addome ligneo);
- dolore addominale intenso;
- singhiozzo ostinato;
- febbre elevata.
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Diagnosi
La presenza stessa di un vomito di tipo fecaloide, indica al medico che il blocco è situato nella parte più bassa delle vie digerenti (ad esempio nel colon trasverso o discendente): se infatti il blocco fosse più alto (cioè più vicino allo stomaco), il vomito sarebbe di tipo NON fecaloide, visto che il materiale alimentare presente a questi livelli non avrebbe il tempo di diventare fecaloide, cosa che avviene solo quando il materiale è molto “più in là” nel suo viaggio verso l’ano. A questo punto però è importante capire la causa a monte che ha determinato il blocco e quindi il vomito fecaloide. La diagnosi si serve di vari strumenti, tra cui:
- l’anamnesi (il paziente descrive i suoi sintomi, eventuali patologie psichiatriche che ad esempio lo portano ad ingoiare oggetti ed eventuali altri comportamenti che possono aver determinato un blocco intestinale, come l’uso di sex toys);
- l’esame obiettivo (la “visita vera e propria” in cui il medico ad esempio palpa l’addome);
- strumenti medicina di laboratorio (ad esempio esame del sangue, delle feci, dell’urina, del vomito, di campione bioptico raccolto con endoscopia…);
- strumenti di diagnostica per immagini (radiografia addominale, TC addominale, ecografia addominale, colonscopia, gastroscopia…).
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Terapie
Essendo le sue cause moltiplici, non esiste una terapia unica che risolva tutti i tipi di vomito fecaloide. La cura specifica del vomito fecaloide dipende infatti essenzialmente dalla causa che l’ha determinato a monte: risolto l’agente eziologico, il vomito fecaloide dovrebbe cessare di verificarsi. La terapia è molto spesso chirurgica (ad esempio rimozione di tumore intestinale) ed in alcuni casi è eseguita in modo meno invasivo rispetto alla chirurgia “a cielo aperto”, tramite via endoscopica o laparoscopica.
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Dott. Emilio Alessio Loiacono
Medico Chirurgo
Direttore dello Staff di Medicina OnLine
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