La depressione dell’anziano (o “depressione senile“) assume spesso, forse nella quasi totalità dei casi, la tonalità della melanconia, con ritiro pressoché completo dalla vita sociale e con la tendenza all’abbandono di sé, alla mancanza di cure per il proprio corpo ed al ripiegamento nella propria solitudine senza speranza e senza iniziativa verbale e motoria.
La frequente associazione con un deterioramento intellettivo diffuso (una significativa depressione è presente in circa l’80 – 86% delle demenze tipo Alzheimer) può dare origine a forme miste in cui il disturbo dell’umore si associa, o si alterna, a momenti di agitazione psicomotoria ed a stati di confusione mentale con aspetti di tipo onirico. Nella depressione involutiva inoltre le variazioni del tono dell’umore sono più ampie ed intense e possono verificarsi in qualsiasi ora del giorno; questi soggetti sono sospettosi ed intenti costantemente a scoprire segni di minaccia nell’ambiente.
Criteri diagnostici della depressione
- anedonia:
- perdita di interesse o di piacere nelle consuete attività
- impossibilità a progettare, a porsi degli obiettivi
- pessimismo:
- elaborazione pessimistica di sé, del mondo e del futuro (triade cognitiva di Beck)
- pensieri di morte, idee di suicidio
- disistima di sé, inadeguatezza e colpa
- sintomi fisici e cognitivi:
- riduzione o aumento del sonno e dell’appetito
- riduzione della libido
- rallentamento o agitazione psicomotoria
- difficoltà di concentrazione
- disturbi della memoria.
Situazioni minacciose
La depressione osservabile nell’anziano, non è legata alla incapacità a progettare e organizzare la propria vita e quindi manifesta nella parte più attiva della giornata, ma si verifica per reazione alle situazioni, purtroppo molteplici, che l’anziano ritiene minacciose e quindi in relazione ad eventi e situazioni contingenti.
Nell’elaborare l’attività quotidiana in risposta alle situazioni ambientali un ruolo fondamentale spetta all’interessamento, che secondo Pribram (1980) “consiste in larga misura nell’essere sensibile e responsivo alle modificazioni che hanno luogo nel contesto comunicativo” e che “è sensibile al contesto e, quando ha luogo correttamente porta a comunicare elegantemente, a comportarsi con stile” (eleganza e stile non considerati in ambito estetico ma etico).
L’elaborazione simbolica dell’esperienza – dove per simbolo si considera ciò che attiene al mondo interno dell’individuo (Pribram, 1980) – attribuisce significato nell’anziano più che alla relazione con l’ambiente e le persone, al mantenimento del proprio sistema
precario.
L’altro versante verso cui il disturbo dell’umore può evolvere è quello più francamente delirante, con idee di rovina e di distruzione del corpo, degli organi interni, della mente (sindrome di Cotard) o con spunti di persecuzione e di venificio sopratutto nei riguardi dei familiari, dei parenti e di chi si occupa di loro.
Problema particolarmente grave, connesso alla depressione, è la elevata frequenza di suicidio nell’anziano; basti considerare al riguardo che il tasso di suicidio è nell’ultrasessantenne 2-3 volte più elevato rispetto all’adolescenza – altra età a rischio – e che il rapporto tra tentato suicidio e suicidio (in genere 10:1) è di circa 1:1 nell’anziano. Quest’ultimo dato è in relazione alla rarità di intenti dimostrativi in questa
fascia di età.
Il rischio di suicidio deve essere preso in considerazione in tutti i casi di depressione, sopra tutto se grave come entità (rifiuto assoluto di compiere qualsiasi azione, nessun interesse vitale … ) ed associata a tematiche di tipo delirante (ad es. colpa, inutilità, destino avverso). Non va mai sottovalutato l’anziano che parla spesso della sua morte, che non manifesta prospettive per il futuro – e quando lo fa è solo in termini negativi – che ha subito recenti perdite importanti tra familiari e amici; né va mai procrastinato l’inizio di una terapia antidepressiva per timore degli effetti collaterali o, più semplicemente, perché viene ricercata una causa organica del disturbo.
Valutazione del rischio di suicidio nell’anziano
La valutazione del rischio di suicidio nell’anziano deve prendere in considerazione i fattori di rischio di seguito elencati:
- fattori psicologici:
- 1. depressione
- 2. paura di dipendenza totale
- 3. pregressi tentativi di suicidio
- 4. eventi di separazione perdita (perdita del coniuge o eventi ripetuti di lutto)
- fattori fisici:
- 1. alcoolismo e altre tossicofilie
- 2. malattie croniche
- 3. gravi sindromi dolorose croniche
- fattori sociali (elencati per rischio crescente):
- 1. sesso maschile
- 2. vivere da solo
- 3. perdita del ruolo sociale (ex. pensionamento)
- 4. relazioni sociali inadeguate o disturbate
- 5. paura di istituzionalizzazione
- fattori rilevabili dal medico (elencati per rischio crescente):
- 1. è particolarmente sciatto e trascurato
- 2. non mostra più interessi
- 3. i sintomi sono più evidenti al mattino e si attenuano la sera
- 4. fa minacce di autolesionismo
- 5. parla spesso di morte e suicidio
- 6. ritiene che niente può essere fatto e nessuno lo può aiutare
- 7. manifesta sensi di colpa.
Terapia
Cosa fare, allora, per evitare tali forme di sofferenza? La terapia come la diagnosi dei disturbi psicopatologici dell’anziano non si può collocare esclusivamente nell’ambito della medicina tradizionale. La cura medica si rivela in questo caso più che mai limitata ed insufficiente. Qui, più che in altre situazioni, si tratta di aver cura, più che di curare, di tutto l’uomo, nei suoi bisogni fisici, mentali, familiari, sociali.
L’ambiente di vita, le relazioni interpersonali, l’accudimento caldo, paziente, partecipe sono la prima terapia da proporre contro il disinteresse, l’abbandono, il distacco: purtroppo è spesso difficile mettere in atto queste misure.
Sicuramente, nei casi gravi, in cui il soggetto non riesce a superare l’inerzia e si presenta inappetenza, dimagramento, ipersonnia-insonnia, sarà necessario l’ausilio farmacologico con antidepressivi, avendo cura di non impiegare quelli con effetti anticolinergici per i problemi di glaucoma, ipertrofia prostatica, disturbi cardiaci spesso presenti nell’anziano. Difficilmente un anziano riesce ad essere convinto a recarsi da uno psicoterapeuta, tuttavia la psicoterapia associata alla terapia farmacologica, è una ottima arma per combattere la depressione senile.
Ricovero
Si dovrà provvedere ad un ricovero in una struttura sanitaria specializzata solo in casi estremi poiché l’anziano risente, più che ogni altro individuo, del cambiamento d’ambiente ed il solo spostarsi dal suo abituale luogo di vita produrrà un aggravamento di tutti i suoi disagi. Anche nel caso di un ricovero, varranno le considerazioni sopra esposte: il ricovero sarà utile soltanto a condizione che il paziente sia accudito con
calore e rispetto e che le figure a lui familiari non siano assenti. Ancora una volta, dunque, non vi sia abbandono ma vicinanza, non un lasciar morire, ma un sostenere la vita pur se vicina al termine.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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