Con il termine “emorroidi” si identifica un gruppo di strutture vascolari appartenenti al canale anale che proteggono i muscoli dello sfintere anale durante il passaggio delle feci e giocano un ruolo molto importante nella continenza fecale; quando le emorroidi sono gonfie ed infiammate, diventano “patologiche” e causano una sindrome nota come malattia emorroidaria, spesso semplicemente chiamata “emorroidi“. Esistono diverse terapie per la malattia emorroidaria e le sue complicanze:
- terapie mediche:
- trattamento igienico-sanitario,
- farmaci per via orale,
- farmaci per via parenterale,
- antiemorroidari per uso topico,
- trattamenti ambulatoriali strumentali:
- terapia sclerosante,
- legatura elastica,
- crioterapia,
- dilatazione anale, divulsione anale e sfinterotomia,
- evacuazione di ematoma anale,
- escissione dei cavoccioli emorroidari ambulatoriale,
- terapia sclerosante con coagulazione all’infrarosso,
- diatermoterapia bipolare,
- terapie chirurgiche.
In questo articolo ci occuperemo in particolare delle varie tecniche usate nel trattamento chirurgico e dei sui risultati.
Terapia chirurgica delle emorroidi
Per un trattamento radicale e definitivo delle emorroidi è indispensabile ricorrere all’escissione chirurgica, o con il bisturi elettrico oppure, in alternativa a questo, con il bisturi a raggi laser. La chirurgia emorroidaria è una chirurgia di pacchetti e non di plessi. Sono da proscrivere tutte le legature in massa e va conservata la mucosa soprattutto nelle zone aderenti allo sfintere interno, cioè nella zona sotto pettinea per poter mantenere i meccanismi fisiologici della defecazione. L’intervento è generalmente eseguito in Day Surgery con anestesia locale ottenuta con puntura spinale o – in casi particolari – anestesia generale. A seconda delle tecniche usate l’intervento può durare dai trenta minuti ad un’ora circa. Il pezzo anatomico prelevato durante l’intervento può essere inviato in laboratorio per una analisi. Al termine della procedura chirurgica si posiziona nell’ano un tampone emostatico endoanale che viene poi eliminato spontaneamente alla prima evacuazione. In genere dopo alcune ore dall’intervento, il paziente può tornare a casa. Dopo circa una settimana il paziente può tornare alle normali attività lavorative e dopo due settimane a quelle sportive. In alcuni casi possono verificarsi recidive a distanza di alcuni mesi dall’intervento.
Tecniche chirurgiche
Per la terapia chirurgica delle emorroidi sono possibili varie tecniche, di seguito riportate.
Emorroidectomia secondo Langenbeck
Dopo divulsione anale (sfinteroclasia anale interna), si applicano sui noduli
le pinze da emorroidi di Langenbeck e li si attira fuori dell’ano. Le pinze devono essere applicate con cautela, evitando di pizzicare le fibre dello sfintere. Con una pinza di Kocher si stringono i noduli alla radice e si passa quindi un punto per trasfissione per legare il gavocciolo. I gavoccioli vengono escissi con il bisturi elettrico.
Emorroidectomia secondo Whitehead
Questo metodo è quello che realizza l’emorroidectomia più estesa ma che presenta anche maggiori possibilità di complicanze se non eseguito a regola d’arte. Il suo principio è l’escissione circolare del tessuto emorroidario e della mucosa anorettale. La mucosa viene incisa circolarmente lungo la linea muco-cutanea e quindi dissecata fino ad esporre lo sfintere interno nella sua parte inferiore. Si distacca quindi dal tessuto sottomucoso il cilindro muco so insieme al piano vascolare emorroidario. Il margine mucoso che residua dopo l’ escissione del cilindro è suturato con fili riassorbibili alla linea pettinea muco-cutanea.
Emorroidectomia secondo Milligan-Morgan
Individuati i tre principali pacchetti emorroidari, che si trovano spesso in posizione anteriore destra, posteriore destra e laterale sinistra, in ciascuno si afferra con due pinze emostatiche la mucosa e la cute e si procede alla dissezione della mucosa e del tessuto vascolarizzato emorroidario fino a raggiungere la linea pettinea. A tal punto si passa un laccio per trasfissione alla base del lembo scollato, si lega e si seziona il pacchetto. Rimangono, tra i pacchetti escissi, dei ponti cutanei e mucosi che permetteranno la rigenerazione epiteliale mucosa e cutanea. La superficie cruentata si riepitelizza completamente dopo circa 6 settimane. All’emorroidectomia può essere associata la sfinterotomia quando vi sia ipertono, possibilmente dimostrato con la manometria. A questa tecnica le scuole proctologiche francesi associano un’ anoplastica. Ritengono infatti che quando l’emorroidopatico è arrivato allo stadio chirurgico, abbia certa-
mente una sofferenza del canale anale a causa delle secrezioni, dell’uso frequente di supposte, ecc., e sia utile sostituire la mucosa anale malata, posteriormente, con la mucosa rettale sana che viene abbassata.
Tecnica chiusa
La tecnica chiusa, è una emorroidectomia sottomucosa e sottocutanea che consiste nel dissecare ed asportare il tessuto emorroidario al di sotto della mucosa e della cute, preservando larghi ponti i cui margini vengono poi accostati e suturati con fili riassorbibili l’uno all’altro, in modo da evitare che residui una zona cruentata esposta. In
uno studio critico di Goligher riguardante l’evoluzione delle parti della mucosa scollata e suturata si è per altro constatato, attraverso l’esame anoscopico all’ottavo giorno e alla tredicesima settimana dopo l’intervento, che le parti suturate della mucosa in precedenza scollate si necrotizzavano in modo che lo stato della mucosa anale, alla tredicesima settimana, dopo questo intervento è identico a quello che si constata dopo una emorroidectomia secondo Milligan e Morgan. Ciò, tuttavia, non impedisce che si abbia una migliore emostasi e una meno frequente necessità di inserimento di tampone emostatico.
Risultati
L’intervento chirurgico diretto contro le emorroidi è un trattamento decisivo che, se effettuato a regola d’arte, indipendentemente dalla tecnica seguita, evita al malato la ripetizione, talvolta troppo lunga, delle visite e dei trattamenti meno radicali.
Qual è la tecnica migliore?
Pur essendo tutte le tecniche efficaci, è riconosciuto da molti chirurghi generali e proctologi la superiorità della operazione di Milligan e Morgan. I difensori dell’intervento circolare di Whitehead replicano che i cattivi risultati sono dovuti in genere ad una cattiva esecuzione della tecnica. Le complicazioni dopo questo intervento sono comunque molto frequenti e troppo importanti perché sia preferito a quello di Milligan e Morgan (stenosi, ectropion, incontinenza, marische e infezioni micotiche che si stabiliscono sulla zona perianale umida).
L’emorroidectomia secondo Milligan e Morgan o l’emorroidectomia chiusa sono perfettamente convenienti anche come terapia d’urgenza in caso di una trombosi emorroidaria massiva, sebbene richiedano una considerevole esperienza
chirurgica nel settore. Dopo l’intervento l’edema delle parti non resecate diminuisce immediatamente e la cicatrizzazione avviene altrettanto bene che dopo una emorroidectomia normale. Il paziente vedrà risolto il suo problema in un tempo lievemente più lungo rispetto alla evoluzione spontanea della trombosi, con il vantaggio di avere eradicato la sua malattia.
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Lo Staff di Medicina OnLine
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